Queste sono le Note dell'Editore Enrico Taddei sul mio libro.
Grazie.
NOTA DELL’EDITORE
“RICORDATI DI VIVERE”
Martin Palmadessa, poeta e scrittore da noi apprezzato fin dal primo contatto letterario (2020), ci propone stavolta un testo dal titolo “La teoria delle lucertole” che, per varietà di linguaggio, non può essere ascritto né alla narrativa né alla saggistica, per questo ci
è sembrato adatto accogliere questa pubblicazione nella collana “Paradosis” delle Edizioni Setteponti, in quanto essa propone scritti in medietà tra i due “generi” letterari succitati, con intenti e valori pedagogici soprattutto, oltre che morali, etici e civili, nonché
umani. In “La teoria delle lucertole”, la riflessione funziona
all’interno di situazioni di esistenza che sono avvertite, innanzitutto, in modo globale, qualitativo e diretto, dove il pensiero nasce, si evolve e rinasce, di volta in volta, entro un mondo di esperienze personali che sono godute, subite, sofferte e proiettate verso
un modo surreale di vedere (e “sentire”) il mondo («… Vieni folgorato da un fremito che non conoscevi: la visione della realtà… (da “Parte 1. Le domande”).
Ne fa testo, fra tanti altri, questo estratto dalla “Parte 2. Il delirio totale”, che testualmente recita: «… Qualcuno ti sta aspettando in silenzio. È un ramarro enormemente verde.
Sta sulla riva vicino ad un nocciolo, così se serve se
ne va sull’albero di colpo. “Porca troia...” dici mentre gli rimiri i riflessi verdeoro della coda serpentosa... le lucertole sono diventate grandi”. Così scomponi il tempo almeno in due fasi, soffrendo in entrambe perché comprendi che il ramarro non
è una lucertola cresciuta e le lucertole non diventeranno mai ramarri… ». Questa “visione della realtà”, in un’anima come
quella di Martina Palmadessa, con all’attivo diverse raccolte di poesia edite, non può che non sfociare in un “logos” sulla deriva del sistema della società attuale, sia in termini sociali, politici, pedagogici e in altri che troveremo nello scorrere delle pagine. Basterà citare i seguenti due estratti, per avvalorare la tesi dell’io
narrante, ovvero il libro stesso: «… Cosa vedi davvero?
Vedi persone comuni (volgari) impiccate ai loro doveri senza futuri.
E i volgari bestemmiano e si trascinano senza futuro e non sono aristocratici. Non valgono niente se non servono al falso potere del potere che non esiste senza i volgari.
Non lo ammetterà mai nessuno e nessuno lo farà.
(Aspettiamo i casi estremi per muoverci?)… » e ancora «… Per quale triste motivo ci si fustiga il cervello in cerca di quanto i nostri figli dovrebbero fare mentre non sei nemmeno convinto della correttezza del tuo cammino?
Cosa dobbiamo insegnare ai nostri ragazzi se non il modo di respirare, la passione per la vita in generale e nello specifico, la ricerca affannosa di un bacio e di una carezza, un abbraccio da dare prima di riceverlo mentre il vento accarezza i capelli?... ».
Volendo citare direttamente passi della pubblicazione, vogliamo anche sottolineare che l’opera più che da analizzare dal punto di vista critico, prima della propria pubblicazione, è prima di tutto da far leggere al grande pubblico, poiché, nonostante il linguaggio
ricercato e poetico, i messaggi veicolati dallo scrittore
sono diretti e vanno senza mezzi termini ad interrogare il lettore, e quindi l’uomo, sulla deriva comportamentale in atto, dovuta in primo luogo all’ingombro delle apparenze, prima causa forse di alienazione dell’essere umano, oggi così come nel passato recente e meno recente. Non un processo alle intenzioni ma alla ormai mancanza di intenzioni, e quindi di sensatezza, nel progettare un percorso di vita, che inevitabilmente pesa sulle scelte che ogni persona prende nella propria quotidianità.
In altre parole Martin Palmadessa getta uno sguardo impietoso sia sulla delusione della società odierna, con le proprie contraddizioni e forzature, che sul caos del nostro tempo, che originano, a livello sociale, interventi d’ogni genere senza una direzione o un
quadro etico, filosofico o agnostico che sia, nelle cose
del mondo malato in cui stiamo vivendo; tutte peculiarità temporali che assumono una connotazione personale che, tuttavia, come abbiamo già scritto, personale non resta, poiché sa trasfigurare in simboli universali, tramite anche gli animali scelti per la narrazione”
e con un massiccio impiego di figure retoriche e di
citazioni letterarie, realizzanti immagini che anticipano idee e figurazioni (anche del futuro che vivremo) indirizzate verso un discorso atto a incidersi sul vivere umano, con il proprio doloroso messaggio che, nonostante tutto, diviene propedeutico, anche se il poeta e scrittore non ha la speranza di farlo senza un confronto
umano che coinvolga l’interrogare di continuo, durante lo scorrere delle pagine, il lettore. Riteniamo, inoltre, di non sbagliare nello scrivere che questa “Opera” dal titolo “La teoria delle lucertole” sia trasposizione filosofica della poetica di Martin Palmadessa, soprattutto di quella con temi e concetti che del civile e dell’esistenzialismo esprimono tutto il “senso” tattile-visionario, che contraddistingue l’innovativo stilismo del poeta Palmadessa. Evitiamo qui di far riferimento a singole liriche, già edite, premiate da critica e apprezzate dal pubblico, in quanto si trovano,
in parte, già citate nella “Nota biografica”.
Un pamphlet esplicativo, che ancora ci fa pensare ad
una precisa ricerca di forma, per raccontare gli emblemi di un mondo orribile, pieno di errori e di orrori, al fine di condividerne le pene e di essere ascoltato e, per noi, è questo l’atto di buona volontà verso il prossimo, altrimenti non si cercherebbe la comunicazione, che ha come concetto implicito la speranza, la quale stavolta sembra suggerirci: “ricordati di vivere”.
Enrico Taddei