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Fazzoletti Rossi

di Maria Facci 

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Pubblicato il 18/11/2021 17:00:26

FAZZOLETTI ROSSI
di Maria Facci
*
18 Ottobre 2021
Davanti alla Bocciofila Zerbino
Ore 9 (a.m.)
(con un fazzoletto rosso in mano)

Sebastiano esce di casa. Quella mattina non ha voglia di fare colazione, non può. Frigo vuoto da mesi dopo la morte di Isabella. Meglio così, tanto non ha fame. Si mette le scarpe, poi si infila il cappotto, come un automa. Cappello senza nemmeno guardarsi allo specchio. Fazzoletto rosso (preparato da tempo) in mano ed è già per strada.
Giovanni è sempre in ritardo. Spesso accusa il vino per questo. Giovanni beve troppo. Ieri sera con alcuni amici ha ricordato la sua casa di campagna e suo padre fino a tardi. Una bottiglia gli è bastata appena per metà narrazione tutta d’un fiato. Fazzoletto rosso nel taschino della giacca. E’ troppo stordito per il motorino, lo riconosce lui stesso. Scende le scale che lo portano nella via principale.
Ginevra è sempre puntuale. Secondo le amiche, certo non per sua madre, anche troppo puntuale. Le piace alzarsi presto per avere il tempo di prepararsi come si vuole vedere. Quella mattina saluta sua mamma a letto per una brutta caduta con rottura del femore. Si lega un fazzoletto rosso con le stelle alpine al collo. Non è convinta. Intorno alla borsa. Di nuovo al collo. Prende le chiavi della macchina.
Luca ha passato tutta la notte insonne a chiedersi se il figlio tornerà mai dall’Australia. Luca pensa spesso al tempo, a quel tempo che forse ha perso. Il tempo con suo figlio Riccardo. Quante cose vorrebbe dirgli ora. Spesso la domenica mattina compra dei cornetti alla marmellata per la figlia e i nipoti e uno anche per Riccardo. Aspetta il giorno che il figlio arrivi per fare colazione con lui. Quella mattina porta con sé un sacchetto di cornetti e in tasca un fazzoletto rosso.
A Teresa il colore rosso non piace. Non le è mai piaciuto. Non c’entra il comunismo, anzi, in più giovane età, aveva ben combattuto le sue battaglie. Il rosso non le piace e basta. Quella mattina, però, dovrà fare uno sforzo. Dopo il caffè prende dal cassetto del marito la bandiera francese e la strappa per la sua parte di rosso. Ci penserà dopo a come dirlo a Tiziano. Ora è già sotto i portici ormai.
La bocciofila la avevano scelta perché pensavano fosse un bel posto da vecchi. Quel giorno di Luglio, finita la maturità. Libertà. Ci avevano anche riso su. “Dove altro si vedono i vecchi?”.
Boccia, filos.
In effetti sono un po’ invecchiati. In 35 anni di acqua sotto i ponti ne è passata. Nel bene e nel male.
Ginevra è la prima. Arrivata all’appuntamento già da 5 minuti. Sente freddo e muove le gambe battendo a terra gli stivaletti col tacco.
Gira l’angolo Giovanni. Dietro di lui Teresa.
Incertezza, consapevolezza, rosso, abbracci.
“Seba lo sapevo saresti venuto”. E’ la volta di Luca.

Anagnoresis, riconoscimento.

