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La spedizione dei mille: una carnevalata

Argomento: Storia

di Danilo Mar
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Pubblicato il 08/09/2010 13:17:41

LA SPEDIZIONE DEI MILLE: UNA CARNEVALATA
LA PARTENZA
È il 4 maggio del 1860 e nello studio del Notaio Gioacchino Vincenzo Baldioli, a Torino, sono presenti Raffaele Rubattino e Giacomo Medici. Il primo è un armatore genovese, il secondo un prestanome che fa la “testa di legno” a Garibaldi. Il motivo dell’incontro è l’acquisto di due navi. Garanti dell’operazione sono il Re Vittorio Emanuele II e il Primo Ministro del Governo sabaudo, Camillo Benso, Conte di Cavour.
Tutto è pronto per mettere nero su bianco in un contratto redatto il giorno precedente a Modena, alla presenza dell’avvocato Ferdinando Riccardi e del Generale neri, appartenenti ai Servizi Segreti piemontesi e che avevano ricevuto l’incarico dall’Ufficio dell’Alta Sorveglianza Politica e del Servizio Informazione. Sia l’avvocato Riccardi, sia il Generale neri, rispondevano direttamente al Cavour. Ciò sta a dimostrare la partecipazione attiva che il Piemonte ha avuto nell’aggressione al Reame.
La firma del contratto prevedeva l’acquisto di due navi da parte del Medici, navi che servivano per trasportare gli uomini di Garibaldi in Sicilia. Così il 6 maggio salpano da Quarto, destinazione Marsala, due vapori, il Piemonte e il Lombardo, con a bordo 1.089 uomini. Alla partenza da Quarto era presente anche tale Fauchè, esponente della Massoneria genovese, in stretti rapporti con quella inglese.
Quell’armata brancaleone, chiamata i “Mille”, era composta per lo più da gente del nord, la metà era lombarda, ma c’erano anche piemontesi,veneti, toscani, emiliani e anche qualche umbro.
Il 7 maggio i due vapori attraccano al porto di Talamone, in Toscana, dove avevano appuntamento con una squadra dell’esercito piemontese, al comando del Maggiore Giorgini. L’esercito provvide a rifornire, oltre che di viveri, anche di armi gli uomini della spedizione. Soprattutto cannoni e fucili con le dovute munizioni. A Talamone sbarcarono anche 230/250 uomini, al comando di tale Zambianchi,che avevano il compito di aizzare il popolo abruzzese contro Francesco II. Non arrivarono mai in Abruzzo perché, oltrepassata Orvieto, furono incrociati dalle guardie del Papa nei pressi di Grotte Santo Stefano,e dispersi.
Intanto gli altri uomini di Garibaldi, rimasti a Talamone, si distinsero per le loro razzie ai danni della gente del posto. La cosa fu talmente grave che Garibaldi, il giorno dopo, ovvero l’8 maggio, consegnò gli uomini. Che vuol dire che non potevano lasciare le navi.
Il 9 maggio, dopo, dopo avere imbarcato carbone e altre armi, nonché altri 2.000 uomini, per lo più avanzi di galera, riprese il mare alla volta della Sicilia scortato, a debita distanza, dalle navi appoggio piemontesi. L’11 maggio i vapori Lombardo d Piemonte erano a Marsala.
MARSALA
Le due navi garibaldine furono avvistate in ritardo dalla Marina borbonica. Che pure era presente in forze nelle acqua di Marsala. La flotta borbonica – infatti, si componeva di 4 navi che presidiavano le acque del porto: la pirocorvetta Stromboli, il brigantino Valoroso, la fregata a vela Partenope e il vapore armato Capri. Quest’ultimo era comandato dal Capitano Marino Caracciolo che, seppure avvistò i Piemontesi, vuoi per incapacità, vuoi per un errore di valutazione, non impedì lo sbarco degli uomini in rosso, limitandosi ad una azione di controllo verso le navi inglesi Argus ed Intrepid, due cannoniere che avevano il compito di scortare i Mille.
Né poteva impedire lo sbarco la fregata a vela Partenope, al comando del Capitano Guiglielmo Acton, già al soldo dei Savoia. Solo dopo che furono sbarcati gli uomini e le cose, la Lombardo fu affondata, mente il Piemonte fu rimorchiato fino a Napoli. Cosa sta a significare? Che i mezzi per fermare lo sbarco c’erano, se solo fossero stati onesti i due Comandanti.
