Lacera l’anima annodata a rami spinosi
come carne a brandelli strappata dai denti
d’un animale selvatico scivola al suolo.
Copiosa la pioggia ha portato via la ruggine alle foglie marce
E’ l’autunno prepotente d’un’età che reclama
l’odore del mosto tra i filari maturi
e dei sentieri l’inchiostro che propaggini allunga
ad una vaga speranza e forse alla quiete
L’ombra, che spesso il sonno concilia,
ancora disegna raggi di luce in una notte mistero
talvolta presagio di un itinerario alla fine
talvolta confino nel nulla
ma non c’è chance dinanzi a uno specchio
che restituisce intera la sagoma
d’un corpo indenne all’apparenza,
arato da solchi profondi
Scampato alle intemperie d’impreviste stagioni,
sa che il conto non torna,
ancora non torna,
delle ripartenze dopo ogni arresto.
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