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Il rapporto tra scienza e Dio

Argomento: Scienza e fede

di guido brunetti
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Pubblicato il 14/11/2020 09:29:56

 

Guido Brunetti

Il rapporto tra scienza e Dio

 

Gli straordinari progressi delle neuroscienze stanno paradossalmente allontanando l'uomo da ogni riferimento alla visione spirituale  del mondo, lasciando cadere qualsiasi richiamo all'idea metafisica e morale.

Il pensiero contemporaneo tende sempre più a rifiutare l'assoluto, oscillando tra visioni prometeiche di grandezza e tragiche negazioni della propria identità. L'uomo vuole sostituirsi a Dio. Ma un mondo senza Dio- afferma Dostoevskij- è un mondo senza finalità, progettualità o speranza, dove tutto è possibile.

Autori come Dawkins, Krauss, Harris e Dennet sono uniti nell'obiettivo comune di confutare l'esistenza di Dio. Essi cercano di dimostrare che la religione è "falsa" e che Dio "non esite". Dio viene sostituito dal concetto di evoluzione teorizzato da Darwin secondo cui il mondo è complesso e pertanto non ha bisogno di un "creatore". L'universo, scrive Dawkins nel  suo libro "L'illusione di Dio", si è "autogovernato dal nulla". E' l'universo, non Dio a "essere infinito".

D'accordo con autorevoli scienziati e filosofi, riteniamo che gli argomenti esposti da questi "Neoatei" non sono "scienza pura". Si tratta di scienza  che ha un solo scopo: quello di "negare l'esistenza di Dio", attraverso "argomenti tendenziosi, piegando e distorcendo la scienza secondo i propri fini" (A.Aczel). In questi autori c'è soltanto un atteggiamento emotivo e dogmatico, che accentua l'antico conflitto tra scienza e fede e li conduce a "screditare" la dimensione del sacro e del trascendente. Si tratta di una contrapposizione "stantia, superata e largamente confutata", in quanto non sostenuta dal "peso dell'evidenza" (Numbers).

In realtà, ci troviamo di fronte ad alcuni tra i maggiori misteri irrisolti della storia del pensiero umano: dare un senso alla vita e al mondo; trovare il significato dell'esistenza; rintracciare la nascita della mente e della coscienza; indagare l'origine del linguaggio e del pensiero simbolico; approfondire la dimensione del trascendente.

La religione- spiega McGrath- non può dirci quanto dista la stella più vicina, così come la scienza "non può spiegarci" la percezione e il mistero del creato. Scienza e fede costituiscono due delle più grandi conquiste della civiltà umana e possono fornirci prospettive diverse, ma complementari dell'uomo e del mondo, attraverso un fecondo dialogo che ci può arricchire ed elevare.

La scienza da sola non può dare risposte sul "significato" della realtà, né è in grado di produrre principi morali. Che vanno invece cercati oltre l'ambito scientifico. La scienza insomma non è né atea né teista (Gould). La scienza- ha affermato E. Scott- non può negare né avversare il soprannaturale, ma soltanto ignorarlo per motivi metodologici, in quanto essa è legata al metodo "naturalistico", necessario per investigare la realtà. La scienza è scienza. La verità scientifica è una verità "esatta", ma "incompleta e non definitiva".

Esistono questioni essenziali più profonde, quelle che Popper ha chiamato "questioni ultime" alle quali la scienza non è in grado di dare spiegazione. Lo stesso Einstein appare preoccupato e rassegnato di fronte all'incapacità della scienza di cogliere il significato ultimo del mondo ed è portato a concludere che esiste qualcosa di "essenziale" aldilà del dominio della scienza, oltre l'orizzonte dell'esperienza, al di fuori dei confini dell'esistenza fisica, materiale, dell'uomo. Il significato ultimo del mondo, le nostre esistenze sono "toccate"- spiega Einstein- dalla trascendenza. La religione- ha scritto questo grande scienziato- "senza la scienza è cieca" e la scienza "senza la religione è zoppa".

La scienza dunque non può né dimostrare l'esistenza di Dio né confutarla.

Oggi, contrariamente all'idea del razionalismo, che sosteneva che la religione nasce dal "sonno della ragione", si rafforza sempre più il concetto che la fede sia "un fenomeno naturale", un'attività cognitiva "innata" dell'essere umano (Bloom). Di qui, la nozione di "scienza cognitiva della religione" introdotta da J. Barrett per definire gli approcci allo studio della religione derivati dalle neuroscienze.

Le ricerche neuroscientifiche infatti mostrano che il sentimento religioso proviene dai "processi cognitivi consci e inconsci della mente".

Sia la narrazione religiosa sia la narrazione scientifica quindi ci dicono- precisa McGrath- la medesima cosa: il desiderio di Dio è "naturale" La visione scientifica e quella religiosa sono due grandi idee del mondo, le quali dovrebbero convivere perchè ci aiutano a capire chi siamo, perché esistiamo e come dovremmo agire. Per questi motivi, l'essere umano "non può fare a meno di parlare di scienza, di fede, di Dio".

La spiritualità alla luce di queste considerazioni si pone come una "strategia dell'evoluzione", una tendenza fondamentale, una predisposizione di tipo evoluzionistico, espressione del bisogno innato dell' homo religiosus a cercare la trascendenza.

Come l'arte, la musica, il linguaggio, il sacro (in latino sacer da cui religio) presenta, per Rudolph Otto, caratteristiche "universali", fra le quali il senso del mysterium tremendum, ciò che sta al di là del comprensibile.

I dati di alcune ricerche dimostrano che nel cervello vi sono aree e sistemi neurali coinvolti nelle esperienze spirituali, le quali sono implicate nella produzione di sostanze, come dopamina, noradrenalina e serotonina. C'è insomma "un'area del divino nel cervello".

Concludiamo, dicendo che finora tutte le teorie rivelano che la scienza non ha fornito "alcuna prova" che Dio non esista. Nessuno pertanto può dimostrare o confutare- lo ribadiamo- l'esitenza di Dio. Scienza e religione sono due saperi che sono complementari nella ricerca della realtà e del senso dell'esistenza, e agire in un rapporto di collaborazione e di mutuo rispetto.

 


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