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In ricordo di Giuseppe Greco ... poeta

Argomento: Poesia

di Giorgio Mancinelli
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Pubblicato il 08/09/2021 18:47:15

In ricordo di Giuseppe Greco.

È con sincera commozione che partecipo oggi alle le esequie funebri del giovane poeta Giuseppe Greco presso la chiesa San Filippo Neri a Grottammare (AP) presentato agli amici de Larecherche.it con la silloge poetica “Soffio di parole” - edizioni Nicola Palumbi 2019:
Di un 'fluf' risuona lo spostamento d’aria nel voltare pagina quando già ‘soffi di parole’ spingono nuvole bianche verso un indefinibile orizzonte, ove la linea di demarcazione si altera verso un al di là che invita al discernimento …

Come un soffio di parole / la mia ispirazione / mi entra nell’anima / e mi fa scrivere pensieri / che non so dire / che mi colorano il cuore.

Di Giuseppe Greco riporto qui di seguito le sue ultime parole espresse nella lirica “dedicata a chi trova rifugio nello scrivere” e quindi a tutti noi ‘ospiti della rivista letteraria’ che ci gratifica nella poesia:

Tu mio sangue …

scrivi come se
non ci fosse un domani
ti guardo commosso
perché vivi l’amore
come un sogno,
dal quale non ti svegli
e del quale vivi succube,
vedi la passione
come un tramonto senza fine.
Ti chiamano illuso
ma prima dovrebbero parlare
con il tuo cuore e
capire le sue parole,
quanti silenzi celavano
l’attesa di un suo
gesto mentre dedicavi
versi cullati da lacrime mute.
Un suo sguardo o
Una sua parola, ma poi …
mai nessuna bugia
fu più amara
di una mezza verità
detta con l’illusione
di non ferirti ma
stille di sangue escono
dai tuoi occhi perché
sai quella verità,
che un’illusa pensa
di conoscere meglio di te.
Ti incontri con l’incerto
perché sai che la verità
è piena d’amore ma
rifletti e capisci come nessuno,
non l’amore è incerto ma
Ciò che nutro verso di te lo è.
Amore e sofferenza
Fanno l’amore e tu,
mi sangue sei
il loro talamo.
La penna è una missione
tutta l’arte lo è
e dietro questo dolore
c’è il poter dire con le parole
quello che gli altri guardano
nel silenzio.

Mi piace inoltre ricordare alcune frasi che inviava a centinaia di suoi fans ogni mattina con l’augurio di un felice giorno e l’invito a guardare avanti ...

Guardo l’orizzonte e / vedo sogni lontani che aiutano / i miei sogni di vile realtà. / Un viaggio di coraggio, barattato con il sudore […] siamo nell’incertezza, / cullati dal desiderio. / […] / Vedo la Terra davanti a me / ma ho l’acqua alla gola, / ora vedrò i miei sogni, / ora finalmente vedrò.

E vedrò anche oltre, nel cedevole emisfero della luce, a che il pieno giorno eguaglia le ore dell’immenso e del sublime ch’è in ognuno di noi, allorché fruga negli spazi interstiziali delle tenebre che l’attendono ...

Ti aspettavo … / Tra le spire del dubbio / osservo i miei progetti, / e una pioggia d’idee / cade sui miei pensieri / non ancora stanchi, / possano i giorni e / le mie urla si fanno più forti, / la mia casa brucia / guardando le spire della frustrazione ma / vedo una luce, / un uragano che divora l’incendio, / ora le mie parole hanno trovato la strada, / ora la mia casa si apre all’accoglienza.

C’è un momento nella vita, / in cui sei solo, / davanti a uno specchio / che riflette, quel buio / che vorresti tenere lontano. / Ma arriva la luce, / è un fuoco fatuo che / ti guida nelle tenebre e / ti fa scoprire passi di luce, / cammina perché il sentiero è lungo / … lungo come la vita.

È del silenzio, il soffio interstiziale dell’avvio che si ripete, dall’inizio alla fine, come di ossimoro legato al verso, al senso e al suo contrario poetico, libero e/o arbitrario dell’immaginale ...

Davanti a me soltanto le parole, / con le quali riesco a raccontarmi, / loro non mi chiedono niente, / soltanto semplicità, / sono lo specchio che segue i miei passi. / Di un cammino che è una dolce danza, / che nasce con un ‘soffio’ che la scuote.

I miei passi / su quel velluto verde / che accarezza i miei piedi, / quando scorgo / l’ombra di un bosco, / (di cipressi) / come punte di lancia / in un silenzio bianco (accecante di luce) / (quale) esercito in fila / pronto a cedere il passo / al calpestio dei piedi / nella marcia a ritroso / senza né vinti né vincitori / di un teatro di guerra / ch’era soltanto tranquilla apparenza.

C’è qualcosa di più nei momenti narrativi, lunghi nell’attesa dei giorni di Giuseppe Greco che ... come un bruco diventa / farfalla pitturata / di felicità che sorge / come di un’alba / e riposa soltanto / con la notte quando / tutto si spegne, / ma il buio è soltanto attesa e / poi si ricomincia.

Un poi che trasforma la sua grande voglia di vivere in ‘certezza’ del domani, che accoglie in se ogni tempo: passato, presente, futuro, come di clessidra che basta voltare perché la sabbia torni a segnare ogni singolo momento di vita vissuta, esperienziale, vertiginosa e/o obnubilata da un’eclissi che pure c’è stato, ma che nessuno avrebbe potuto immaginare. Come di un ‘fluf’ per la caduta della goccia nello stagno della memoria liquida che inzuppa di nero inchiostro la pagina bianca aperta sul diario dell’esistenza, e che del vivere segna la fine.

Acciò, proprio quando un altro bagliore, improvviso, viene a rischiarare il mondo, a muovere ... passi che non conoscevi / dopo anni d’attesa / sentirti vivo e ora / giunto il momento / ora puoi essere te, / quel te che ha vissuto, / celato nelle tue false certezze.

Quel che rimane, infine, non è poca cosa, la vita lo dimostra continuamente, ci basti sentire, quando l'abbiamo sotto i piedi “..la strada della vita, / così piena di (tante) corsie / di decelerazione.

Quella diminuzione della velocità di un corpo nell'unità di tempo che ci è dato di vivere...

Ma noi, fermi / sul bordo della strada, / ad aspettare un passaggio (che a volte non arriva) / e non sentiamo / che abbiamo gambe / che ci sorreggono / e piedi mai fermi. / Che l’unica benzina di cui hanno bisogno / è la tua voglia di fare, di esserci. / (Allora) Il vuoto, il bianco, l’apatia, la tristezza,” / (che cosa sono?) / se non il viluppo della forza che scema, che chiede linfa di nuova vita ...

... o forse solo di rinnovato amore.



L’autore.

Giuseppe Greco nasce a San Benedetto del Tronto (AP) il 10 luglio 1974 e dopo aver frequentato l’Istituto Professionale si diploma nel 1995. Nonostante i problemi di salute che lo costringono su una sedia a rotelle, s’impegna a riempire la sua vita con vari ‘passatempi’ tra cui la scrittura che è sempre stata il suo grande e veritiero amore.

Da sempre è alla ricerca di qualcuno disposto a leggere le sue opere ma, soprattutto, cerca qualcuno che creda in lui e in ciò che scrive.

Altre pubblicazioni:
Giuseppe Greco “Piccoli pensieri” – Montedit 2003
















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