Guardo al passaggio invernale
là in fondo nell'aria c'è un bosco
contenuto nel suo volto di velluto, fosco.
Vi cerco foglie che non ci sono
impagino brani ancora spogli di me, che non conosco
bianco è questo foglio, dentro
non escono parole, ma rami del tempo vuoto.
E ancora tracce d'inverno
nei prati rilassati dal silenzio
dietro strami di foschia, al centro
il mio paesaggio e malinconia
dove vorrei crescessero parole e arbusti
mentre lo sguardo s'allontana su quel foglio
che fugge
nel transito, verso l'ora nuova.
Ascolta allora il rumore del bosco.
Ascoltalo con gli occhi dei rami
è come un singhiozzo; la luce, a Marzo
non è ancora un taglio nell'ombra
e quanto cielo d'inverno è passato
fra fronda e fronda, se il cielo è una ferita
ancora aperta, tra radice e foglia. Ma ora ho riunito
tutte le foglie nel vento
e guardo al ricordo dei giorni del freddo
del sole velato, dei graffi ruvidi e d'ogni spiegazione raccolta.
Così torno nel rumore del vento, da dentro
sfoglio il lento soffio d'Aprile.
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