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Francesco Marotta - e/o l’arte della negazione. In “Polvere”

Argomento: Letteratura

di Giorgio Mancinelli
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Pubblicato il 24/01/2025 01:22:46

Francesco Marotta … prolegomeni di un discorso poetico alternativo e/o l’arte della negazione. In “Polvere” - Anterem 2024

Se Arturo Bandini, alias Jhon Fante (*), non si fosse messo in testa di diventare uno scrittore di successo probabilmente non staremmo qui a fasciarci la testa, tuttavia almeno lui infine ce l’ha fatta quando forse non gliene importava più niente, perché in fondo quello cui aspirava era di scrivere in maniera ‘asciutta’ quella che era la sua vita durante la grande depressione americana. Invero non tutti noi (che scriviamo) lo facciamo e/o lo pensiamo non senza ipocrisia.
Nei molti libri che arrivano sulla mia scrivania, anzi meglio dire sul mio comodino, non pochi sono quelli letti che finiscono nello scaffale a prendere ‘polvere’ perché di nessun rilievo letterario, e che in altro modo definiremmo …

“grafie di voci / che si consolano / nel nero della traccia / crosta / di fuoco e fumo / che arde e / slontana / nel silenzio del sangue”.

Per non dire di quei libri spacciati come ‘sillogi poetiche’ sebbene è pur vero che poeti ci si sente non lo si è, immemori del tempo in cui s’incoronava d’alloro la testa del candidato in aggiunta a un titolo onorario che oggi non avrebbe più senso, per lo più …

“ d’occhi segnati / dal vento fossile / del sonno, insonnia / in-evitabile, coaguli / di nebbie”.

Tantomeno assisteremmo al moltiplicarsi di pubblicazioni pseudo-letterarie trafugate da correnti non proprio innovative afferenti a un certo “teatro futurista”, relegabili a: ‘materiali di ricerca’, ‘prove scrittorie’, ‘idee per un discorso poetico’ da soddisfare velleità artistiche non esperienziali …

“(le mani consumate / si industriano / a fondo / nel gioco, tentano /devozioni / d’alba, temporali / di grida …)”.

Quel che invero si tratta di ‘pot-pourri’ da spot pubblicitari quando commerciano senso; ancor più rispondenti a grafie-fumettistiche inviate da telefonini portatili ad altrettanti cellulari, quando sono raccolte da chi parla senza stare a sentire … “(nel movimento / che è misera sorte / di preda / senza scampo “strappate a morsi all’aria)”.
Quel che spesso accade è d’inciampare nella ‘mise en scene’ di semplici ‘esercitazioni linguistiche’, ovviamente lontane dagli “Esercizi di stile” di Queneau, e che possiamo definire ‘stralci’ di un percorso poetico fine a se stesso, carente di emozioni, affrancato da sollecitazioni liberatorie, esegesi di discorsi interpretativi ad uso e consumo del singolo proiettato sulla scena di un auditorium che ignora l’uso di ‘tempi’ e ‘scansioni verbali’, di ‘presenze e/o assenze’, di ‘vuoti e/o pieni’, da colmare di parole mancanti …

“annaspando / graffiando (graffio, graffia, / cumuli) / … / un segnale di resa in colonna / un flusso, un fuso / arrotato di furia”.

Altresì, che vanno oltre la singola connessione pensiero-messaggio del singolo che si guarda i piedi, per rivolgersi invece a un pubblico più vasto, diciamo ‘di testa’, che guarda oltre, come di…

“lampo che cova / fortuite / eresie di luce / l’in-contro / in-prevedibile / nel breve segno / di una comune”.

Concesso che la coerenza con l’asset poetico del momento sia quello riportato da Francesco Marotta, da me relativamente compreso forse a causa di una mia connessione deficitaria con l’attualità, ma non trovo che la ‘negazione’ di qualcosa (in questo caso l’evento poetico), possa lontanamente paragonarsi al decostruzionismo derridiano e/o lacaniano che si voglia, inquanto non si dà seguito ad alcun prevedibile ‘costruzionismo’ o ‘ri-costruzionismo’ successivo, non meglio identificato …

“dal nome / che dice fango / il luogo / e il bisogno / … / di canti scompigliati / di confessioni / estorte, di / un senso che brama / intatto / il volo”.

Quanto viene ‘negato’ non è cenere di un discorso oggettivo di possibile rinascita; ciò ch’è ‘polvere’ è seccura di un deserto di terra bruciata, senza speranza alcuna di restituire linfa a nuovi germogli di vita come appunto individua l’autore: “è lessico che fa notte”, e solo perché carente di empatia verso l’altrove, privo d’amore verso l’altrui totalmente e/o volutamente disconosciuto …

“quando il filo / fa spire dei ricordi / e annoda / acque di nessuna / fonte”.