Si forma un cerchio davanti alla bocciofila. Un cerchio che un tempo era un cerchio di ragazzi e ragazze.
Ricordi, riconoscimento, colore. Parole.
Tutti sono cambiati eppure si ritrovano in qualche modo gli stessi. Cinque ragazzi che alla fine del liceo si erano fatti una promessa.
Luca apre il cancello, gli altri lo seguono. Sabbia e bocce, la partita ha inizio.
Quanto può durare una partita a bocce?
Cinque anni di Greco e Latino (veramente 6 per lui) erano stati lunghi per Giovanni. Ora aveva deciso di darsi a simposi tutt’altro che occasionali. Di ispirazione-a suo dire- le versioni che copiava da ragazzo. Non ne aveva mai avuto voglia e non aveva mai saputo davvero se fosse mai riuscito a farne una da solo. Suo padre passava le estati a tormentarlo di applicarsi di più. Lui faceva i simposi. Giovanni molto dopo quegli anni avrebbe volentieri scambiato una vodka con un brano di Senofonte.
Ginevra questi problemi non li aveva. Curriculum da classica studentessa un po’ bruttina ma molto, troppo per le amiche, migliorabile per la madre, studiosa. Sempre il massimo in tutte le materie. Peccato per quel 7 di Inglese al secondo anno. Le era costato la neve delle vacanze di Natale. Eccessivo per le amiche, non per sua madre.
Luca lancia il boccino. “Veramente qua siamo in 5”. Dobbiamo giocare a squadre.
Si aprono i cornetti. Tutti con marmellata di albicocche. Marmellata su fazzoletto di Teresa.
Teresa sempre bellissima, come a scuola. A lei il primo lancio della boccia.
Passato da ballerina professionista. Lago dei Cigni. La compagnia di ballo italiana non se l’era sentita di dare la parte principale ad una ballerina di colore, anche se la più brava.
Teresa aveva sempre vissuto la scuola come “troppa” per tutti gli allenamenti che doveva fare, che comunque non le avevano permesso quel ruolo, come “poca” per capirne il perché.
E’ il turno di Luca, poi di Ginevra.
Quanto può durare il lancio di una boccia?
“Ginevra però devi piegarle quelle gambe! Dai!”. La boccia di lei fa avvicinare quella di Luca al boccino. Luca appoggia i cornetti: la marmellata porta bene.
Luca al liceo era un gran sognatore. La sua scuola gli piaceva perché quello che studiava lo faceva viaggiare restando seduto. Da adulto poi di viaggi ne aveva fatti. Troppi forse. La passione per il viaggio la aveva trasmessa al figlio. Adesso Luca pensa quanto gli sia costato.
Seba lancia. Sbaglia. Tiro troppo lungo.
“Non ci vedi più bene eh’”. Scherzano.
Ma certo che non vede bene. Non può più. Senza Isabella è ora anche senza vista.
Sebastiano si chiede ora come sarebbero passati quegli anni di liceo senza che lei e lui si fossero incontrati.
III C, aula di fronte alle scale per scendere in cortile. Una ricreazione, pochi minuti.
Anni passati insieme. Anni passati in un soffio che Seba mai avrebbe perso in una partita di bocce. Il tiro per Isabella non lo avrebbe sbagliato.
“Giova non fare il solito belinone”.
Niente selfie da vecchi, suvvia. Niente selfie in una bocciofila.
Perché si gioca a bocce? Perché è un gioco da vecchi?
Ginevra, il suo tiro migliore. Il tiro migliore. Alla fine le viene sempre bene tutto. Un po’ per lo sforzo, un po’ per la scena, si toglie il fazzoletto rosso dal collo.
Non è più tanto bruttina adesso.
Quella mattina alla bocciofila passa tutto sommato in fretta.
Tiri, cornetti, fazzoletti, ricordi, risate di adulti, pianti di ragazzi.
Nessuno di loro avrebbe perso quell’appuntamento, per nessuna ragione al mondo.
Seba aveva sempre tenuto il foglietto scritto alla fine del suo orale di maturità.
Prima nel cassetto della scrivania, poi nella sua nuova casa con Isabella, sul frigorifero.
Anche gli altri se ne ricordavano, così come ricordavano cosa avevano provato quel giorno. Cosa gli aveva spinti a darsi appuntamento nel 2021.
Forse era stato un gesto di ragazzini sognatori. Forse pensavano davvero avrebbero avuto bisogno di quella partita a bocce, anche se non sapevano fino a che punto.
“Adesso basta, mi sono rotto di giocare”. Quel che dice Seba si fa.
Si può maturare in una partita a bocce?
Saluti, baci, fazzoletti rossi che sventolano.
Separazione.
Mentre Luca pensa che in fondo l’Australia non è così lontana (o forse sì ed è giusto così), Ginevra cerca su internet “appartamenti in affitto in centro”.
Seba andrà a comprare del latte e farà colazione.
Teresa pensa di comprarsi un vestito da sera rosso.
Giovanni si decide a buttare via quel Rosso sotto il cuscino del divano.

No.
Meglio, non si sa.

Sera.

Notifica dal gruppo WhatsApp.
Messaggio di Seba: Venerdì 22 maggio 2030 Cinema Tesori. ( Ore 9 p.m.)
P.S. a questo punto direi che è meglio fare incontri ravvicinati. Smile con occhiolino.
Portare fazzoletto verde.

Il verde è il colore preferito di Teresa.

Nuova storia.

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