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Napoli magica

Saggio

Vittorio Del Tufo
Neri Pozza

Recensione di Carla de Falco
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Pubblicato il 24/07/2020 12:00:00

 

“D'una città non godi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda”. Questo scriveva, in “Le città invisibili”, Italo Calvino. Eppure, Napoli è città che difficilmente associamo, in maniera spontanea, ad una sensazione di godimento. Perché, diciamoci la verità, Partenope è d'un meraviglioso stupore solo per chi la vede da turista ed è invece sinonimo di fatica, una fatica immane, per chi quotidianamente la vive e la “subisce”.

 

Qualcuno di Napoli ha detto, giustamente, che non è mai neutrale: la città può cambiarti d’umore senza un perché e ti puoi sorprendere a rallegrarti da triste o ad arrabbiarti da sereno che eri, mente passeggi per le sue vie. Napoli è città con una sua particolare personalità, che è tutta nell’entropia delle cose, nell’intrico dei vichi, nell’indolenza delle persone, nella resilienza dei sistemi. E per finire… Napoli è anche altro. Nasconde, da sempre, misteri poetici, enigmi, miti, leggende.


Città pluridominata, fucina di incontri, crocevia di culture, Napoli ha da sempre avuto un rapporto strettissimo con la sua dimensione magica e grazie a Del Tufo ci incamminiamo non soltanto nello spazio misterioso, ma anche nel tempo esoterico di una delle città che, a dispetto delle classifiche sulla qualità della vita, era e resta una delle più antiche e affascinanti del mondo.


C'è, in “Napoli magica”, la città pagana del mondo classico, greca e egiziana insieme; la Napoli paleocristiana divisa tra il culto di Mitra e quello di Gesù, la Napoli Medievale di Boccaccio e Petrarca, quella rinascimentale di Campanella e Giordano Bruno c’è la città del Conte di Sansevero Raimondo di Sangro e del suo Cristo Velato e poi la Napoli barocca, la città plebea e lazzarona di Masaniello con il miracolo della Chiesa del Carmine; la Napoli sotterranea e quella rivoluzionaria della Repubblica con infinite altre storie romantiche e nere, nelle quali riscopriamo il senso di detti popolari e modi di dire colti, di toponomastica desueta e raffigurazioni identitarie.

 

Questo non è dunque un mero saggio, ma un viaggio dentro l’identità partenopea  attraverso i luoghi di cui il libro ricostruisce la memoria, pagina per pagina, capitolo per capitolo, verrebbe da dire strato per strato.

La memoria dei luoghi diventa così, quasi naturalmente e senza che mai sia esplicitato, l’unico antidoto per non farsi stordire dal degrado. Le stratificazioni che emergono dalle pagine  ci lasciano affascinati, stupefatti e, alla fine, persino un po’ orgogliosi del nostro essere napoletani.

 

Godiamo quindi a fine libro di un rinnovato stupore, che pensavamo perso da tempo. L'autore ci rimette, per qualche ora, in pace con Napoli e, dopo la lettura, sentiamo di poter ripartire a fare, tutti insieme, manutenzione della sua memoria e della sua magica energia.

 


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