All’arrivo dei piemontesi in città la gente si chiudeva nelle case e solo gli inglesi - che erano già sbarcati, mostrarono entusiasmo per i sabaudi. Che, come prima cosa, abbatterono il telegrafo isolando di fatto la città. Poi si accamparono nella periferia temendo – se si fossero accampati in centro - una ritorsione degli abitanti. Lo stesso Garibaldi preferì andare a dormire sull’isola di Mozia, e con lui tutto lo Stato Maggiore.
Il giorno 12, il Ministro Carafa, a Torino per un incontro bilaterale, protestò con Cavour per l’invasione dei Mille, Cavour si limitò a dire che “...Torino nulla c’entrava con quello che stavano facendo quei filibustieri amici di Garibaldi”.
In politica l’arte della menzogna è una prassi! E mentre mentiva al Ministro Borbonico, Cavour aveva allertato tutte le logge massoniche del Piemonte per raccogliere fondi da destinare alla riuscita dell’impresa.
CALATAFIMI
Il 13 maggio Garibaldi e la sua banda entrarono a Salemi, accolti dal Barone Sant’Anna che coi suoi uomini – in odore di mafia- s’era schierato coi Savoia. Fu proprio a Salemi che il nostro eroe si proclamò “dittatore della Sicilia”. Contemporaneamente il legittimo Governatore borbonico, Castelcicala, chiese al Generale Landi di attaccare l’invasore.
Cosa che Landi si guardò bene dal fare! Anzi, dette ordine ai suoi soldati di ritirarsi laddove ci fosse stato un conflitto a fuoco. Atteggiamento remissivo, da incapace o da pauroso? Nulla di tutto questo: atteggiamento di chi ha tradito incassando una buona stecca in denaro.
Il 15 maggio il Maggiore Sforza incrocia gli invasori e non può fare a meno di attaccarli costringendoli alla fuga fino a riparare su un altipiano, in balia dei borboni. Il Maggiore Sforza chiede allora che il Generale Landi si unisca a lui per chiudere definitivamente la partita con Garibaldi e Landi cosa fa? Anziché andare in aiuto del Maggiore, ordina il ritiro, senza dare spiegazioni ( e ti credo, mica poteva dire ” ho preso la mazzetta”). A questo punto il Maggiore Sforza, a corto di munizioni, è costretto a mollare la presa. I garibaldini non credono ai loro occhi: un esercito che sta vincendo si ritira! La situazione si fa anche grottesca perché qualche camicia rossa si mette ad inseguire il nemico che scappa, sparando alle retrovie. Il 17 maggio il Generale Landi porta le sue truppe a Palermo: i Mille hanno campo libero!
Oggi si direbbe che una cosa del genere la si deve al lavoro di “intelligence” , ed è vero! Le cose funzionavano così anche un secolo e mezzo fa! Ma anche tre, dieci secoli fa! Chi dispone della diplomazia migliore e del migliore portafoglio ha più possibilità di altri di vincere. Napoleone poteva chiedere ai suoi soldati anche il culo, perché erano ben pagati e percepivano la stessa paga anche in periodi – pochi in verità – di pace.
L’azione svolta dagli Inglesi e dai Piemontesi, corrompendo i generali e sensibilizzando i latifondisti e i nobili a sostener la causa sabauda, dava i suoi frutti. I Generali prendevano soldi mentre ai latifondisti e ai nobili andavano quelle terre demaniali che i piccoli proprietari pensavano fossero per loro! Non si resero conto che erano strumenti in mano a gente senza scrupoli. Lo capiranno coi fatti di Bronte!
Lo capirono anche gli abitanti di Alcara Li Fusi che si ribellarono alle truppe garibaldine e la rivolta fu sedata con l’uccisine di gente innocente. I garibaldini uccidevano e depredavano. Garibaldi per calmare gli animi abolì la tassa sul macinato e i dazi.
Ma torniamo a Landi, il Generale Landi! Fu “comprato” con 14.000 ducati. Come sa chi mi legge, facendo il paragone con il valore odierno, 1.000 ducati valgono 56,250 euro. Landi si vendette per un tozzo di pane!
Ma la cosa sconcertante fu che, assodato il tradimento, fu destituito e manco arrestato! Evidentemente i corrotti all’interno dell’esercito e della Marina, erano un bel po’! Il posto di Landi fu preso dal Generale Lanza. Corrotto anche lui? Staremo a vedere.
