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In ricordo di Sergio Endrigo e la sua ’Favola dell’uomo’

Argomento: Poesia

di Giorgio Mancinelli
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Pubblicato il 01/06/2023 08:28:01

SERGIO ENDRIGO: 'LA FAVOLA DELL’UOMO'

Nel momento in cui la scena musicale italiana si arricchisce di nuove voci e volti, mentre altre e altri si accomiatano da noi, mi piace ricordarne alcune in particolare che pure ci hanno regalato momenti intensi che possiamo rivivere nell’ascolto delle loro canzoni, riassaporare quel tanto di generoso che c’era nelle loro parole, negli arrangiamenti e nelle musiche scritte appositamente per accompagnare quei sentimenti che talvolta riuscivano a smuovere in noi e a dare forma alla ‘colonna sonora’ dei nostri sogni. Ché, appropriarsi di un motivo, di fare nostre certe frasi d’amore, o ricalcare certe emozioni che noi stessi, ancor giovani, avevamo provate, è sempre stato uno sport molto in voga. Chi altro ci avrebbe suggerito certe frasi ‘spicciole ma ficcanti’ che poi avremmo utilizzate nel linguaggio quotidiano, in situazioni a dir poco, emotive e sentimentali.
Quante delle sue canzoni a riascoltarle ancora oggi ci smuovono dentro quei ricordi che giacciono in fondo, o magari in cima, alla nostra anima sensibile e catturano la nostra attenzione, quante? E che il solo riascoltarne le frasi d’avvio riaffiorano alla nostra mente come se le avessimo scritte e cantate noi stessi, ieri, oggi, sempre, e che fanno ormai parte della nostra storia personale, come di quel film che almeno una volta, ci siamo fatti con la regia del nostro cuore, quante? Non sono poi quelle che hanno segnato ‘i migliori anni della nostra vita’: dal titolo omonimo proprio di un vecchio film di William Wyler degli anni ’40 e oggi di una canzone portata al successo da Renato Zero, nonché di una famosa trasmissione televisiva condotta da Carlo Conti, quante?
Tra le tante voci che ritornano quella di Sergio Endrigo e le canzoni che ci ha lasciate: “Adesso si”, “Se le cose stanno così”, “Lontano dagli occhi”, “Io che amo solo te”, “Canzone per te”, “Era d’estate”, “Gli uomini soli”, “Marinai”, “Il dolce Paese” ecc. ecc. sono quelle che più ci sono rimaste dentro.
Di lui sappiamo che è nato a Pola il 15 Giugno del 19…; ma che importanza può avere l’età, i poeti non hanno età, specialmente quando le loro canzoni sopravvivono ad essi e continuano a regalarci ancora tante emozioni. Dopo diverse attività giovanili ha intrapreso la carriera di cantante al Lido di Venezia: “…era un bar all’aperto (è lo stesso Endrigo a raccontarlo durante una ripresa televisiva), dove un quartetto suonava canzoni italiane per i turisti durante l’estate. Terminata la bella stagione, continuai a cantare in una sala da ballo di Mestre per tutto l’inverno. Mi esibivo il giovedì, il sabato e la domenica. Di orchestra in orchestra e di città in città sono riuscito a sbarcare il lunario per ben sette anni. Alla fine mi sentivo così stanco di cantare per ore e ore di filato con l’unica soddisfazione di ritirare la paga. Così decisi di tentare la strada discografica, ma non fu facile trovare compositori disposti a puntare una lira sulla mia voce, e così decisi di scrivere le canzoni da me”.
Una storia semplice la sua, quella di un ragazzo determinato a mettersi in gioco, a cavarsela da solo ed esternare le proprie capacità facendone partecipi gli altri, tutti quei ‘noi’ che alla fine abbiamo cantato e ancora cantiamo le sue canzoni. Divenuto un cantante affermato Endrigo si trovò a raccogliere i frutti di un successo pacato, confidenziale, dalle tante esperienze vissute che man mano si facevano più mature, quasi le sue canzoni volessero sottolineare una sua (e anche nostra), più intensa partecipazione alla vita. Ne ho scelta una che forse pochi ricordano: “Altre emozioni”, di Endrigo / Incenzo - Ed Verba Manent / Noah’s Ark

