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Il Senso Di Un Canto Di Aprile

di Domenico De Ferraro
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Pubblicato il 17/04/2019 17:14:31

IL SENSO DI UN CANTO D’APRILE

 

 

 

La fiamma che arde imperitura d’ amori sacri ha  bruciato  il nostro corpo tra mille fiamme, dopo essersi elevato in un canto di aprile.  Ha stretto un patto con il cielo ,ha chiuso in se stesso il mistero d’ essere soli in quel lasso di tempo che corre per giorni uguali ad ieri  Ci ha lasciati con la bocca aperta con un  gusto di fragola ad assaporare,  nel  sogno di una giovinezza  perduta.

 

Le  profonde radici infuocate hanno reso il mio amore una pianta malsana cinta di foglie d alloro pendule nel vento primaverile , legata ad un percorrere strade semi deserte ove il villico si eleva alla vita delle cose circostanti.  Poiché  le fiamme dell’inferno hanno  reso possibile l’archetipo di  una prosa salace mista di rabbia d’ arguzia di azioni insane ,  misfatti infiniti  rei di aver compreso il nostro destino. Qui con il volto coperto di sangue , come cristo anche noi siamo figli del creato  e di un padre che abbiamo tanto amato fino a giungere a  da dare la vita per lui in quel ritaglio di tempo tra sacro e profano , tra  il fuoco e le acque che purificano il corpo.

 

Dove siete adesso meschini  miei  compagni di giochi grotteschi .  Persi  in giochi concentrici in amori lassi per forme ed ordini , che immemori mi spingono oltre ogni intendere la morte di questo tempo. Ed ordino è cerco di capire cosa sono in questo tempo che  mi spinge  verso oriente e son desto nel mio pensiero fino a  giunge ad essere un gabbiano che vola su d’un mare voltagabbana . Pochi son   provvisti  del senso  eterno  , frutto  ragioni  salaci di espressioni sincere quasi  meretrici  deste ,  spoglie lungo la via sacra  che percorriamo a sera nel far ritorno a casa . Ed un pensiero m’assale  mi prende per mano mi  conduce oltre ogni intendimento verso una fallace verità. Rincorriamo l’amore di un era ,  mentre il carro  legata ad un somaro  trascina seco ogni strumento,  ed ogni suono   sembra sincero  fatto di vento di acqua di sabbia , di fuoco che arde a riva. Ed ogni punto si congiunge per incanto in un canto che s’ode da costa a costa come un disperato  grido di dolore. Nell’eco di un tempo nelle parole amorfe  , dall’ali piegate che s’elevano  nel vago nella giostra di un dire , per modi di dire marcondirondirondello.

 

Dove vi siete nascoste oggi mie locuste , bipedi intendimenti , orge genitrici fonemi impertinenti , anime pie legate ad un dire che vaghi  per gironi danteschi , con teschi piegati sotto le ascelle. E son senza ali,  sono senza denari , ne denti per mangiare questo domani.  Ombre di un vivere errante per pochi vissuti per poche ore consumate come un ossesso dentro un cesso dentro una passione che brucia e ti rende inerme.  Forse crudele  è questo vivere come il tempo che lo ha generato e portato lontano oltre ogni intendimento in   questa città,  fatta di donne immacolate , fatta di neri e bianchi , di rossi e turchini di angeli e demoni . Poi lassi  dormire in rime metriche concise circoncise senza sapere perché si è soli perché siamo rimasti in disparte , senza dirci ciao,  senza dirci addio. Dove cade il mondo dove la banda suona la sua marcia in un  post mortem che  avvicina l’anima d’ognuno alla gioia di un vivere errante per troppi dubbi  e troppe bestemmie.

 

La luce danzerà facendo schioccare quella scintilla  fatata , quante domande quanti termini ed oltre andando prendono forma  la sorte l’amore bestiale vestito da sgualdrina  che incanta  e canta,  suona la chitarra. Che ridere siamo paghi del peccato,  siamo nati pochi  attimi fa  e già siam morti dentro un idea  tra le braccia di una giovane madre  tra  mani che  delicate  spingono questa macchina su e giù per sentieri cupi dove i demoni s’alzano in volo.  Dove la banda suona,  dove il signore annuncerà la fine di un gioco. E tutti verranno ed ascolteranno cosa avrà da dire il mago ed il bugiardo,  la signora con la pancia ed il signore senza cravatta. Tutti diranno d’aver compreso poi come un  fiume in piena le acque trascineranno giù a valle questo corpo deriso  in due dall’ardore , dalla forza mite della bellezza.

