Per fortuna stava meglio. Si passò le mani tra i capelli, sistemò il cuscino e riprese a
guardare le luci che, provenendo dalla strada, balenavano per la stanza come in un caleidoscopio.
Si chiese come avesse fatto a essere così ingenua, si era fidata e quello era il risultato:
se l'era meritato! Ma anche questa volta ne era uscita indenne.
Tutto era iniziato a gennaio, quando uscendo di casa aveva salutato i nuovi inquilini
che avevano preso in affitto l'appartamento al quinto piano. I nuovi arrivati erano una
coppia di pensionati, lei magra, timida, con gli occhiali, lui con i capelli tinti di castano
chiaro, dalla camminata zoppicante. Si erano presentati con i nomi di battesimo, Luigi e
Maria, erano venuti ad abitare a Milano da un paese della Basilicata, non ricordava il
nome, per seguire i figli che avevano trovato lavoro in città. Erano più o meno coetanei di
Clara, anche lei era in pensione, ma preferiva continuare a dare una mano in ufficio, stare
a casa non le piaceva.
Clara era divorziata, senza figli, frequentava pochi amici, forse il suo carattere riservato
non aveva contribuito a creare rapporti duraturi, ma stava bene da sola. Nel tempo libero
leggeva, andava al cinema o a fare acquisti, passava l'estate al mare.
Viveva in modo sobrio, ma i risparmi di decenni di lavoro le permettevano una vita
agiata, era proprietaria dell'appartamento in cui abitava e di una villetta a schiera sul lago.
L'unica parente era una sorella che si era sposata con un tedesco conosciuto in vacanza a
Rimini e si era trasferita da quasi quarant'anni in Germania.
Una sera aveva sentito suonare alla porta: era la nuova inquilina che le chiedeva consigli
per una parrucchiera in zona, doveva tingere e tagliare i capelli e non si fidava ad andare
a caso. Clara la fece accomodare, scusandosi per il disordine, Maria entrò timidamente,
si guardò attorno e lodò l'ampio salone e la vista che si ammirava dall'ultimo piano.
Clara le offrì il caffè e chiacchierò volentieri, sorpresa dalla facilità con cui riusciva a
comunicare con Maria.
Dopo qualche giorno, sentì il campanello ed era nuovamente la vicina, venuta a farle
vedere la nuova acconciatura: per ringraziarla del consiglio aveva portato dei biscotti fatti
in casa. Clara era da tanto che non riceveva un regalo, quasi si commosse.
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ebook della Gara letteraria stagionale di Autunno 2020
Maria le raccontò di essere una brava cuoca, le piaceva cucinare però negli ultimi tempi
sbagliava le dosi, prima la famiglia era numerosa e adesso cucinando per due persone,
avanzava sempre qualcosa. Da un formale lei erano passate al tu. La settimana successiva,
all'ora di cena, Clara sentì dei passi furtivi sul pianerottolo, guardò attraverso lo
spioncino e vide Maria. Senza aprire la porta le domandò con voce spaventata cosa volesse
a quell'ora e sentì la vicina rispondere velocemente: — Hai già cenato? Ti ho portato
una cosa che ho fatto io, l'ho appena tirata fuori dal forno.
Quando Clara aprì la porta, Maria le porse un piatto coperto che emanava un invitante
profumo di ragù: era una porzione di lasagne, il piatto era molto caldo, Clara lo andò a
posare in cucina e quando tornò in ingresso Maria se n'era già andata.
La stessa scena si ripeté diverse volte a ora di cena, Clara era sorpresa di sé stessa, stava
cominciando ad abituarsi alla compagnia, alle chiacchiere inconsistenti, alle visite a
sorpresa. Fece spallucce: — Si vede che sto invecchiando. — concluse.
Un sabato, Maria le chiese se poteva accompagnarla al supermercato, visto che Luigi
era impegnato: Clara era libera come al solito e nelle settimane successive seguirono altre
uscite. La nuova amica sembrava impreparata ad affrontare la vita, non aveva la patente,
ogni novità la rendeva titubante e preoccupata. Clara cominciò a dispensare consigli, le
mostrò come usare la carta di credito e il bancomat, suggerendole di rivolgersi alla filiale
della sua banca.
