Esistono isole che mantengono nella loro storia, vissuti e atmosfere di straordinaria bellezza e inverosimile cangiante forma. Il vento con sua forza sferzava coste e rocce, risuonava impetuoso tra mari e monti, diruppi e scarpate, smuovendo e scolpendo storie d’invincibile ripresa e cambiamento. Il mare, scosso nel suo agitato ondeggiare, sospinto in burrasca e scagliato con sferzante violenza nelle scogliere sovrastanti, esprimeva nella sua schiuma biancastra ricreata, particelle di salsedine pullulante di vita che evaporava con la sua essenza l’aria circostante.
In quella parte di mondo si rispecchiavano occhi rivolti verso un infinito mare d’azzurro che coglievano custodi, tramonti d’inverosimile bellezza, regalati ad una natura, baciata da un sole calante nella sua rossa espressione d’impatto e di emozione. Quei custodi, rivolti a quelle coste, regalate al suo regale impero, erano sculture naturali che intramontabili mostravano l’epoca passata di ricordi e valori. Erano li, quasi ai due opposti dell’isola e mostravano nella loro impotenza una bellezza intramontabile e forgiata, quell’aria protettiva che soffiava silente nel circostante spazio. Erano la roccia dell’orso, temuto e maestoso, simbolo di forza, potenza e unione tra cielo e terra e la roccia dell’elefante simbolo di intelligenza, protezione e senso sacro. Due ponti creati naturalmente dal vento penetrato e curato nell’istante in quelle coste dove era solita recarsi nelle sue quotidiane letture Marianna.
Assorta nei suoi libri, varcava il suo pensiero verso mondi estranei al volgere di quel tempo che risuonava armonioso quasi avido di quelle letture che sfogliava e rigirava in un richiamo ostacolato alla serena distesa di un foglio insensibile al riposo voluto. Infastidita, distolse lo sguardo richiudendo quella lettura oramai stropicciata e virando quello sguardo verso quella corrente interminabile che scompigliava i capelli rubati a quel vento, nell’attimo riposto di pausa.
Il cammino verso casa sembrava quasi sospinto da quella corrente che spingeva il suo percorso in un aiuto ricreato quasi naturale. Aveva disperso le sue ispirazioni che erano state avvertite e consigliate in quei sogni che varcavano l’irreale per un reale non possibile e concreto per essere vero. Cercando risposte aveva solcato più volte quei sentieri così tortuosi e indolenti dal capire, aveva ricercato nei libri quelle risposte che non ponevano fine al suo eterno dilemma. Non poteva riporre da parte ciò che aveva nascosto e scovato, non poteva allarmare e suscitare timori tra le sue genti. La pergamena ritrovata ricreava dubbi sul suo autentico valore.
Quel foglio aveva qualcosa di così mistico che le ricordava alcune pergamene donate da amici provenienti dall’oriente, quei segni e quelle colorazioni donavano una visione antica ed arcaica ma incomprensibile per le sue conoscenze. Capì col tempo che il suo studio non avrebbe portato ad una risoluzione del dilemma, doveva trovare qualcuno disposto ad ascoltarla e chiarire i suoi dubbi. Decise di recarsi nell’entroterra dell’isola, sapeva che esisteva un saggio che viveva isolato nelle foreste a ridosso di un massiccio intagliato in una caverna scavata nella montagna.
Dopo due lunghi giorni di cammino arrivò in cima al monte granitico indicato dai racconti paesani posto su un ruscello racchiuso nel suo verde intenso che ricreava nella sua cascata poco distante una tenda adagiata alla scoscesa altura. Sormontata dietro un enorme masso oramai vischioso dal suo manto intatto e mai riscoperto, giaceva una piccola insenatura che ricreava un arco incavato in quell’oasi. Marianna decise di richiamare l’attenzione per ritrovare l’uomo:
‘C’è qualcuno? Vengo da lontano per avere delle risposte.’ La sua voce risuonava e cadeva debole soppiantata dal rumore di quell’acqua che discendeva interminabile.
Stanca si sedette nella riva ammirando e attendendo in quello splendore che donava riparo e protezione alla sua mente. Riprovò con voce assorta e poco decisa:
‘Sono Marianna …c’è qualcuno?’ Anche questa volta il suo richiamo sembrava inerme e quasi privo di suono.
Decise di prendere la pergamena per ricontrollarla. La prese in mano, la distese nel suo ripiegato foglio e si pose in direzione della luce. Si alzò improvvisamente un flebile alito di vento che riportò su quel foglio delle gocce d’acqua salmastra. Il foglio risvegliato da quell’interminabile tempo, mutò nell’aspetto, donando a quei simboli riportati, un chiarore che volteggiò nell’aria creando un cerchio concentrico. Una scritta apparve impressa nell’aria sovrastante.
Marianna non riusciva a credere ai suoi occhi, non capiva se il tutto fosse reale o fonte di un sogno. Una voce si ridestò dalla montagna e iniziò a leggere quelle frasi:
‘Qui rivivono i custodi dell’isola che immortalati nella pietra forgiano i caratteri protettivi della natura. Noi custodi riponiamo in voi il valore della vita e il cerchio inviolabile dell’universo’
Marianna non capiva. Cosa voleva dire tutto ciò?
Quella voce divenne più vicina e dalla piccola insenatura uscì un vecchio con una barba incolta che andando verso di lei le porse la mano. ‘Poni quella pergamena nell’acqua e respira’.
Marianna oramai in preda all’indecisione seguì quelle parole e adagiò la pergamena. Disciolta nell’acqua apparve l’immagine di una donna incastonata o impersonata in un albero che con una grossa chioma e una forma ricurva, allungava le sue mani che ramificavano e ricreavano la natura circostante. L’uomo si girò verso di lei e disse:
‘Non avere paura. Osserva la velocità della mutazione, osserva il creare e il perdere, respira l’aria e la distruzione, la mezza luna è lo spicchio della creazione dell’universo che dall’alto osserva e dona nel suo passaggio del tempo. Tutto viene creato per una memoria e nella memoria lasciato come un passaggio che deve destare e ricordare. In quel mostrare, colsero la sua attenzione quelle rocce care alla vista e compagnia quotidiana che mostravano in quel tempo veloce il loro crearsi e mutare sospinte da quegli agenti atmosferici violenti e mordaci.’
Marianna ascoltava ma non capiva.
‘Non sforzarti di capire. Esistono dei custodi che rivivono la storia che muta e ritorna. Quella roccia scalfita e scolpita, costruita e mutata rappresenta il tempo. La presenza del lascito è su di noi che creiamo una traccia del nostro vivere, un segno inviolabile che muterà quel futuro che forgiamo nel presente.’
Marianna aveva finalmente capito. Voltò le spalle e alzò lo sguardo verso quelle lacrime che ricadevano forti sul suo viso e riflettevano in quel cielo raffermo e scolpito, la mezza luna che attendeva solo il suo cammino rispettoso in quella natura ricevuta e aperta per essere trasmessa.
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