PALERMO
L’Ammiraglio inglese Rodney Mundy arrivò a Palermo, col suo Vascello Hannibal: era il 20 maggio. Cosa ci faceva l’Ammiraglio a Palermo? Doveva incontrare il Generale Lanza (ahi,ahi). E altri incontri Lanza li ebbe con Garibaldi. Vedremo gli sviluppi. E tra un incontro con Lanza ed uno con l’Ammiraglio inglese, il nostro eroe provvide anche a sequestrare tutti i soldi della Banca delle Due Sicilie. Non contento di ciò, istituì un Comitato per il sequestro dei fondi esattoriali! Praticamente poteva chiedere soldi a tutto e a tutti! Soldi che servivano per alimentare i suoi gaglioffi, mentre quello sequestrato alla Banca delle Due Sicilie era destinato a Torino.
Nel frattempo Franceschiello non capiva perché Lanza non attaccava e lo sollecitò più volte a farlo. A questo punto Lanza si decise ed affidò una parte dell’esercito al Maggiore Von Merkel e una seconda parte al Maggiore Ferdinando Beneventano da Bosco. Il 21 maggio Von Merkel si scontrò con una parte degli invasori a Partitico, fra loro c’era anche Garibaldi. Costretti alla fuga ripararono sul Monte Calvario; erano in trappola! Von Merkel decise di non attaccare subito, aspettando l’arrivo di Lanza! (mi ricorda qualcosa!). Arrivo che non ci fu! A questo punto Von Merkel attaccò ma erano passati due giorni e i garibaldini s’erano riorganizzati. L’attacco di Merkel fu feroce e le truppe d’invasione sbandarono più volte. Poi, al calare della notte, Garibaldi decise di abbandonare il Monte Calvario e, divisi due gruppi, fortunosamente riuscirono a fuggire inseguiti dai Von Merkel. Uno dei due gruppi fugge verso Corleone e l’altro? Indovinate un po’? Ma certo: a Palermo! In bocca al nemico! Che nemico evidentemente non era! Ed è il gruppo di Garibaldi a riparare a Palermo, mentre l’altro inseguito dai borboni, andava verso Corleone.
Sbagliò Von Merkel? Secondo me no! La scelta di aspettare rinforzi era legittima! Che ne sapeva che erano tutti corrotti! Col senno di poi possiamo dire che se attaccava subito,coi garibaldini allo sbando, avrebbe fatto una grande cosa! Ma coi “se” e coi “ma” non si fa la storia.
Si fa, invece, col denaro! Come abbiamo visto. Ma Von Markel era un mastino e delegò il Capitano Colonna ad andare verso Palermo per impedire ai fuggitivi di entrare in città. Mossa indovinata che mise in crisi Lanza che aveva deliberatamente lasciate sguarnite le porte della città. Colonna era giunto in città prima di Garibaldi e lo aspettava al varco. Fu allora che Lanza, forte del grado che aveva, ordinò di lasciare la guardia delle porte ed fare riposare i soldati ormai stanchi. Colonna fece come il Pazzaglia di “Quelli della notte”, ovvero “non capisco ma mi adeguo”. Le porte furono di nuovo libere e il nostro eroe si salvò!
Intanto Garibaldi, nella fuga verso Palermo aprì le carceri dei vari paesi e ingrossò il suo esercito di altri 3.500 uomini, per lo più avanzi di galera. E con loro assalì Palermo ottenendo una facile vittoria perché le porte erano difese da 260 reclute! Mentre il grosso dell’esercito era consegnato in caserma. Pensate: c’erano 16.000 soldati armati e con tutta l’artiglieria sia leggera sia pesante, che avrebbero fatto a fette Garibaldi! Ma i soldi….
LA FLOTTA DEL REAME
Nel porto di Palermo era alla fonda gran parte della flotta del Reame, forte di 22 unità tra navi appoggio, pirofregate, fregate, vascelli ed altro. I soldati di marina aspettano solo di scendere e cacciare l’invasore: l’ordine non arriverà mai! Era chiaro che i comandanti della flotta s’erano venduti ai Savoia! Ed era buffo – o tragico? – vedere come le navi piemontesi sbarcavano continuamente armi e munizioni per i garibaldini.
Il generale Lanza – che evidentemente s’era venduto bene – fece anche una furbata: chiese rinforzi al re e l’ingenuo Franceschiello mandò due navi con soldati ed armi pesanti e leggere. Il chieder rinforzi convinse il re della fedeltà del Lanza.
Il 28 maggio al porto di Palermo attraccano le due navi e che ti fa il Lanza? Non fa sbarcare i soldati! Mica è scemo! Garibaldi non ha ultimato la presa d Palermo e se i soldati sbarcavano lo avrebbero impedito. Li fa sbarcare il giorno dopo, 29 maggio. E li fa andare al Palazzo Reale ad oziare.
