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Miglior Nemico...quando si dice, incoerenza.

Argomento: Psicologia

di Giorgio Mancinelli
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Pubblicato il 16/05/2025 18:14:54

Miglior Nemico...quando si dice, incoerenza.

“Cambiare idea (si può) è positivo, a patto che non diventi un abitudine”, scrive Diderot nei suoi diari, del resto è risaputo come ognuno di noi si costruisce fin da ragazzo una statua interiore e passa il resto della vita a demolirla, senza mai riuscirvi del tutto. Che avesse un complesso a dir poco esistenziale? Edgar Morin, filosofo della complessità, poneva un paradosso: “per comprendere la società complessa, bisogna saper comprendere i fenomeni in tutta la loro complessità”. Un cerchio tautologico senza uscite, che affascina per la sua complessità più che convincere. Infatti, è come affermare che per liberarsi di un qualche complesso bisogna prima riconoscerlo o, quantomeno cercarselo all'occorrenza, fabbricarselo al bisogno, altrimenti di che parliamo? Se il moderno e il contemporaneo sono pieni di complessità, si deve al fatto che è venuto a mancare il “punto essenziale” capace di accogliere le istanze che l’individuo si pone e che rivolge alla società tutta, dove le spiegazioni diventano possibili e plausibili. Per comprenderci, prendiamo il nostro 'door to door', come chiamo il mio dirimpettaio Mr. Burt. Che uomo assurdo!
Ah, proprio lei, aspettavo d’incontrarla per parlarle di una cosa che è appena accaduta e che riguarda tutti noi del condominio.
Tutti incluso me, spero? Sentiamo.
No, perché c’è l’inquilino del secondo piano che vuole farla da padrone e io non sono d’accordo ...
nessuno dovrebbe essere d'accordo.
Nemmeno io!?
Ascolto i suoi improperi solo per educazione, nient’altro.
In un’altra occasione mi ha bloccato sul portone di casa.
Buongiorno! Sa che aveva ragione lei! Io, su cosa? Sul fatto che le ho raccontato, la volta scorsa (una settimana prima). Deve sapere che quel signore (chi?), si è preso uno spavento tale che ha rinunciato (a che cosa?).
Poverino – dico.
Ma no, che ha capito? Non ho detto che è morto di spavento.
No, certo, allora?
Aveva ragione di prendersela con l’amministratore, anche se io non ero d’accordo.
E giù altri improperi sull’economo responsabile non so di che cosa.
Un mese dopo.
Guardi il caso (quale caso, il suo?), proprio ieri pensavo a lei (cos’è la rima di una canzone?), e oggi finalmente l’ho incontrata.
Immagino necessiti qualcosa, e infatti.
No, perché sa (giuro che non so niente anche perché non partecipo alle riunioni di condominio, di solito se ne occupa Ann), ci sarebbe da ripristinare la porta d’accesso dell’ex, aspetti non mi viene il nome, come si chiama?
Chi, io? George, mi chiami pure George.
Ma no lei, il posto.
Non sta parlando del galoppatoio o del campo di basket, spero?
Ma no lì, sopra il terrazzo, il posto dei cassoni dell’acqua, delle lavanderie tanto per capirci.
Tanto per capirci, non capisco, sul terrazzo, le lavanderie, i cassoni dell’acqua, di che parliamo, giuro di non essere mai salito sul terrazzo, non sapevo ci fosse una lavanderia, magari a gettoni, no?
Beh, comunque, devo dirle che aveva ragione lei a proposito di ristrutturare le stanze e farne delle cantine anche se io non ero d’accordo.
Dove sul terrazzo? E sì, sul terrazzo, e dov’altro se no?
Ma se si chiamano cantine dovrebbero stare nel sottoscala, semmai chiamiamole soffitte, non le pare?
Tre settimane dopo. Guarda, guarda chi ti vado a incontrare, ma è lei? No, perché sa, mi chiedevo se fosse lei oppure no?
Sono io, in persona.
No, perché vede Mr. George.
La vedo benissimo, mi dica.
Volevo dirle che lei dovrebbe venire qualche volta al condominio, perché è davvero molto convincente.
Io, ma quando mai, che in nessun caso mi sta a sentire qualcuno – penso, ma non lo dico. Purtroppo vede. No, perché l’amministratore è un farabutto della peggiore specie, e per altro è anche un disonesto, un tipo scorretto, quello che si dice un imbroglione.
Beh, se ha tutte queste buone qualità, non resta altro che cambiarlo!
È anche per questo che volevamo (plurale maiestatis) chiederle di prendersi lei questa responsabilità, anche se io non ero d’accordo.
Non so se esserne lusingato o lasciarmi prendere dalla disperata voglia di scappare via (per non picchiarlo). Tant’è che sono preso da uno scatto d’ira verso me stesso, senza precedenti. Ho sempre considerato l’ira una prerogativa signorile rispetto alla voglia di sbranarlo sull'istante e mi chiedo come cazzo faccio io a incutere negli altri certe capacità che non mi sogno neppure. Non capisco come dimostri tutta questa voglia di fare che non ho, questa completa disponibilità, del resto fasulla, verso gli altri che pensano di me come a un super-partes che risolve tutti i problemi, cui riferire le proprie preoccupazioni, rivolgere le proprie richieste, partecipare alle proprie aspirazioni. Giuro che con tutto questo io non c’entro assolutamente niente. Per di più ci sarebbero le mie frustrazioni, i miei bisogni impellenti di cui parlare, ma con chi?, che se non mi risolvo da me stesso rischio di perdere l’autocontrollo e prendermela con la prima persona che mi capita a tiro.
Spiacente Mr. Burt ma il mio tempo è davvero limitato, e..
No, perché, stia a sentire.
La sento, chiaro e bene. Come dire sono connesso, e lei?
In che senso?
Lasci stare.
Due mesi dopo. Oh, Mr. George, non immagina nemmeno quanto sia felice d’incontrarla. Nemmeno! – mi limito a ripetere.
Lo sa (non lo so!) che non se ne è più fatto niente (di che cosa?).
A sì, meglio così! Come, una volta che io ero d’accordo su tutto.
Su tutto cosa?
Ma sul fatto di cambiare l’amministratore. Non era lei che in un primo momento mi disse di non essere d’accordo?
Si, ma poi lei mi ha convinto che andava fatto.
Io? E certamente, dopo che aveva riconosciuto all’attuale amministratore certe qualità.
Io?
Mi dica Mr. Burt, le lascio un’ultima chance, o lei non mi rompe più i coglioni se non per cose veramente urgenti e necessarie, oppure si prepari per un lungo viaggio, perché sto per mandarla a cagare!
No, (come appunto inizierebbe Mr. Burt), ditemi se non lo chiudereste dentro i locali della lavanderia con la testa nella lavatrice condominiale? Oppure, se non lo fareste volare giù dal terrazzo aspettando di sentire il tonfo assordante che farebbe la sua carcassa in frantumi? Per quanto mi riguarda è già morto per mancanza di fiato, ucciso dalla sua incongruenza, costantemente in contraddizione con se stesso, come dire: “sconnesso” in modo incontrovertibile dall’illogicità della sua sostanza. Che non è solo mancanza di essenza, bensì discrepanza, assurdità, insensatezza, appunto incoerenza.
Del resto come già individuato da Albert Einstein: "Senza cambiare i nostri schemi mentali non saremo mai in grado di risolvere i problemi che abbiamo creato con tali schemi", e con noi stessi, non vi pare?





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