Cerca la lite, la rabbia lo guida,
l’insulto si veste di falsa sfida.
Non accetta il silenzio, né quiete,
nutre livore che il cuore gli miete.
Dietro lo schermo, col dito accusante,
si crede maestro, fiero e arrogante.
Ma dentro l’animo, un vuoto profondo,
or prigioniero del suo stesso mondo.
Distrugger vorrebbe, mordere forte,
sputa un veleno che chiude le porte.
E mentre si illude d’esser vincente,
ogni malesser, lo brucia, silente.
Però il virtuale divien prigione,
un’eco che urla la sua frustrazione.
Chi s’allontana gli mostra il confine,
che mai varcherà, col suo mal sottile.
Così si consuma, un fuoco che langue,
dal rancor distrutto, veleno dell’angue.
Resta sì, l’hater, un’ombra nel vento,
che lotta col nulla e perde ogni intento.
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