Garibaldi, nel frattempo, ha ultimato la presa d Palermo e si insedia a Palazzo Pretorio che diventa il suo quartiere generale e come primo atto apre le patrie galere liberando i prigionieri, 1.000 dei quali si arruolano coi garibaldini, portando la forza di occupazione a circa 5.000 unità!
VON MERKEL
Lo abbiamo lasciato a circa 3 chilometri da Palermo e, parlando coi suoi ufficiali si chiede del perché non si ode nessun suono o rumore della battaglia. Decide allora, di sua sponte, di entrare a Palermo. Cosa che fa subito e si rende conto che gli invasori hanno occupato la città. Da ordine allora ai suoi uomini di cacciare il nemico ed ancora una volta mette in crisi Garibaldi. La città è con Von Merkel che spazza via la resistenza dei garibaldini e dei delinquenti a loro fianco, occupa il cuore della città e sta per entrare a Palazzo Pretorio per catturare il Garibaldi. Questo per dire un esercito appena fedele avrebbe fatto polpette dell’invasore.
Lanza si vede perduto ed ancora una volta fa valere il suo grado! Manda due Capitani dello Stato Maggiore, Michele Bellucci e Domenico Nicoletti, da Von Merkel con un falso dispaccio dove si asseriva che c’era un armistizio tra Torino e Napoli e che con effetto immediato dovevano cessare i combattimenti. Von Merkel, soldato puro, accettò ma parte dei suoi soldati i ribellarono all’ordine: non sopportavano l’idea che Garibaldi ancora una volta la facesse franca mentre era già con un piede nella fossa.
Il 31 maggio Garibaldi ed un suo luogotenente, Turr, si incontrò con gli emissari borbonici (Letizia e Chretien) sul vascello inglese Hannibal, alla presenza di ufficiali francesi ed americani e firmarono quell’armistizio che era servito il giorno prima! Il giorno seguente – 1 giugno – un Garibaldi raggiante annunciò che aveva concesso l’armistizio per umanità cristiana! Uno dei punti dell’armistizio riguardava l’oro (che poi erano monete, il Reame come abbiamo detto non stampava cartamoneta) che veniva trovato nelle banche: doveva essere consegnato a lui che provvedeva a mandarlo a Torino. Cosa che fece trattenendo, però, parte dello stesso che dispensò alle sue truppe. Si calcola che trattene per se e le sue truppe, circa 5.000.000 di ducati!!! Alla faccia del bicarbonato di sodio!
CATANIA
Il 31 maggio si cominciò a combattere anche a Catania le truppe del Reame, al comando dl Maresciallo Clery, stavano avendo la meglio su i garibaldini ma arrivò l’ordine del Ministro Pianell di firmare una convenzione col nemico! Alla rinuncia a combattere si ribellò il tenente Ruiz de Balestreros che col suo plotone, in sole 7 ore, liberò Catania! Tuttavia l’ordine di Pianell era tassativo ed il Maresciallo Clary fu costretto, controvoglia, a richiamare il suo tenente.
Clary spostò le sue truppe a Messina che ormai era diventata l’ultimo baluardo. E per difendere Messina erano arrivati altri rinforzi al comando di Afan de Rivera.
Nelle casse comunali di Catania i garibaldini trovarono 16.300 once di oro: non s’è mai saputo che fine abbia fatto quell’oro! Tenete presente che 1 oncia equivale a 28,35 grammi per cui l’oro trovato nelle casse comunali di Catania ammontava a 16.300 X 28.35, ovvero 462.105 grammi che fanno 462 chili e 105 grammi; una fortuna!
ARRIVANO ANCORA I PIEMONTSI
Il 1 giugno, il piroscafo “Utile”, partito da Genova, arriva a Marsala dove scarica 5.000 fucili e una quantità industriale di munizioni. Rientrò poi a Genova per ripartire il giorno 9 giugno trainando con sé il clipper nordamericano “Charles & Jane” c on a bordo circa 1.000 volontari.
Il 10 giugno le due navi vengono intercettate dalla pirofregata “Fulminante” e condotte a Gaeta. Il giorno dopo - e siamo all’11 giugno, il Console Americano a Napoli, (Joseph Cahandler) protesta energicamente con il Re e gli uomini vengono liberati rimpatriati a Genova.
Questi 1.000 uomini erano ex soldati sabaudi, congedati in anticipo o fatti disertare, per dare loro modo di andare a rinforzare le truppe irregolari dei garibaldini. Fatto questa specie di aggiornamento, il 14 luglio vengono di nuovo imbarcai su una nave – la “Amazzon” e raggiungono finalmente la Sicilia.
