Sono venuta da te,
a prendere un caffè,
signora-vestita-a-fiori,
ma tu sai
dove hai nascosto
l'abito più bello?
La tua casa è una grande vetrina
di cristalliere lucido noce
e antiche porcellane e immobili tenenti
ad appassire accanto a velieri consegnati,
ormai,
a un mare di polvere ferma.
E il vecchio cavallo al galoppo
è sempre lì,
instancabile nella sigillata teca
tra bicchierini per improbabili rosoli
e flute per inaccessibili ricorrenze.
Mi hai detto: "Va' pure, in cucina,
a preparare il caffè"
e c'era anche lì
odore di sedimenti,
cespi di lattuga lasciati a impietrire
tra vuote dispense e
nell'aria di chiuso, solo la pietà
del sibilo del vecchio frigo.
Ho preso da sola il mio caffè,
mentre il parrucchiere finiva la tua permanente,
nel fondo l'amaro di un dolore antico
come il vecchio pendolo tra ore di gesso.
Ho messo, allora,
grani di cioccolato
nel caffè che ho lasciato per te,
signora-vestita-a-fiori,
un grano per ogni amore non consumato,
un grano per ogni sole filtrato,
un grano per ogni ballo abbandonato
prima che fosse mezzanotte,
un grano
per ogni amore
mai nemmeno sognato.
E ora sì che sei bella
con la tua permanente,
mentre bevi il mio caffè
con grani di cioccolato,
signora-vestita-a-fiori,
oggi
che puoi finalmente regalare
una lacrima
al tuo amore.
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