 

Oh ma io vi conosco  nella sera,  nella triste sorte che vela  il volto a questa vita che passa per sotto le mie finestre mi  spinge lontano  per strade senza nome per giorni ed ore cantando invano. Ogni ricordo  va con l’alito di un domani  nell’attimo che spinge questo cuore vagabondo,  dormiglione che si ubriaca di passioni , si ubriaca d’immagini   timide  come l’amore . Si  va per  i campi solitari  in  questa sorte che non ti  lascia mai  da soli non ti  lascia capire perché siamo qui ad amare un mondo , tormentato da tante passioni da tanti dubbi.  E mentre le rane saltano  negli stagni azzurri , la storia prosegue per idiomi fallaci. La voce  dell’uomo di colore ci  porterà dentro l’antro della sibilla e verranno Anchise ed Euripide accompagnati da Polifemo accecato dall’odio con in mano una pecora belante , cantante un blues  uno swing veloce che scende per la gola come una goccia sulle guance della fanciulla. E si vedrà  per l’averno la  pia morale stringere le mani intorno al collo alla sibilla,  pregare,  vestire,  dire non posso debbo partire andare a Roma a salvare  un amore malato che  faccia stare sereno il mio cuore.

 

Morbida come l’incavo nel terreno in cui è  giaciuta una pietra cosi la primavera mi avvolge,  mani e braccia , morbida liscia e fresca. E non conosco altro nome ed altro amore se non questa strada che mi condurrà  ad Itaca mi condurrà oltre ciò che credo per domicili  orribili. Senza tenere conto di chi sono  senza cigli tradito da tanti  amici  che  mi hanno  pugnalato  alle spalle e poi sepolto il mio cuore in  fossi e fessure , in  dilemmi  assenze effimere figure di merda. Odio il mio nome,  odio  il volto di chi ferisce  e dopo  spera che nella desta primavera rifiorisca il  verbo che genera un  sentimento  una nuova vita,  una nuova avventura . E la musica spinge su le scale un  vecchio dilemma ,  madre dolente in  cura che tarda a risolvere  l’inghippo di una frase, una sconsolata conclusione  che purulenta , sanguina,  acerba,  insensata falsa fatta di ingratitudine   di drammi  , fatta di  soldi,  di tanto ardore che fa scoppiare il cuore in mille pezzi . Ed in mille frantumi , questa vita sparsa  per l’aria e  sulla terra, mille frammenti  sono visibili ai raggi del sole,  sono la che attendono d’essere ricongiunti , mentre  il mondo continua  a girare su se stesso. E  dentro quella rima dentro quel dubbio di  ombre giocose fatte di molliche di pane , fatte di poveri  colori viscerali  forme avulse al termine precostituito a quella sorte nera che apra le gambe ti mostra cosa  sei , come sei giunto dentro di lei. E giri , rigiri la frittata,  volge  al termine cercato come fosse la morte , spoglia di altro ornamento. Ed il nome profuma di addì,  di amori mai colti mai pagati di coiti interrotti  come una fonte di acqua che scorre,  scorre dentro di te e ti trascina via.  Momenti  che ti porteranno oltre ogni termine  ed ogni principio  verso l’ essere in se stesso in quella terra ed in quella gentile dimora dove l’amore e padrone del suo destino.

 

Densa come l’odore della terra e questa poesia , questo corpo che si distende sopra un letto di spine fatto di sogni , di amori mai sopiti  in  conclusioni  figlie della tristezza , figlia  di una stanca  stagione,  di una vacca che sa volare  per cieli grigi che si tinge i capelli ed il crine ma che ridere,  che bello  che ebete esistenza ,  passata insieme a sognare là  nel bosco incantato,  dentro una palla di cristallo,  dentro questo cuore che non ha più nulla da dire. Densa è questa poesia ,  come l’odore della terra fresca , su una pietra che è rimasta adagiata a respirare l’umido della sera. Densa è la  poesia  come questa storia rincorsa oltre ogni dire  ed oltre ogni fare ,  respira come la terra ed il mare  respira di aria nuova , si veste di luce,  si veste di forme luminose,   nella bellezza di un mito che tarda a rinascere . Ed ogni cosa sembra sincera  nello scorrere  dei versi,  sembra una mano tesa nel vuoto , che t’afferra e ti trascina via con lei da quel dolore,  da questa  storia fiorita in silenzio.

 

 


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