Ma i piemontesi vanno oltre e, mentre accadevano questi fatti, una nave sabauda, la Governalo, sbarca a Messina un numero imprecisato di “volontari” con il compito preciso sobillare la città.
I SOLDATI INUTILIZZATI LASCIANO PALERMO
24.000 soldati, per ordine del Generale Lanza, lasciano Palermo alla volta di Messina per imbarcarsi e passare in Calabria. Alla vista di un esercito così numeroso, la folla palermitana protesta e chiede spiegazioni di come e percome un esercito così grande si sia arreso senza combattere. La rabbia dei soldati la interpretò un soldato dell’8° di linea che, al passaggio a cavallo di Lanza, uscì dalle file e gli disse "Eccellé, o’ vvì quante simme. E ce n’avimma î accussì?" Ed il Lanza gli rispose : "Va via, ubriacone!".
Continuano intanto gli sbarchi di “volontari”: a bordo delle navi “Washington” ed “Oregon”, 2.000 uomini vengono sbarcati Castellammare dl Golfo, li comanda il Medici. Un’altra nave, la “Franklin”, partita da Livorno, sbarca altri 900 uomini.
Garibaldi, intanto, è alle prese con quei gruppi di siciliani che lo avevano aiutato a liberare il Reame dai Borbone. Queste persone si erano rese conto che non di liberazione si trattava ma di cambiare solo padrone!! Il popolo di Sicilia aveva davvero creduto che la liberazione consisteva nell’indipendenza dell’isola! Onde evitare problemi, Garibaldi sciolse quei gruppi paramilitari che li avevano aiutato, perché potevano rappresentare un problema serio. Si iscrisse anche alla Loggia massonica di Palermo, dove venne innalzato al grado di Gran Maestro. Fu bene accolto dagli altri , tutti nobili e latifondisti, perché speravano di avere le terre demaniali e quelle espropriate ai poveri contadini. (cornuti e mazziati!!)
[b]PALERMO: SACCHEGGI E MORTE [/b]
Il 16 giugno 1860 verrà ricordato dai palermitani come il “giorno dell’orrore”. Il “liberatore” Garibaldi dette mano libera ai suoi uomini che commisero ogni genere di atrocità; rubarono, stuprarono, uccisero e il tutto sotto gli occhi del lestofante che poi sarà nomato “Eroe dei due Mondi”. Eroe un cazzo! “Delinquente dei due Mondi”. Fu un giorno di terrore e di follia. E delinquente come Garibaldi era Lanza, che stava imbarcando i suoi soldati mentre dei criminali compivano o delitti più atroci.
Francesco II, nel contempo, era venuto a conoscenza del tradimento di Lanza e appena giunto a Napoli lo fece arrestare confinare ad Ischia. Ma lo doveva fucilare non confinare! Insieme a Lanza furono arrestati tutti i suoi subalterni: si salvò il solo Von Merkel e si suoi ufficiali!
Garibaldi, appena formato il Governo Provvisorio per la Sicilia, fece stampare 400.000 ducati in buoni del Tesoro, portando il debito pubblico del Reame a 16 milioni di ducati. Non contento, rastrellò tutte le banche e le tesorerie diffidando i cittadini dal conservare ducati in oro: tutto doveva essere dato al Governo Provvisorio. La sua arroganza non conosceva limiti e confiscò anche i beni della chiesa e dei Gesuiti in particolare e li scacciò da Palermo.
Ma il giorno della paura, il 16 giugno, non restò un caso isolato: sempre più spesso quei giorni si ripetevano consumando le solite atrocità. Tra i più spietati vano ricordati tale Mele e tale La Porta. Quest’ultimo, nel Governo Provvisorio ricopriva l’incarico di Ministro della Giustizia e dell’Ordine Pubblico.
UNA SORTA DI LEGIONE STRANIERA
Quella di Garibaldi era una sorta di legione straniera. Tutti avanzi di galera che speravano di mettere insieme soldi e per questo erano pronti ad uccidere anche gente innocente,
vediamoli questi campioni della libertà!
Inglesi Giovanni Dunn Colonnello
Peard
Forbes
Spechee Cesare Abba, che dei Mille era lo storico, nel suo libro modifica il nome di Spechee in Specchio, per poterne raccontare tutte le nefandezze
Ungheresi Turr
Eber
Erbahedt
Tukory
Teloky
Magyarody
Figgelmesy
Czudafy
Frigyesy
Winklen
Algerini Zwawi
Polacchi Milbitz Ufficiale
Lauge Ufficiale
Tedeschi Wollff In verità erano molti di più
Turchi Kadir Bey Avventuriero
LA COSTITUZIONE
In punto di morte il Re convocò Francesco, erede al trono e tra le altre cose, gli disse di non concedere mai la Costituzione –.