Una sera le girava la testa e si era sdraiata sul divano: aveva faticato a raggiungere la
porta quando il campanello aveva suonato. Oltre la porta c'era Maria con una porzione di
arrosto.
— Come sei pallida, cos'hai?
— Non mi reggo in piedi, sarà l'influenza. Scusa ma l'odore di cibo mi dà fastidio, entra
pure in casa, io vado a sdraiarmi.
— Non preoccuparti, vado a mettere il piatto in frigorifero, quando ti senti meglio lo
mangi.
Clara non ricordava di essersi addormentata, ma quando si era svegliata sul divano in
piena notte, aveva visto Maria seduta su una sedia che la osservava: — Ti sei fermata, che
cara, non dovevi… — Aveva bevuto la tazza che Maria le porgeva e si era fatta accompagnare
a letto.
Con alti e bassi la debolezza non era più andata via, Clara si sentiva insicura e si era
affidata alla coppia per le attività di ogni giorno, all'inizio si faceva accompagnare al lavoro
da Luigi, ma poi aveva rinunciato e stava in casa, accudita in tutto e per tutto da
questi amici così premurosi.
Non si ricordava quando aveva cominciato a farsi strada il dubbio: forse aveva sentito
accennare a qualcosa di sospetto, oppure era stato un brusco cambio di tono o di argomento.
Qualcosa non tornava: dormiva moltissimo, non ricordava di aver visto un medi-
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co. Non trovava più il cellulare, lo chiese a Maria: — Suonava, hai cercato di rispondere
e hai rovesciato il bicchiere, l'ho preso io, eccolo. — il telefono non funzionava, era fuori
uso a causa dell'acqua.
Nelle poche ore di veglia l'ansia la assaliva, doveva parlare con sua sorella. Un giorno,
non sapeva più da quanto fosse a letto, provò ad alzarsi ma le gambe non l'avevano sorretta,
Luigi era subito intervenuto a rimetterla sdraiata.
Clara aveva paura, era in balia della coppia, doveva far qualcosa.
Dopo numerosi tentativi andati a vuoto era riuscita ad arrivare fino al telefono fisso e
fare il numero della sorella: una voce femminile aveva risposto subito, lei si era messa a
piangere e aveva chiesto aiuto.
Il giorno dopo era arrivata Rachele, una giovane infermiera, accompagnata da un medico
che l'aveva visitata a fondo. Maria e Luigi erano scomparsi, gli incubi erano diminuiti,
erano più lunghi i periodi di veglia. L'infermiera le aveva detto che probabilmente
era stata intossicata, il suo malessere così improvviso e persistente era sospetto.
Rachele le aveva promesso che l'avrebbe accompagnata alla polizia non appena avesse
ripreso le forze. Intanto per curarsi aveva bisogno di medicine costose: Clara aveva dato a
Rachele il bancomat per andare in farmacia.
Per fortuna adesso stava meglio. Si guardò intorno, leggere era troppo stancante,
avrebbe acceso la televisione. Era sola, l'infermiera era uscita da poco. Strano che sua sorella
non l'avesse più richiamata per sapere come stava… vide sul tavolino vicino alla
porta un cellulare, doveva averlo dimenticato Rachele. Con molta fatica si mise in piedi e
appoggiandosi al tavolo e alla libreria arrivò fino al telefono.
Lo prese e digitò il numero della sorella: sentì la voce di suo cognato Markus, che parlava
un italiano stentato.
— Clara, da quanto tempo! Tu non rispondere al telefono, noi preoccupati, come stai?
— Sto migliorando, grazie per avermi mandato l'infermiera.
— Infermiera? Noi mandato? Tu malata? Cosa stai dicendo?
Clara rimase impietrita, nel frattempo il cellulare aveva vibrato, era arrivato un messaggio
WhatsApp.
Mentre sentiva suo cognato ripetere "Clara, Clara, rispondi…" guardò lo schermo:
"vuotato il conto?" diceva il messaggio. Arrivava da Mami che aveva la faccia sorridente
e senza occhiali di Maria.
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