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L’essenza della tradizione

di Rita Mura
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Pubblicato il 10/11/2024 14:11:37

Mezzanotte racchiudeva nella sua intimità notturna un momento magico e silenzioso. Erano passati anni dall’arrivo in quei magici luoghi ed ancora lo sguardo rimaneva incantato da un’immagine inusuale e romantica. Il sole sembrava non voler abbandonare la notte e rivolto verso l’orizzonte, donava nel suo capolino, l’osservazione silenziosa del riposo, rispecchiava una luce di affetto e compagnia, una piccola lanterna nelle ore notturne legate alla rigenerazione fisica e mentale.

Un’atmosfera virante su colori tenui imprigionava l’incontrastato rumore costante dell’ondeggiare del mare. Spargeva le sue forze su quei faraglioni posti dinanzi allo sguardo soffermato in pensieri assorti. L’infrangersi schiumoso ricreava nel silenzio ascolto, un lamento sordo che poneva il suo grido verso quel paesaggio suggellato.

Ritornava alla mente la terra natia, i racconti dell’infanzia e della speranza racchiusa in quel sogno, nella guida propizia e via da seguire. Quest’ambiente racchiudeva molto di quelle credenze. La luce riaffiorava nel buio profondo, creando un legame forte tra natura e spirito. Ascoltare rimaneva la meditazione propizia ad una rinascita.

Era arrivato novembre e come ogni anno Antioca era pronta al suo rientro a casa. La famiglia di umili origini era pronta a porre ciò che generazioni avevano sempre insegnato al lavoro e alla vita. I campi pronti alla semina del grano attendevano solo il suo rientro. Questo mese era sempre atteso, le ceste con semi di grano e cotone posizionate ai piedi della cappella di Cristo e adornate di fiori colti nei giardini rigogliosi, mostravano i primi segni di rinascita e annuncio della nuova primavera.

Antioca amava essere presente in questo momento e ammirare quella speranza vissuta nel racchiuso chicco di grano virante al primo germoglio atteso. Il buio custode della conservazione attendeva la luce propizia che avrebbe preannunciato l’inizio di una nuova vita.

La Sardegna era considerata terra fragile ed arida ma aveva nella sua perseveranza e forza, posto delle basi solide per la piantagione del grano. L’unione e la simbiosi con la terra e il divino aveva sempre seguito la stagionalità delle colture e degli allevamenti con le loro transumanze, un patto di rispetto e reciprocità ricreata in quella durezza e arcaicità che delineava caratteri suggellati.

L’arrivo coglieva i profumi tipici di quel periodo e dei campi adornati di quel manto viola in fiore. Lo zafferano divenuto col tempo ricchezza regnava spontaneo e la sua fragranza e colore erano luce per le colline adorne. Ai lati delle frazioni di terra, coglieva lo sguardo il mirto che raggiante dei suoi chicchi maturi e neri, infondeva un profumo nel suo sempreverde presente. Era casa e tutto celava familiarità e colore.  

La famiglia nell’uscio poneva un sorriso all’avanzare di Antioca, le loro vesti sapevano già di festa, tutti erano pronti per la cerimonia presso la chiesetta poco distante. Il costume era tradizione e così aiutata si diede inizio a quel frangente caro e solenne. Si avvertiva qualcosa di diverso nell’aria, tutti erano emozionati e così felici. Le era mancata quell’unione, quella semplicità e soprattutto quell’essere casa e in tradizione.

Arrivati alla piazzetta della chiesa un complessino suonava i canti solenni e un’armonica cadenzava un suono tra l’antico e il moderno. La modernità aveva portato un po’ di freschezza musicale e si avvertiva un’uniformità tra il passato e il presente, un’unione generazionale. Antioca era attesa nella sua bellezza, il gruppo di ballo di cui era fiera, era una parte importante per incorniciare la giornata. La cerimonia del grano aveva inizio e così in quel ballo tondo, veniva mostrata la circolarità di un mondo che chiude e apre nel suo buio la speranza e la luce, nel circolare moto orario e antiorario cadenzante il tempo nel salire e scendere ritmato ed ipnotico tra spiritualità e credenza nella cornice naturale di un respiro incontaminato.

 


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