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Al pesce discente

di Salvatore Pizzo
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Pubblicato il 05/09/2022 22:13:14

Questa poesia è vecchia, ti giuro!

Sebbene all'oscuro si possa credere che,

appena adesso, mi si sia appresa addosso,

questa poesia di rosso che è più che una fisima,

è nata già vecchia di rima. E, in tempi non sospetti,

ne studiavo giochetti allo specchio, nell'andarsene dei giorni

che già, da uno spicchio di tetto, mi girava nei dintorni: nelle travi

s'udiva tarli rosicare e segatura d'ignavi sotto i piedi;

vedevo crepe, muffe e iattura di pavimenti sconnessi.

Parimenti non lo avrei mai creduto che, con me

potesse invecchiare. E, come me sperduto,

un di morirà tra ragnatele spesse,  ne sono sicuro .

È nell'ordine delle cose che sia così. E tu lo sai:

dopo un po' non ne ricorderai che le ondine dei tremori,

I calcinacci, i crolli, il demolirla di un piccone;

lo sfarinarsi di emozione nel farsi polvere,

presto soffiata via dal vento degenere del nuovo.

Infine che non avrà più nulla di me è certo

e la scaccerai fastidiosa sensazione dalla culla.

Dimmi, cosa più degradante di neuroni

che s'atrofizzino protrusioni, sì da esser tale pappa

da non rispondere ciccia a domanda che strippa?

Umilianti questi acciacchi alle piastrelle;

in bagno i rubinetti incrostati di pianti

dalla ruggine corrosi; come dagli scarichi

gli strascichi di calcare dalle perdite. Credimi:

deprime la poesia che invecchia fuor di "Dite". 

Dopo tanti anni mi capita rileggerla fantasia

che mi sento ancor giovane. E incanutita la penso

 la vedo, la interpreto attutita: calva ad inseguire carovane

che lente sfilano verso mete esotiche lontane.

Mi sfinisce in tutta la smemoratezza che mostra

per sentimenti fattisi strisce decrepite d'intonaci,

per gli infissi che spifferano arie di mattanze

per versi sofferte istanze dagli eremi di monaci,

per le strofe appese alle finestre dai vetri opachi

per metafore che guardano ad un mondo privo d'attese

per assonanze affettivamente di rivo ormai così distante...

dovrai promettermelo: quando muoio sul serio,  

devi bruciarla d'imperio con la mia carcassa

e ne illustri ceneri di miserie e lucori per abissi lacustri.

Chissà che, un pesce di lago nel suo essere discente,

arrivi a ricordarne, silente, il mio averla agognata immortale

per tutta la vita e più, ravvisandola pur nel gesto brutale. 


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