Pubblicato il 18/11/2019 13:19:34
Siamo alla resa dei conti sull’essersi affidati a irrisolte questioni di contemporaneità; un modesto tentativo, forse utopico di sanare, le progressive dissolvenze della società contemporanea. Il concetto d’idealità ha cessato di esistere nei rapporti sociali. Spesso con le voci dei sottintesi, degli inganni, delle provocazioni, delle illusioni e, ancora con le sufficienze, le giustificazioni, i pentimenti. Mi si smentisca quando affermo che oggi il rapporto sociale si svolge nell'idea d’imperio della ragione conveniente o compiacente. Dal mio punto di osservazione noto che tutti corrono verso l’utile, il conveniente. Non è forse vero che per certi aspetti dell’ideale e l’idea stessa si è venuta a trasferire nell'arrendevolezza alle necessità dei bisogni; questi, espansi da un rapportarsi, dell’idea del vivere, all'evoluzione della tecnologia. L’idea, legata all'ideale,ne è dispersa; frazionata perché mutevole e conflittuale nella sua essenza del fine spesso e volentieri barattato con la convenienza. Una morte dell’idea esclusa da ogni possibilità di essere rigeneratrice. Senza alcuna destinazione, senza nessun punto di approdo, rilevo che se il punto di arrivo non è chiaro la destinazione certa è la barbarie del niente, del nulla dove, ogni scempio ha ipotesi e perdoni in religiosità e in moralismi, in compiacenze, in collusioni, in profezie di giustizia e in deserti di consapevolezza. La contemporaneità troppo spesso soffoca, nel sangue l’umanità.
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