III
Incontro di Susanna e Pietro nell’antibagno.
Sofferenza inaudita di Giacomo
Il giorno seguente sedetti al mio consueto lavoro di catalogazione dei libri e delle riviste con la piacevole sensazione di chi fa un lavoro modesto e tuttavia si sente importante perché fuori da quel luogo ricopre un ruolo di prestigio. Immaginiamo il sindacalista che durante la giornata non fa altro che stringere bulloni e pensa alla riunione che deve tenere alla sera dove parlerà della situazione dei lavoratori del meridione, del profitto e dell’organizzazione del lavoro e non so di che altro. I miei bulloni erano fatti di titoli e di cifre, numeri di scafali, di sezioni e così via. Però il pensiero di essere stato prescelto da Susanna per la sua gita al mare gonfiava enormemente il mio ego. Immaginavo quanto ciascuno dei miei colleghi avrebbe desiderato essere al mio posto, magari quelli più anziani che svolgevano un compito più nobile e mi guardavano dall’alto in basso, a volte rivolgendomi la parola come fossi il loro ragazzo di bottega.
Ero dispiaciuto per Guido; lui avrebbe davvero dato qualsiasi cosa per accompagnare Susanna. In sua presenza bruciava come uno zolfanello e bastava un sorriso di lei perché i suoi occhi divenissero languidi e dolciastri. Non avrei mai creduto che potesse esistere un amore così grande.
Accadde quel giorno, intorno alle dodici, che giungesse Pietro col suo consueto incedere da grande felino. ma il suo aspetto non era quello del giovane florido, come lo avevo conosciuto qualche settimana prima. sebbene il portamento non fosse cambiato, aveva un viso alquanto emaciato e gli occhi retratti dentro le orbite viola.
Sorrideva e salutava ognuno di noi cameratescamente. Ciò mi infastidì vedendo dietro quel modo di fare un’ironia che invece probabilmente non c’era. Si appartarono, lui e Susanna, nell’antibagno. Li sentivo confabulare, a volte con toni molto alti. Da quello che potevo capire, Pietro tentava di zittire Susanna e lei invece alzava i toni, incurante che altri potesse sentire. Non distinguevo le parole e perciò non saprei riferire il contenuto di quel dialogo che terminò, a mio parere, con un abbraccio, perché Susanna tornò al suo posto di lavoro asciugandosi qualche lacrima e il rossetto disfatto sulle labbra.
Quando Pietro andò via, Guido venne a domandarmi cosa fosse accaduto.
“Non so” risposi “Erano nel bagno e non ho sentito nulla. Forse hanno ripreso a frequentarsi, ma non ne sarei certo”
Guido era fuori di sé. Accartocciò i fogli che teneva in mano e scosse il capo.
“Quello è un avventuriero, un delinquente. Non capisco come a Susanna possa piacere. Si può essere più irresponsabili”
Queste parole gli uscirono dalla fessure delle labbra che teneva strette nell’angoscia. Gli proposi di andare a bere un caffè dalla macchinetta che si trovava nell’antibagno,
dove entrammo con la stessa riverenza con cui si entra in chiesa. Fui allora sul punto di parlare a Guido del mio viaggio con Susanna, ma mi mancò il coraggio.
Bevemmo il caffè, parlai di altro: era in progetto un’escursione nella campagna circostante per visitare un sito archeologico. Ne avevamo parlato alcuni giorni prima, ma Guido in quel momento era per niente interessato all’argomento. Era evidente che non aveva voglia di parlare, così rispettai il suo silenzio.
Se quel giorno, come dissi, avevo una piacevole sensazione d’importanza, il giorno dopo ero dispiaciuto per Guido e mi proponevo di domandare a Susanna come mai non si fosse rivolta a lui, considerato che erano amici da parecchio tempo. Da parte mia, provavo per Susanna un’ammirazione che nasceva dalla sfera sessuale, come ogni maschio che ammira una donna bella, ma nulla di più. Non mi interessava approfondire un’amicizia che non avrebbe portato nulla di buono. Proprio questa capacità di restare indifferente alle attrattive di Susanna completava l’immagine piacevole che in quei giorni andavo componendo di me stesso.
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