Francesco venne meno a quella promessa.
Concedere la Costituzione significò liberare le carceri da tutti – anche di chi si era macchiato di omicidio. Voleva dire anche rafforzare le truppe di invasione ma – soprattutto - voleva dire, anzi – capire, chi era fedele alla corona e chi, al contrario, era un traditore. Solo un traditore poteva consigliare un qualcosa che portava il Reame alla rovina.
Favorevoli risultarono essere il Conte dell’Aquila e il Conte di Siracusa, zii del giovane Re e cugini di Napoleone III di Francia. Votarono per la Costituzione su consiglio proprio di Napoleone III. E ti credo: la Francia aveva brigato con l’Inghilterra per affossare il Reame! Tra i contrari, tra gli altri, i Ministri Troya e Carrascosa. Addirittura Carrascosa ebbe a dire: "la Costituzione sarà la tomba della Monarchia". In occasione del ripristino, Francesco II disse queste poche parole: "Desiderando dare a’ Nostri amatissimi sudditi un attestato della nostra Sovrana benevolenza, ci siamo determinati di concedere gli ordini costituzionali e rappresentativi nel Regno, in armonia co‘ principii italiani e nazionali in modo da garantire la sicurezza e la prosperità in avvenire, e da stringere sempre più i legami che Ci uniscono a‘ popoli che la Provvidenza Ci ha chiamati a governare”.
Il danno fu enorme perché permise a molti nemici della Monarchia di rientrare, essendo state azzerate tutte le condanne, e rientrando andavano ad occupare posti chiave nella nuova amministrazione che Garibaldi stava costruendo. Un errore di valutazione che Franceschiello pagherà caro. Oltretutto non si rese conto dei traditori che aveva in seno alla famiglia.
Il primo a muoversi fu l’Avvocato Liborio Romano che incontrò subito il Console francese a Napoli. Ma molti furono gli incontri clandestini di fuoriusciti tornati a Napoli.
AUMENTANO LE TRUPPE PIEMONTESI E NASCITA DELLA CAMORRA DI STATO
Nei due mesi che seguirono, ovvero dal 26 giugno al 21 agosto, Cavour inviò 24.000 “volontari” ad aggregarsi a Garibaldi, e lo fece con le navi che facevano la spola tra Genova e la Sicilia.
Il 27 giugno Francesco II incaricò Antonio Spinelli di varare un nuovo Governo, Lo Spinelli nominò Prefetto di Polizia proprio Liborio Romano, che stava in combutta con Francesi e camorristi per rovesciare la monarchia e preparare l’ingresso di Garibaldi a Napoli.
Fu proprio grazie all’invasione piemontese che camorra e mafia entrano nei gangli vitali dello Stato e non ne usciranno più. Ma c’è da dire che Francesco era attorniato da un mucchio di serpenti traditori, compreso il suo Capo di Governo che, dopo Liborio Romano, nomina il Conte dell’Aquila comandante supremo della Marina e rimuove il fidato Rinucci dal Ministero della Guerra nominando al suo posto il traditore Giuseppe Pianell. Nominato Ministro si dimise da capo supremo dell’esercito di terra e il suo posto fu preso dal Generale Debenedictis, anche lui traditore? Un attimo di pazienza.
Per effetto della Costituzione, dovevano essere nominati 16 rappresentanti del Governo nelle Province del Reame, l’equivalente dei nostri Prefetti. Il 1° luglio le nomine furono fatte e quasi tutti i nominati erano massoni!
Il 3 luglio ad Avellino e Salerno c’è la prima rivolta popolare contro l’invasione sabauda e la gente scende nelle piazze al grido: "Viva ‘o Re Francesco”. Anche a Vasto si ebbero manifestazioni popolari a favore del Re Borbone.
IL TRADIMENTO DELLA MARINA
Il 5 luglio il Capitano Amilcare Anguissola, comandante di una pirofregata che faceva la spola tra Messina e Napoli per portare i soldati a difendere la capitale, invertì marcia e si consegnò al Contrammiraglio piemontese Carlo Pellion di Persano. Questi cedette la pirofregata “Veloce”a Garibaldi che la ribattezzò “Tuckery”. Dei 200 marinai imbarcati solo una quarantina tradirono, gli altri preferirono gli arresti e la deportazione (ne parleremo un’altra volta).
