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La natura fenomenica della coscienza

Argomento: Filosofia/Scienza

di guido brunetti
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Pubblicato il 09/06/2021 17:47:06


Guido Brunetti
La natura fenomenica degli stati soggettivi

Sul problema degli stati soggettivi, filosofi e scrittori sin dall’antica Grecia hanno cercato di analizzarne la natura mentale e fisica.
Il termine coscienza sta ad indicare una vita interiore: vista, suoni, odori, amore, odio, invidia, gioia, sofferenza, pensieri, ricordi, progetti, immaginazione, sogni, paure, desideri, speranze. Come questi stati fenomenici siano venuti al mondo, rimane un mistero profondo.
Per Aristotele interrogarsi su cosa sia l’anima è “una delle cose più difficili che ci siano”. L’enigma mente-corpo dura fin dalla notte dei tempi.
La fisica, la chimica, il DNA dei nostri geni non ci dicono nulla sulla coscienza.
Oggi, la maggior parte dei neuro scienziati sostiene che la coscienza è una “proprietà” del cervello e dei sistemi fisici in generale. Sono esperienze soggettive che appaiono “radicalmente diverse- afferma Christof Koch nel suo libro “Sentirsi vivi”- dalla materia fisica che costituisce il cervello umano.

Qual è dunque la relazione della mente con il cervello? Molti autori dicono che la mente emerge dal fisico, altri studiosi invece sostengono che la mente è sempre stata presente e addirittura precede l’avvento del cervello. Un’altra domanda è: quando ha inizio la coscienza? La prima esperienza è avvenuta durante il parto oppure all’interno del ventre materno?
Sono tutte questioni che un tempo erano prerogative di filosofi e teologi e oggi vengono esaminate dalle neuroscienze.
In questi ultimi anni in materia sono stati compiuti notevoli progressi, soprattutto grazie a metodi all’avanguardia che consentono di analizzare in profondità il cervello, facendo luce su questi oscuri abissi.
La ricerca sta affrontando il problema delle impronte neurali della coscienza per scoprire quali insieme di neuroni attivano funzioni coinvolte nelle esperienze soggettive.

E gli animali hanno esperienze? I primati, le scimmie e gli altri mammiferi sentono i suoni e partecipano agli eventi della vita?
Alcuni studi mostrano che vi è esperienza in pappagalli, corvi, polipi, api. Secondo autorevoli studiosi, alcuni animali forse sono in grado di condividere con l’uomo il grande dono della coscienza. Ci sono “notevoli somiglianze” fra il cervello umano e il cervello degli altri mammiferi.
Dal punto di vista genetico, gli esseri umani sono “strettamente legati” agli scimpanzé. La differenza è dell’1,23 per cento.
Non siamo nemmeno così diversi dai topi. Quasi tutti i loro geni hanno una loro controparte nel genoma umano. Tra il cervello umano e quello di topi, cani e scimmie si sono differenze quantitative non qualitative. Il comportamento dei mammiferi è “affine” a quello delle persone.
Il cane prova sofferenza e dolore, fatto che provoca il rilascio degli ormoni dello stress.

Sta di fatto che la coscienza appare qualcosa di “inafferrabile” e taluni autori hanno rilevato come non sia possibile definirla.
Coscienza è in sostanza qualsiasi esperienza fenomenica: un tramonto, il sorriso di tua madre o di tuo figlio nella culla, il sapore delizioso di un cibo, il dolore e la gioia, ecc.

Esisto altri aspetti della mente, come il vasto campo dell’inconscio già esplorato da Nietzsche, Freud,e Pierre Janet. La maggior parte dei processi mentali è inaccessibile alla coscienza.
Essere coscienti significa “sentirsi vivi” (Koch). Fare esperienza vuol dire essere coscienti, cioè esistere. Da ciò, Cartesio trasse la seguente conclusione: “Cogito ergo sum”. Penso, dunque sono. E’ un’affermazione analoga a quella espressa da sant’Agostino: “Si fallor sum”, ossia se m’inganno, esisto.

