Mio padre è esposto a nordovest e conta
dal tramonto la sorgente che non vede.
Mia madre apre la sfilata in favore di camera:
è meravigliata, vede cose dell’altro mondo
e i parenti con il loro cordoglio fanno cornice
più o meno a giorno.
Dunque, sulla mensola la distanza è garanzia
di appartenenza, perché gli anni seguono
centimetri per giorni.
Stanno lì per adesso, quegli adesso inestimabili
che gli occhi scorrono come grani in un rosario
di congiunzioni.
Un plotone familiare sotto il fuoco di fila
delle rivisitazioni e/o dei paradossi
di caduti e risorti a vista.
Frazioni d’acqua per ognuno di quei frame,
pontificazioni di sangui a volte, a volte
unanimità di giorni.
Vado tra loro come la goccia nel polsino
quando dal rubinetto al viso esplode:
un brivido e un disagio: la vita, insomma.
Sono passato tra di loro come futuro nudo.
In altre parole, ho fatto il mio tempo fuori
da queste madreviti ma la filettatura
è su di loro come ritorno.
Sono ancora robusti, benché soltanto busti
digitali, ritoccabili dove serve - e a me
tocca tanto il cuore e la mente,
partendo dalla credenza che uno stipo
è adatto a conservare l’intimo e lo spirito, oltre
la forma e quel succo in luce.
Di tanta pasta fatto.
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