Il Re ordinò allora al Capitano di Vascello Rodriguez di riprendere la nave che era stata consegnata ai piemontesi, il Rodriguez, al comando di una piccola flotta di tre pirofregate, si mise a caccia della nave ceduta ai piemontesi. Ma l’impresa fallì perché il capo supremo della Marina, lo zio del re, il traditore Conte dell’Aquila, brigò perché fallisse.
LA GUARDIA NAZIONALE
Per effetto della Costituzione appena concessa, ogni città e paese si dota di una propria polizia: nascono le Guardie Nazionali, la gran parte ostili a Francesco II. Capisce tutto la Regina madre che lascia Napoli per Gaeta.
Aumenta vertiginosamente il fenomeno del banditismo su tutto il sud del reame, ed è un fenomeno inarrestabile! Considerate che la Sila, che diventerà tristemente famosa per i sequestri di persona e per essere il ricettacolo di delinquenti, fino al 1860 era praticamente un Paradiso che tutti potevano godere perché non vì era nessun pericolo.

MILAZZO
Francesco decise di difendere Messina ed i paesi vicini, Barcellona Pozzo di Gotto su tutti. Ma il Comandante in capo, Generale Clary tergiversava. Fu allora che Beneventano dal Bosco, promosso Colonnello, riuscì ad ottenere il comando di circa 3.000 uomini e lasciò Messina per fare quello che Clary, forte di 20.000 soldati, si rifiutava di fare: cacciare e scacciare Garibaldi che era lì con 5.000 volontari.
Il del Bosco lasciò Messina il 14 luglio, diretto a Milazzo.
Contemporaneamente Cavour continuava a mandare facinorosi a Napoli per fomentare la folla, aiutati anche dai camorristi e dal capo della polizia, il traditore Liborio Romano. Che bordello!!
Il 17 luglio il dal Bosco incrociò una parte de garibaldini e li sconfisse nei pressi di Barcellona. La stesa coda successe il giorno dopo, contro un’altra retroguardia degli invasori. Fu così che decise di puntare direttamente su Milazzo per difenderla. L’azione del Colonnello dal Bosco spaventò il comandante degli invasori, il Medici, che mandò emissari per chiedere aiuto a Garibaldi.
Da queste cose si evince la pochezza degli invasori che potevano vincere solo se aiutati dai traditori. Altrimenti per loro non v’era scampo.
Garibaldi arrivò in soccorso del Comandante Medici,con 4.000 uomini che, sommati ai 5.000 del Medici, fanno 9.000. Anche dal Bosco chiese rinforzi a per aiutare i suoi 3.000 uomini, ma Clary, forte ancora di 22.000 soldati, non si mosse! È una storia già vissuta, purtroppo!
Il 20 luglio ci fu il primo scontro tra i due eserciti e i duosiciliani riuscirono, benché minoritari, a respingere gli invasori. L’esercito borbone ebbe 120 caduti, gli invasori contarono 780 morti. Dal Bosco , però, si rese conto che non poteva resistere ad un altro attacco: troppa la disparità di uomini. Decise allora di entrare a Milazzo e li arroccarsi. Continuò a chiedere aiuto a Clary, ma non se ne fece nulla.
La difesa del forte di Milazzo fu eroica e molti dei duosiciliani si distinsero per coraggio ed eroismo. Oltretutto il forte di Milazzo cominciò ad essere bombardato dalle navi piemontesi giunte al porto, e che la marina borbonica, comandata dal traditore Conte dell’Aquila, non ostacolò.
Anche questa di Milazzo fu una occasione persa! Dal Bosco aveva messo a nudo la pochezza degli invasori, ma il tradimento di Clary impedì una vittoria certa. Oltretutto Garibaldi sapeva del tradimento, perché attaccò frontalmente Milazzo, certo che alle spalle non avrebbe avuto guai!
Il 22 luglio Garibaldi chiese la resa di del Bosco. Ma il colonnello rifiutò. Intervenne allora la Marina Borbonica e il suo comandante, il famigerato Conte dell’Aquila, che ordinò a del Bosco di lasciare Milazzo e imbarcato su una nave quello che restava del suo esercito, fece rotta verso Napoli.
DEPRETIS
Il 22 luglio, su richiesta dello stesso Garibaldi, sbarcò in Sicilia il deputato piemontese Agostino Depretis, spedito da Cavour in sostituzione del La Farina, con il quale Garibaldi era entrato in forte contrasto. Il giorno dopo, incontratosi con Garibaldi, questi lo nomina Prodittatore con un decreto.
