Resistenti e carenti si erano visti prima,
perché i visti sopravvivono ai monitor
- almeno quanto le statue alle loro teste cadute.
Intanto, al fronte, i combattenti ricoverano
i proiettili con la loro impronta. Capisco
chi ha imposto le trincee a noi: somigliano
a quei ghirigori sul bloc-notes del telefono
quando già ti assilla la febbre da pieno.
Pieno? Sì: pieni scavati da corpi andati
a vuoto: ne ignori l’ultimo aspetto,
ma aspetti segni da te. E se i migratori
tardano, l’incubo volteggia nell’aria:
una poiana fila in città come nuda.
Sulla linea di fuoco tanti in grado
salgono i gradoni dalla vita in su: meglio
del grano è il giuramento di Ippocrate.
A difesa del loro volo, per dirla con il cuore,
non c’è soltanto un battito d’ali ma pure
la qualità della cera messa a disposizione.
Per i soli scomparsi la leva del ricordo
fa fulcro sul futuro. Poggeremo
con sollievo il dito sulla data
dell’anno corrente lungo il venturo;
tra l’uno e l’altro - come in un guado
flusso debole e il piede scandaglio -
si forma l’orma sulla spoglia sponda.
Non è tortuoso questo passaggio della storia?
Da che il mondo è questo mondo,
la vecchia croce è presa per il nuovo
ma ridotta a poco dai numeri riassunti
in cielo.
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