FOGLIO EMPATICO N° 5
di Menotti Lerro
Il canone domestico
Mentre le polemiche sul Canone Occidentale stilato da Harold Bloom diversi anni or sono (correva l’anno 1994) non si sono ancora placate, in Italia assistiamo ad un’aberrante creazione di quello che si potrebbe definire Canone Domestico. Una forzatura di scelte editoriali che hanno determinato una confusione tale da non riuscirsi a capire quasi più nulla. Le antologie aggregate frettolosamente e con poco o nullo criterio metodologico, spesso proposte o affidate a critici di insignificante spessore e lieti e determinati di includere all’interno delle stesse la propria cerchia amicale, ha dato infatti corpo ad un preoccupante disorientamento generale. Lo stesso sembra avvenire per la pubblicazione in volume dei poeti nazionali: non si segue una vera linea meritocratica, ma al contrario, il merito sembra essere la prima cosa da eliminare e combattere nelle scelte editoriali che poco vengono vegliate dagli editori, specie da quelli grandi (mentre spesso i medio-piccoli pubblicano di tutto a pagamento) poiché sanno che ormai anche il senso critico generale è praticamente morto e dunque tutto può passare tranquillamente “inosservato” (è questo uno dei malintesi che ha creato la pur giusta e inevitabile affermazione del verso libero…). Gli editori preferiscono tenersi stretto il guru che compie le scelte permettendogli di agire nel modo che ritiene opportuno, anche se determina spesso selezioni dovute a simpatie umane più che altro, sebbene, era inevitabile, queste pratiche hanno finito in verità per annoiare il lettore, stanco di ritrovarsi sugli scaffali delle librerie testi orrendi di poesia e finendo per non cercare più la stessa tra i “Nuovi Poeti”. Si spiega così il fatto che ormai nei punti vendita si trovano solo libri del “Grande Canone” del passato: da Dante a Carducci, da Leopardi a Pascoli, da Pavese a Pasolini e poco altro sul versante italico.
Ma davvero la nostra nazione non è più capace di proporre veri Poeti? La prima impressione sembrerebbe quella, mentre approfondendo la questione scopriamo che c’è stato un vero e proprio olocausto letterario che perdura ormai da cinquant’anni o forse più.
A farla da padrone è la corruzione e la scaltrezza che hanno portato all’annullamento della vera poesia e del circuito fiduciario necessario per la stessa affinché possa emergere. Tutto ciò, ad esempio, non avviene in Paesi più sviluppati come l’Inghilterra che ancora sembra credere nell’importanza del poeta e della poesia e che pertanto segue processi molto più logici, raffinati e meritocratici per scegliersi i propri nuovi rappresentanti contemporanei. Lo svilimento nostrano è invece lo stesso che ha portato le Università ad essere piene di studiosi mediocri e arrabbiati con il mondo, tronfi del proprio potere finalmente raggiunto e pronti per chiudere le porte ad ogni sibilo di talento che dovesse passare da quelle parti.
Il Canone Domestico, l’insieme di opere che definiscono e hanno fondato la letteratura italiana dell’ultimo mezzo secolo (direi a partire dai poeti nati intorno al 1970 in poi), è dunque stato “ben congegnato” e certamente avallato da un sistema putrido dalle fondamenta nel quale a farne le spese sono al solito i pochi autori e studiosi che non amano scendere nel fango per imporsi, capendone anche l’improbabile, se non impossibile, esito favorevole della battaglia.
So che Harold Bloom si sentì molto amareggiato in vita nel subire una serie di attacchi, spesso scomposti, per delle sue scelte “antologiche” (certo Petrarca e Boccaccio avrebbe dovuto includerli…), ma oggi il suo “peccato” appare quasi veniale di fronte a ciò che avviene nel nostro eterno, morente Bel Paese. Gli italiani, e non solo, hanno riso del pur sempre geniale e autorevolissimo Canone Occidentale di Bloom, mentre al contempo costruivano il proprio miserevole e scriteriato Canone Domestico.
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