CLARY ABBANDONA LA SICILIA
Il 24 luglio Clary dichiara che non ci sono possibilità di difendere la Sicilia e si arrende a Garibaldi! 24.000 soldati, senza sparare un colpo, in superiorità numerica, meglio armati, si arrendono al nemico! Il tradimento di Clary è chiaro! Saputo della resa, alcuni soldati, che evidentemente erano dotati di palle, si ribellarono alla decisone di Clary e cercarono quasi di linciarlo. Il Comandante in capo fu costretto a fuggire dai suoi soldati e di nascosto raggiunse Napoli.
È incredibile come Landi prima, poi Lanza ed ora Clary, tutti e tre si siano venduti al nemico!
Il 27 luglio l’armatore siciliano Florio si mise a disposizione di Garibaldi e con le sue navi trasportò gli invasori dalla Sicilia alle coste campane. Florio, imprenditore, cercava – dal suo punto di vista – di salvare la sua azienda. Non gliene faccio una colpa: di altri sono le colpe!
Tra la popolazione regna il malcontento: si rendono conto sempre più che il liberatore altro non è che un nuovo padrone peggio del precedente. Nascono manifestazioni spontanee a favore di Francesco II e sapete chi le reprime? Non i garibaldini, ma la Guardia Nazionale!
Il 28 luglio cadono anche le ultime roccaforti in mano ai Borbone: e ti credo! Non c’è manco la puzza di un soldato a difenderle! Ripeto: se non fosse che ci sono stati morti innocenti, questa sarebbe una buffa carnevalata!

I TRADITORI
Siamo a fine luglio, per l’esattezza il 29 luglio e Cavour riceve l’avvocato napoletano Nicola Nisco che l’informa dell’avvenuta nomina dell’avvocato Romano Liborio a capo della polizia, non solo, l’avvocato Nisco consegna al Cavour una lettera del Generale Alessandro Nunziante che si dice disponibile a mettersi al servizio dei Savoia. Ormai i traditori sono venuti allo scoperto! Ed è imbarazzante constatare quanti e quali personaggi si sono astenuti dal tradire.
IL CASO BRONTE
Ne parleremo diffusamente a parte.
ANNESSIONE
Il 3 agosto, con una delibera del pro-dittatore Depretis la Sicilia viene annessa al Piemonte. I Siciliani,che s’erano schierati con i Savoia sperando di ottenere un’indipendenza a lungo chiesta anche ai Borbone., si rendono conto del danno arrecato, oltre che a loro stessi, anche agli altri sudditi del Reame.
Si allunga, nel frattempo, la lunga lista dei traditori. Anche il Conte di Siracusa, un altro parente del povero Franceschiello, si mette al servizio dei Savoia! Già da allora gli italiani correvano in soccorso dei vincitori! Per mantenere l’ordine, dopo i fatti di Bronte, la forza di occupazione in Sicilia viene portata a 36.000 unità! Ma non dovevano essere 1.000 in tutto?
CALABRIA
La Calabria era la prossima tappa. Era difesa da 20.000 uomini divisi in quattro tronconi al comando dei generali Ghio di Monteleone, Cardarelli, Marra e Melendez. Comandane in capo era il generale Vial che, senza motivo, aveva schierati gli eserciti all’interno, anziché sulle coste, come logica imponeva. Marra, che era un buon generale, capì che qualcosa non andava e ne parlò col Ministro competente, Pianell. Non sapeva Marra che Pianell s’era già venduto ai Savoia! E che ti fa Pianell? Sostituisce Vial? Naaaaa! Sostituisce Marra e al suo posto nomina un altro massone, ovvero il Generale Fileno Briganti.
Il 6 agosto, con un proclama, Garibaldi dichiara d’essere pronto a occupare “le Calabrie”. L’8 agosto 150 garibaldini sbarcano a Cannitello e senza colpo ferire (i soldati sono tutti all’interno) riescono a raggiungere un bosco da dove dirigere le operazioni di occupazione. Anche la Guardia Nazionale non pone ostacoli: Liborio si sta dimostrando un buon alleato per i Savoia!
Il 12 agosto Garibaldi va in Sardegna dove ci sono pronti 9.000 uomini che andranno a rinfoltire le truppe di sbarco per la Calabria. Continuano nel frattempo piccoli sbarchi di garibaldini a Bovalino e in Puglia nascono comitati spontanei favorevoli ai Savoia.
I moti pugliesi sono attivi a Bari, Ginosa e Laterza e anche qui i garibaldini non trovano resistenza. Manca solo Napoli e poi l’occupazione è totale. Ma di Napoli parleremo in altra sede.


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