E siamo arrivati fin qui / Un po’ stanchi e affamati di poesia / Le mani piene di amore / Che non vuole andare via / Abbiamo vissuto e fatto figli / Piantato alberi e bandiere / Cantato mille e più canzoni / Forse belle forse inutili / Altre emozioni verranno / Te lo prometto amica mia / E siamo arrivati fin qui / A cantare per chi vuol sentire / Abbiamo vissuto all’ombra / Di troppe false promesse / Oggi è tempo di pensare / Oggi è tempo di cambiare / E ancora cerchiamo e camminiamo / Sognando negli occhi / Di donne e uomini /…/ Abbiamo attraversato i deserti dell’anima / I mari grigi e calmi della solitudine / Abbiamo scommesso sul futuro / Abbiamo vinto e perso con filosofia /…/ E sono arrivato fin qui / Con questa faccia da naufrago salvato / E questo svelto andare / Da zingaro felice / Valige piene di speranza / Amici perduti e ritrovati / Qualche rimorso e pentimento / Senza rimpianti e nostalgia /…/ Abbiamo attraversato i deserti dell’anima / I mari grigi e calmi della solitudine / Abbiamo scommesso sul futuro / Abbiamo vinto e perso con filosofia /…/ Altre primavere verranno / Non di sole foglie e fiori / Ma una stagione fresca / Di pensieri nuovi / Altre emozioni verranno / Te lo prometto amica mia.

È così che ‘un po’ stanchi e affamati di poesia’ com’eravamo in quegli anni abbiamo apprezzato i suoi testi che, prima ancora di ricalcare un qualche genere di tipo ‘ballata’ aprivano al confidenziale, in cui Endrigo andava raccogliendo i ricordi dismessi, il profumo dei giorni dell’amore, e li trasferiva in versi, nel realizzarsi di una sua visione del mondo, accettandone la buona e la cattiva e pur sempre umana sorte. E che lui stesso dedicava a una sua donna 'ideale' o forse amata, e gli apriva il suo cuore, come a quella: “Marianne che cos’è questa gran voglia che hai di correre.. non ti fermi mai.. se per sognare vendi i tuoi sogni, forse è disperata la tua gioventù (?)” . È così che Endrigo compone, scrive, canta, ponendo in essere un aspetto del ‘sociale’ poco affrontato fino allora, se non dalla canzone di tradizione e da quella cosiddetta di 'protesta' che s'andava trasmettendo in quei giorni ahimè lontani…

“Dove credi di andare” – Ed. Fonit Cetra Music Publishing S.r.l.

Dove credi di andare / Se tutti i tuoi pensieri / Restano qui / Come pensi di amare / Se ormai non trovi d’amare / Dentro di te / Con tante navi che partono / Nessuna ti porterà / Lontano da te / Il mondo sai non ti aiuterà / ognuno al mondo è solo / Come te e me / Dove credi di andare / Se il tempo che è passato / Non passerà mai / Povere le tue notti / Se tu le spenderai / Per dimenticare / Il mondo non è più grande / Di questa città / La gente si annoia ogni sera / Come da noi / Dove credi di andare / Se ormai non c’è più amore / Dentro di te / Con tante navi che partono / Nessuna ti porterà / Lontano da te / Il mondo sai non ti aiuterà, / Ognuno al mondo è solo / Come te e me / Dove credi di andare / Se il tempo che è passato / Non passerà mai / Povere le tue notti / Se tu le spenderai / Per dimenticare.

