Narciso, dove hai perduto
le lacrime?
Il tuo ginocchio è un sasso
nella tua immobilità da dio
e senza dubbio fu l'effetto Pigmalione
a costringermi ad amarti.
Ade venne come un granchio
e mi strappò il cuore con le sue micidiali chele,
mentre tu ostentavi la tua armatura fittizia
piantata nell'illusione della gioventù.
Oh Narciso!
Girai e rigirai la cenere,
per darti sostanza,
finchè l'amore non bastò a tergerti,
come un bambino
e tuttavia non scomparve la maschera allegra
dietro cui nascondevi la morte.
Ti ricordo chino sulla tua ombra
come un soldato decaduto,
eretto solo il tuo palo provvisorio,
che tuttavia non scatenava il giubilo
dei corsari dei sensi,
perchè la paura ti teneva contratto
nelle dimore palustri del tuo spirito raffermo
e ti perdevi i profumi di mirto,
capaci di sciogliere il legamento
alla divina fune d'argento,
per spingerti in un bagno
di splendore e di eternità!
Narciso fatto d'acqua,
drammatico come un Cristo
sotto i ponti,
Narciso che non fioristi
mai dal fuoco,
e non sapesti il nome
delle ninfe
che raccolsero Amore dai fiumi...
Narciso che non sei
e diluisci nel paesaggio mai vissuto
come binario bagnato, dipinto
da un pittore mai nato
e tuttavia lasci un'ombra
nel santuario delle mie arterie
che abitasti,
con la tetra follia di un condannato
alle lande glaciali,
che non possiede chiave
per fuggire di là
e muore con i morti della terra
come una macchia nella divinità.
Narciso,
che ora sei lì,
affondato in quel lago
che ti chiamò,
ma di cui mai
conoscerai il nome.
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