Era una di quelle mattine estive a Milano in cui il sole picchiava forte già dalle prime ore del giorno, e l’asfalto cominciava a sciogliersi come mozzarella sulla pizza. Due amici, Arturo e Bruno, decisero di sfidarsi in una gara di biciclette attraverso la città, dal Duomo fino a Porta Venezia. Ma non era una gara qualsiasi: il percorso doveva attraversare il caos del traffico milanese all’ora di punta.
Arturo, orgoglioso possessore di una bicicletta ultramoderna, con cambio Shimano e ruote in fibra di carbonio, si sentiva già vincitore. Bruno, invece, aveva un vecchio catorcio arrugginito, con una campanella che suonava a ogni buca e una sella che cigolava come una vecchia porta. Ma Bruno era un maestro dell’arte di arrangiarsi, uno di quelli che preferivano evitare il codice della strada come se fosse un libro di storia noioso.
“Sei pronto a perdere, Bruno?” disse Arturo con un sorriso sornione, appoggiato alla sua bicicletta luccicante come un’astronave.
“Ah, ma certo, Arturo! Non vedo l’ora di ammirare il tuo sudore mentre mi rincorri,” ribatté Bruno, con quella sua solita aria da noncurante.
La partenza avvenne sotto la Madonnina, con turisti e piccioni che assistevano, inconsapevoli del grande evento in corso. Al “via!” improvvisato da un passante, Arturo partì come un razzo, piegato sulla bicicletta, sfrecciando tra i tram e i taxi. Bruno, invece, prese un’altra via, scivolando giù per una scalinata con un balzo acrobatico e uscendo in un vicolo che portava dritto a Corso Vittorio Emanuele.
Arturo, concentrato sulla sua velocità, non si accorse che Bruno stava tagliando ogni curva possibile, imboccando vicoli strettissimi e zigzagando tra i tavolini dei bar. Ad un certo punto, Arturo si trovò imbottigliato in mezzo al traffico di Piazza San Babila, bloccato dietro un autobus pieno di turisti.
Intanto, Bruno faceva slalom tra i pedoni in via della Spiga, con la sua campanella che suonava all’impazzata, facendo girare tutti. “Attenti, professionista in arrivo!” urlava, divertito dal caos che creava.
Arturo finalmente riuscì a liberarsi dall’ingorgo, lanciandosi a tutta velocità in Corso Buenos Aires, sicuro di aver recuperato. “Ora lo recupero,” pensò, mentre si faceva largo tra i motorini che passavano con disinvoltura da una corsia all’altra. Ma non aveva fatto i conti con la creatività di Bruno.
Bruno, infatti, aveva deciso di attraversare il Parco Indro Montanelli, scavalcando una panchina e superando un paio di anziani che stavano facendo tai chi. “Scusate, signori, il dovere chiama!” gridò mentre sfrecciava via.
Arturo, ignaro del percorso alternativo di Bruno, raggiunse finalmente Porta Venezia, certo di essere in vantaggio. Ma appena girò l’angolo, ecco che vide Bruno seduto sul marciapiede, con un gelato in mano e un sorriso beffardo.
“Come… come hai fatto?” balbettò Arturo, ansimando e con la maglietta ormai completamente inzuppata.
“Strategia, caro amico, strategia,” rispose Bruno, facendo tintinnare la campanella del suo catorcio arrugginito. “E un po’ di fortuna. Ma ora che sei qui, ti consiglio il gusto pistacchio: è fenomenale!”
Arturo scoppiò a ridere, rendendosi conto che la vera vittoria era stata divertirsi come non facevano da anni. E così, mentre il sole continuava a scaldare le strade di Milano, i due amici si sedettero insieme, mangiando gelato e ridendo delle loro follie in bicicletta.
N.d.A.: Nomi e fatti sono frutto di fantasia, ogni riferimento, è puramente casuale.
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