Endrigo è stato più volte appellato ‘intellettuale’ per quel distacco che dimostrava nell’interpretare le sue canzoni e per quella sua voce stentata, a volte stereotipa che esprimeva in pieno la sua personalità di uomo e di cantautore impegnato in canzoni che non vengono mai riproposte, chissà perché, e che sarebbero di grande attualità, come ad esempio “La guerra”, “Perché non dormi fratello”, “Canzone per la libertà” ecc. ecc. Problematiche queste che egli ha saputo misurare, prendendo l’amore come metro di tutte le cose. Ma anche colui che ha vissuto personalmente le proprie canzoni, riscattandole, una dopo l’altra, nel momento creativo in cui trovava la sua ispirazione, e che dedicava al nome di una donna (di ogni suo amore segreto): “Maddalena”, “Annamaria”, “Teresa”, “Elisa” e le tantissime altre che ci ha raccontate come solo un nostalgico avrebbe potuto fare. Si potrebbe parlare di Endrigo come colui che ha dichiarato al mondo il suo amore ‘per le piccole cose’ che all’improvviso, diventavano ‘grandi’, di una grandezza ricolma di nobili sentimenti di grandi sentimenti, come questa…

“Lontano dagli occhi” – di Endrigo/Bardotti/Bacalov – Ed. Fonit Cetra Music.

Che cos’è? / C’è nell’aria qualcosa di freddo / Che inverno non è / Che cos’è/ Questa sera i bambini per strada / Non giocano più / Non so perché / L’allegria degli amici di sempre / Non mi diverte più / Uno mi ha detto che…
Lontano dagli occhi lontano dal cuore / E tu sei lontana, lontana da me / Per uno che torna e ti porta una rosa / Mille si sono scordati di te / Lontano dagli occhi lontano dal cuore / E tu sei lontana, lontana da me…
Ora so / Che cos’è questo amaro sapore / Che resta di te / Quando tu / Sei lontana e non so dove sei / Cosa fai dove vai / E so perché / Non so più immaginare il sorriso / Che c’è negli occhi tuoi / Quando non sei con me /
Lontano dagli occhi…

Oppure di un Endrigo trovatore che riafferma la validità del nostro folklore: “Il treno che viene dal Sud’, “La ballata dell’ex”, “Vecchia Balera”, “Via Broletto”, “San Firmino” ecc. ecc. ma il discorso infine andrebbe necessariamente a cadere sulla linea tradizionale dell’uomo politicamente impegnato, per poi divagare in concessioni a volte popolari (oggi diremmo populiste); altre fin troppo di parte e comunque poetiche, come ad esempio “La Colomba” da una poesia di Rafael Alberti, e “Anch’io ti ricorderò” dedicata a Ché Guevara, e quella “Camminando e Cantando” adattata da un testo del brasiliano Gerardo Vandré che fece il giro del mondo. Non in ultima quel “L’Arca di Noè” rimasta nell’intercalare di tutti e che gli fruttò il riconoscimento della critica italiana per il miglior testo letterario, oltre alla soddisfazione di vedersi assegnato il disco d’oro per aver venduto un milione di copie nel breve giro di alcune settimane. La ricordate senz’altro anche voi …”Partirà, la nave partirà / dove arriverà / questo non si sa”.
Il successivo impegno di Endrigo presenta una diversa silloge di ‘temi’ che egli raccolse nell’album “La voce dell’uomo”, in cui si proponeva e proponeva ai suoi numerosi fan molte domande: “…il primo amore cos’è? Il matrimonio che cos’è? La religione che cos’è? La solitudine cos’è? Che cos’è la libertà se non si gode in gioventù? A volte è tutta una vita la gioventù. Che cos’è la verità? C’è sempre stato qualcuno nella mia vita che ha voluto impormi la sua volontà, che cos’è allora, la libertà?”.
A tutte queste domande Endrigo ha sempre dato una risposta poetica: “…dove l’uomo non arriva giungono le parole … pensa, pensa, ragazzi e ragazze che tornano dal mare a raccontare che è finita la paura e partono domani per raccontare al mondo la pura verità”; e sono forse quei ragazzi marinai e quelle ragazze pulite, che abbiamo imparato a vedere nel dare una mano durante e dopo le catastrofi che ha subito il nostro paese. Quei ragazzi e ragazze che si danno una mano per fare quel ‘girotondo intorno al mondo’ che Endrigo auspicava in pace e fraternità.
Un Endrigo dall’utopia facile, direste, ma è forse utopia guardare a un orizzonte più sereno dove i popoli si scambiano doni e i giovani si sorridono e si abbracciano felici? È utopia guardare sorgere l’alba o assistere al tramonto del sole con trasporto e gli occhi commossi; oppure assistere al miracolo della nascita di un figlio, o guardare alla trovata pace alla fine di una vita? Tutto questo ci suggerisce “La favola dell’uomo”, dall'album omonimo, composta da Sergio Endrigo, quel suo essere poeta che ha visto, ha ascoltato, ha scritto…

