John Williams, Stoner, Fazi Editore, 2012, pp. 332
Non c'è nulla di straordinario nella vita di William Stoner. Nessuno sconvolgimento, nessun cambio di rotta, nessun imprevedibile colpo di scena. La sua esistenza grigia e monotona è attraversata da una necessità ineluttabile e scorre inerte come il movimento di un oggetto lanciato nel vuoto. È impossibile non provare una rabbia istintiva - sebbene mista ad un senso di spontanea compassione - per la pacatezza con cui l'umile professore, protagonista del più celebre romanzo di John Williams, sopporta le piccole e grandi ingiustizie subite durante la sua carriera accademica ed assiste al fallimento della sua vita coniugale. Ma poi, pagina dopo pagina, quel sentimento di riprovazione che si insinua da principio nel lettore inizierà gradualmente ad addolcirsi, fino a convertirsi in una convinta ammirazione per quella forma di resistenza gentile, benevola e duratura, alle avversità della vita che si cela dietro l'atteggiamento apparentemente dimesso di Stoner. E per questa ragione non possiamo che perdonarlo, mentre scopriamo con una chiarezza che viene con gli anni, e che Stoner mostra di possedere da sempre per dono naturale, che ciò che più di ogni altra cosa rende integra e straordinaria l'esistenza di un uomo qualunque è la capacità di restare fedele a se stesso.
Arriva per tutti un momento in cui la vita sembra concentrarsi in un punto e costringerci al compimento di una scelta determinante, in cui è in gioco la definizione stessa del nostro essere. Cosa voglio diventare da grande? Per cosa vale la pena di vivere? Questo momento si presenta a Stoner quasi per caso, durante una lezione che ha a che fare poco o nulla con i suoi studi di Agraria. Eppure, la lettura di un sonetto di Shakespeare, un inno all'autunno, al crepuscolo, ad un amore sfiorito, consente all'ancora giovane studente di trovare se stesso, per la prima volta e definitivamente. L'incontro con la poesia è folgorante ed è forse l'evento fondativo della vita di Stoner. Pertanto, la scelta di dedicarsi, come studente prima e come professore poi, a quella 'necessaria menzogna' che è la Letteratura è ciò che gli permetterà realmente di compiersi come uomo.
La possibilità di rinnovare ogni giorno la fedeltà ad un patto stipulato tacitamente tra sé e sé, ossia di tornare sempre a reimmergersi nei suoi libri, assicura a Stoner uno spazio di quiete in cui recuperare un rapporto autentico con la propria interiorità ed apprendere l'arte di dominare le passioni violente, al riparo da una guerra combattuta sullo sfondo e dentro le mura domestiche. Così, sentendo la morte prendere a poco a poco dimora nel suo corpo, William Stoner saprà accoglierla con animo altrettanto sereno e farle posto come si accoglie un amico che abbiamo imparato ad attendere.
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Martina Dell'Annunziata
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