A prestargli credito Giuseppe Marotta non parla al futuro senza relazionarsi al passato, che in “Nottetempo” pure avalla una incontestabile quanto indicibile verità…

“è così che accadono i giorni / provando gesti senza mani / tenendo stretto (a sé) il tempo / / in fermagli di salute / strappando materia inerte / agli occhi, quel fineluce / che la morte somiglia”.

Davvero dobbiamo aspettarci che ‘AI’ risolva il dilemma col trasformarci tutti in robot senza sentimento alcuno e/o almeno qualche risentimento, qualche oggettiva emozione che … “dis-arma(i) / il lessico / che fa notte”? È davvero ciò che ci aspettiamo e che lasceremo in eredità alle prossime generazioni? Anche no grazie, lieto, (egoisticamente parlando) di non esserci, inquanto ciò che leggo …

“contrasta la bocca / lo spazio incolore / segnato di eccessi, di / di parole / che sciamano / visibili / … (di similitudini e / macerie) / il fiammante rituale / del distacco, il / ripetuto / riflesso dell’azzardo / … tutto dilegua / il tempo / spegne la grazia / della pena accolta” … “ma nell’ordito / un punto del giorno / talvolta / cede e / qualche suono - non altro / che un sibili / esita nel varco / tra luce e ombre, si scioglie / in domande / (di) non udibili / presenze”.

Quand’ecco Giuseppe Marotta assume l’assetto del poeta e mette in scena l’ “altrove” che, inquanto lettore mi aspettavo, onde …

“si spoglia avida / la polvere / possibile sosta / … / (l’oltre / si àncora di abbracci / di spoglie - / di spoglia avida / la polvere / possibile sosta / per trattenere terra / ai giorni”.

Dunque ‘polvere alla polvere’ senza avallo di speranza alcuna, lungi dal trovare forzatamente una spiegazione a tutto ciò che accade d’intorno: il diniego per questa società del potere che con una mano promette e con l’altra toglie, pronta a riprendersi tutto in un istante; che cieca si sbrana in guerre fratricide, in soprusi ingiustificati, in prepotenze inaccettabili, intenta a voler assoggettare e/o a cancellare etnie e genie antropiche dalla faccia della terra …

“terra illeggibile / di faticosi / addii, di sorti segnate / dal principio, soglie / e volti / viaggiando di sguardo / in sguardo / tra cumuli di fughe / e miserie…”.
Quel che altresì … “aggiunge terra / agli occhi - la voce / perduta / pastura di radici / sconosciute, in / conoscibili / tutta la pietà / del mondo / racchiusa in un rito / di materia attesa / in un canto / immaginale / fatto corpo / altare / di ogni vita / trascorsa / da venire”.

Acciò, ricorda John Fante di “Chiedi alla polvere”, incombe lo spettro della povertà e le miserie del mondo, che pure sul finire, quando richiuso il libro, sembra aprirsi uno spiraglio di speranza … «Non tiratevi indietro di fronte a una nuova esperienza. Vivete la vita fino in fondo, prendetela di petto, non lasciatevi sfuggire nulla», cui mi sento di aggiungere, «perché la vita vale la pena d’essere vissuta, fino in fondo» …

Ciò che … “afferma (assente), ha senso) / ri-afferra la testa / opaca, del giorno, ri-afferma (inferma) / l’infanzia / del nome, contorce / (con-torce) / s’illumina a sprazzi / seconda (anche) il vento / che l’onda / (sa) / di aghi salmastri / feconda pensieri, a / vicenda / s’inarca / con-torsione di sillabe / al traino, nell’orma / del foglio (nell’ora) / (presente)”. (**)


L’autore.
Francesco Marotta (Ж), Laureato in Filosofia e in Lettere Moderne, insegna Storia e Filosofia e risiede in provincia di Milano. Ha tradotto Bachmann, Bolaño, Bonnefoy, Char, Celan, Jabès, Sachs, Bergeret …è presente in molte pubblicazioni, antologie e traduzioni di autori importanti. Tutta la sua produzione, edita e inedita, è reperibile in rete .

Note:
(*) John Fante, “Chiedi alla polvere” - Mondadori 1941.
(**) Tutti i corsivi sono di Francesco Marotta.
(Ж) Mi scuso con l’autore per aver omesso in parte la punteggiatura originale presente nel testo in ragione di una difficoltà grafica da riprodurre.


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