Di uomini soli che non sanno il perché … e donne sole che sognano storie d’amore, ma l’amore dov’è? … giovani soli e ragazze già vecchie chiuse in cucina a inventare minestre ... e vecchi aspettare la morte senza parlare ... per tutti c’è un solo Dio … ma è solo anche Dio”. Colui che nella solitudine creativa dei suoi ultimi anni ha ascoltato 'la voce dell’uomo' anche quando era violenta e uccideva il fratello; 'la voce dell’uomo' più forte del vento della vita e del tempo; 'la voce dell’uomo' che quando chiama, gli rispondo.

Successivamente Endrigo trova una personale autodeterminazione che lo riconduce al mare, a quella ‘isola nella corrente’ che è dentro ogni sua espressione artistica, ragione per cui non è stato sempre facile classificarlo, anche se oggi ci chiediamo perché di questa necessità che già allora non aveva senso. Mentre rilevante importanza assumono altre sue produzioni artistiche realizzate con Giuseppe Ungaretti, Vinicius De Moraes in cui sono raccolte sue poesie e canzoni: “La vita amico è l’arte dell’incontro”, “La casa”, e “L’Arca” in cui sono raccolte alcune canzoni-fiaba di Vinicius indirizzate ai bambini, ma che non dispiacciono neanche agli adulti.
È passato un po’ di tempo ma forse vale la pena ascoltare ancora una volta le sue parole con le quali ci parla ancora di sé: “Parlando di me, mi piace la calma, la buona tavola, i buoni amici, i buoni libri, i francobolli, le armi antiche, la natura, gli animali, la pesca subacquea, i luoghi poco affollati; non mi piacciono i dritti, i disonesti, i dilettanti presuntuosi, i seccatori, gli invadenti, le salse agrodolci…”; e lo dice con quella sua voce da narratore convincente che va raccontando le favole di sempre ai tanti bambini che ormai non gli prestano più ascolto, come facciamo noi ormai divenuti grandi, non poniamo più orecchio del resto, a quelle verità intrinseche che un giorno, a un poeta, hanno permesso di scrivere quel ‘La favola dell’uomo” che è divenuta un po' anche nostra…

“La voce dell'uomo”, di Endrigo / Jubal / Noah's.

Ho sentito la voce del mare / di uccelli e sirene / le voci del bosco del fiume e tamburi / e chitarre di Spagna le orchestre profane / e l'organo in chiesa ho sentito / la voce dell'uomo / anche quando è bugiardo / e tradisce il fratello / la voce dell'uomo / quando parla gli rispondo. / Ho sentito l'urlo di belve / in gabbia e in catene / il passero in cerca di pane il silenzio / della prigione il grido degli ospedali / che nasce e chi muore ho sentito / la voce dell'uomo / che canta per fame / per rabbia ed amore / la voce dell'uomo / quando canta io l'ascolto. / Ho sentito fanfare di guerra / e passi in cadenza / per le strade imbandierate le canzoni / dei soldati di trionfo o di dolore / chi vince e chi perde / ho sentito / la voce dell'uomo / anche quando è violenta / e uccide il fratello / la voce dell'uomo / quando parlo mi risponde / è più forte della tortura e dell'ingiustizia / delle fabbriche dei tribunali è più forte / del mare e del tuono più forte del terrore / più forte del male più forte / la voce dell'uomo / più forte del vento / della vita e del tempo / la voce dell'uomo / quando chiama gli rispondo.

