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La madre - con saggio di Dottori

di Ungaretti 

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Pubblicato il 12/04/2014 18:31:42

UNGARETTI E L'ERMETISMO - di Antonio Alessandro Dottori

La madre

E il cuore quando d’un ultimo battito

Avrà fatto cadere il muro d’ombra,

Per condurmi, Madre, sino al Signore,

Come una volta mi darai la mano.

In ginocchio, decisa,

Sarai una statua di fronte all’Eterno,

Come già ti vedevo

Quando eri ancora in vita.

Alzerai tremante le vecchie braccia,

Come quando spirasti

Dicendo: Mio Dio, eccomi.

E solo quando m’avrà perdonato,

Ti verrà desiderio di guardarmi.

Ricorderai d’avermi atteso tanto,

E avrai negli occhi un rapido sospiro.

Cos'è l'ermetismo, che parte dai decadenti francesi, i simbolisti, attraversa Pascoli, l'Ungaretti di Sentimento del tempo, quello del cosiddetto barocchismo ungarettiano, quello per esempio della poesia alla madre, pubblicata sopra e che raccoglie larga parte di scrittori e poeti italiani del Novecento, da Carlo Bo a Mario Luzi? Premetto che io indirettamente ho goduto della affinità letteraria e poetica di Bo e Luzi, proprio nel nome dell'ermetismo, quando frequentai l'Università di Urbino, Lettere e Filosofia, nella seconda metà degli anni settanta. Bo aveva chiamato Luzi a Urbino e non lo sapeva quasi nessuno. Teneva un corso Luzi, il poeta sommo, più volte candidato al nobel e mai ricevuto, forse per il suo cattolicismo inviso agli ambienti protestanti di Stoccolma, in un suo studiolo, all'interno della Facoltà di Lingue. Noi ci si andava a Lingue, noi di Filosofia dico, per le tante belle ragazze che ci soggiornavano, tutte intente a seguire i corsi fondamentali di Lingue e letterature diverse. Ma poche, veramente pochi, sapevano che all'interno del loro piano di studi c'era anche il grande poeta sodale e amico intimo del nostro magnifico rettore. Il quale Bo, un giorno all'ingresso dell'Università, mi comprò L'Avanti! che io compravo in edicola e rivendevo in solitaria, unico, coraggioso per lui, socialista riformista. Ma torniamo a Luzi. Egli teneva il corso, assieme a sua moglie, di Letterature comparate, sul Faust di Goethe che ci leggeva direttamente dal tedesco e ce lo traduceva all'istante. Io bevevo, non pendevo, dalle sue labbra. All'esame mi interrogarono, lui e sua moglie e furono buoni al punto da darmi 30 e lode. Forse era segnato lì il mio futuro da prof di Lettere. Ermetismo quindi è una corrente che va ben al di là del ritorno al classicismo di Ungaretti, del recupero della rima e della forma, dell'analogia evocatrice della parola poetica: è un pensiero poetico e letterario che attraversa abbondantemente tutto il Novecento. La parola risale all'orfico Ermete Trismegisto o al dio Ermes, messaggero e "poeta" degli dei. Il termine era stato coniato dal Flora nel 1936 e nel 1938, Carlo Bo pubblicò un saggio sul Frontespizio, Letteratura come vita, contenente i fondamenti teorico-metodologici della poesia ermetica.  Sul piano letterario con il termine ermetismo si sottolinea una poesia dal carattere chiuso (ermetico) e volutamente complesso, solitamente ottenuto attraverso un susseguirsi di analogie di difficile interpretazione. Alla base di questo movimento, che ebbe come modello i grandi del decadentismo francese come Mallarmé, Rimbaud e Verlaine, si trova un gruppo di poeti, chiamati ermetici, che seguirono il modello di Giuseppe Ungaretti e Salvatore Quasimodo. Non fu certamente estranea all' ermetismo la lezione dei vociani (rivista La voce) i quali del decadentismo d'oltralpe accolgono, oltre a certe forme tecniche espressive, anche la concezione della poesia come attimo, illuminazione, frammento. L'ermetismo fu in sintonia con l'esperienza esistenzialista, Rilke in Germania, oltre ad Heiddeger, più tardi Sartre in Francia; in Italia per opera di quella corrente poetica che ebbe inizio con Giuseppe Ungaretti, che appunto volle essere una radicale presa di contatto della persona con la radice esistenziale del suo essere e con la crisi che questa sempre provoca nella vita. Quello dell'ermetismo è stile difficile e chiuso nella ricerca della forma analogica; insieme all'approfondimento di una nascosta esperienza interiore, contraddistinse questo gruppo che, rifiutando in modo diretto ogni impegno politico e sociale, cercava di staccarsi dalla cultura fascista. La poesia, allora, si rinchiude e si assume il compito di ridare un senso alla parola, di risemantizzarla, di usarla solo quando necessaria. I poeti ermetici perseguono l'ideale di una “poesia pura”, libera da ogni finalità pratica, essenziale, senza scopo educativo. Il tema centrale della poesia ermetica è il senso della solitudine disperata dell'uomo moderno che ha perduto fede nelle magnifiche sorti e progressive. La loro poesia è una poesia di stati d'animo, di ripiegamento interiore espresso in un tono raccolto e sommesso, con un linguaggio raffinato ed evocativo che sfuma ogni riferimento diretto all'esperienza in un gioco di allusioni. I poeti ermetici si ispirarono al secondo libro di Ungaretti, ovvero Sentimento del Tempo, ed alle analogie complesse in esso contenute; quindi possiamo considerare Ungaretti il primo esponente degli ermetici. Nel campo della critica ermetica, autorevole fu la figura di Carlo Bo che, con il suo discorso La letteratura come vita del 1938, scrisse il vero manifesto ermetico parlando di poesia intesa come momento dell'assoluto. Nella seconda metà degli anni trenta maturarono a Firenze, intorno alla rivista Frontespizio e Solaria, un vero gruppo di ermetici che, prendendo come riferimento Ungaretti, Quasimodo e Onofri, si rifacevano direttamente al simbolismo europeo e si affacciavano alle più recenti esperienze di quegli anni, come al surrealismo e all'esistenzialismo. E' fonte di discussione il cosiddetto disimpegno dei poeti ermetici rispetto alle problematiche politico-sociali in rapporto al fascismo. Ma la scelta degli ermetici, certamente quella di Bo e di Luzi, fu quella di rappresentare un'alternativa intellettuale alla dittatura che, proprio attraverso la pluralità di significati che un testo anche lessicalmente elementare riesce a veicolare, in particolare per il carattere fortemente elusivo della sintassi e del lessico, depositario di un significato che è percepito esclusivamente dal poeta, e spesso nemmeno dall'autore stesso, manifesta in questo modo l'indecifrabilità del reale e delle proprie stesse percezioni; con ciò costituendo una critica radicale alla semplificazione del linguaggio univoco della propaganda di regime. Di qualsiasi regime, come purtroppo insegnerà la plurale realtà dei totalitarismi del '900. L'ermetismo è quindi una rivolta dell'anima, proprio a partire dalla sua riscoperta.

 


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