La sua è stata una breve stagione, anche se negli anni, negli incontri e negli amori ha certamente incontrato validi colleghi tra compositori e orchestratori e cantanti che lo hanno supportato nel suo 'andare per mari sconosciuti' in cerca dell' 'isola in mezzo alla corrente' che egli stesso negli ultimi anni si era isolato. Lo ricordiamo soprattutto al suo debuttò al Festival di Sanremo nel 1966 con “Adesso sì” e che in quello stesso anno fu cantata anche da un esordiente e sconosciuto Lucio Battisti in una raccolta sanremese della Dischi Ricordi, divenendo la sua primissima incisione discografica. Sempre nel 1966 uscì il suo terzo LP “Endrigo” e comprendeva, inoltre a “Girotondo intorno al mondo”, “Teresa”, “Dimmi la verità”, “Mani bucate”, “La donna del Sud” di Bruno Lauzi, e “La ballata dell'ex”, in cui tratta la guerra partigiana e la fine della speranza che aveva alimentato la lotta alla guerra e quella degli anni '50. Nel 1967 fu ancora a Sanremo con “Dove credi di andare”, abbinato con Memo Remigi. L'anno seguente ottenne la vittoria con “Canzone per te” in coppia con Roberto Carlos e, successivamente partecipò all'Eurovision Song Contest con la canzone “Marianne”.
Nello stesso periodo usciva il nuovo LP, sempre intitolato “Endrigo”, che comprendeva, oltre alla vincitrice di Sanremo, classici come “La colomba”, “Il primo bicchiere di vino”, “Dove credi di andare”, “Anch'io ti ricorderò”, “Perché non dormi fratello”, “Il dolce paese”, “Il treno che viene dal Sud”. Nel 1969 Endrigo arrivò secondo a Sanremo, cantando in coppia con la gallese Mary Hopkins ma la sua “Lontano dagli occhi” ebbe un successo stratosferico. L'anno successivo si classificò terzo con “L'arca di Noè” cantata anche da Iva Zanicchi.
Un minore riscontro ebbe la sua sesta partecipazione consecutiva al Festival. Nel 1971 si posizionò undicesimo con “Una storia”, abbinato con i New Trolls che ne diedero una versione in stile rock-progressivo. Endrigo tornò più volte a calcare il palcoscenico sanremese, nel 1973 con “Elisa Elisa”, nel 1976 con “Quando c'era il mare” e l'ultima volta nel 1986, con “Canzone italiana” che, diversamente da tutte le altre con le quali aveva gareggiato in passato, non era scritta da lui ma da Claudio Mattone.
Questa è dunque “La favola dell’uomo” che Endrigo ci ha lasciato in eredità e di cui dovremmo fare tesoro. Le sue canzoni vengono ancora oggi interpretate da molti giovani cantanti che oltre a riscoprire la validità di certi suoi testi, ce li ripropongono in nuove versioni che nulla tolgono alla 'poesia' di cui sono impregnate le sue parole. Ci resta la sua grande attualità, e il suo essere poeta nel modo in cui ‘le parole’ avevano ancora un senso. Grazie Sergio!

L'intervista qui in parte riprodotta fu rilasciata personalmente all’autore di questo articolo precedentemente pubblicato nella rivista "Super Sound" nel lontano (?), mi scuso ma l’anno non lo ricordo.


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