Ogni esperienza poi indica uno stato soggettivo distinto, ciascuno con un’ampia fenomenologia di colori, linee, forme, trame. Ci sono stati soggettivi uditivi, olfattivi, tattili, sessuali, ecc. Ciascuna esperienza cosciente esiste per sé. È strutturata, è una ed è definita. E’ privata, personale, ed inaccessibile a chiunque altro. La mia percezione del colore rosso è esclusivamente mia. Anche se io e noi guardiamo il medesimo tramonto, voi potreste percepire una tonalità diversa, fare esperienze differenti e avere associazioni diverse da quelle che producono in me.
E’ insomma un’esperienza in prima persona della coscienza, è una proprietà singolare della mente ed è pertanto più difficile da studiare degli altro oggetti, i quali possono essere studiati dalla scienza in quanto dotati di proprietà, come massa, moto, struttura molecolare. Che sono quindi accessibili all’indagine scientifica. Gli stati soggettivi invece hanno una struttura immateriale.

Qui risiede il grande mistero del problema mente (immateriale)- cervello (materia): da un lato, c’è una esperienza soggettiva; dall’altro, c’è l’esperienza oggettiva.
Ho dunque conoscenza della mia mente, delle mie esperienze fenomeniche, soggettive, ma non posso avere esperienza diretta delle altre menti. Posso solo dedurne l’esistenza.

Numerose prove mostrano che pazienti affetti da split-brain (cervello diviso), pazienti cioè il cui corpo calloso è stato reciso, hanno due menti coscienti. Ogni emisfero ha la sua propria mente, ciascuna con le proprie caratteristiche (Bogen, Gazzaniga).

Qual è la sede dell’anima?
Dai primordi del pensiero umano e sino al XVII secolo, si pensava c il cuore fosse la sede dell’anima. Oggi, sappiamo che è il cervello a essere il sostrato della mente e delle emozioni.
E’ stato Ippocrate, il padre della medicina, a sostenere che il cervello controlla la mente e il comportamento. Tutto- egli dice- proviene dal cervello: gioie, dolore, sofferenza, sconforto, delizie.
Si deve allo scienziato spagnolo, Santiago Ramon y Cajal, la scoperta dei neuroni quali cellule che compongono il cervello, una struttura intrecciata di neuroni distinti, che si toccano in giunzioni note come sinapsi.

Il contenuto della coscienza è “instabile” poiché cambia di continuo. Quando dormiamo, la coscienza svanisce. Il sogno è un altro stato di coscienza. Attraverso l’uso dell’elettroencefalogramma (EEG), alcuni ricercatori nel 1953 scoprirono che il cervello addormentato ogni notte passa tra due stati diversi: sonno con movimento rapido degli occhi (REM) e sonno profondo o senza movimento degli occhi (non REM). Durante il sonno Rem, il cervello è attivo come durante la veglia.

Gli stati patologici di coscienza comprendono il coma e lo stato vegetativo che fa seguito a un trauma grave, a un ictus, a un sovradosaggio di droghe o alcol, ecc. In questi casi, la coscienza svanisce, anche se alcune aree del cervello restano attive.

Qual è il rapporto tra cervello ed esperienza soggettiva?
Crick e collaboratori hanno elaborato la teoria dei “correlati neurali” della coscienza. Questi sono definiti come “i meccanismi neuronali minimi che insieme sono sufficienti perché vi sia uno specifico percetto cosciente” (Chalmers). Questo significa che la mente è “correlata” al cervello, il quale per l’appunto genera esperienze o stati soggettivi, dando luogo alla coscienza.
Ma come può la mente (sostanza immateriale) essere generata dal cervello (sostanza materiale)? La domanda racchiude quello che è stato definito “il problema difficile”, il grande mistero. Un mistero difficile e forse persino, per alcuni autori, “impossibile” da sostenere.

Finora inoltre non sappiamo ancora quale valore evolutivo sia connesso all’anima senziente. Il mistero si infittisce se pensiamo che gran parte delle nostre esperienze soggettive avviene oltre il confine della coscienza.

Come abbiamo visto, le neuroscienze sostengono che materia e anima sono un’unica sostanza. Invero, questa idea è stata già sostenuta dai filosofi presocratici dell’antica Grecia, Talete e Anassagora e poi da Giordano bruno, Schopenhauer e d altri.
A cominciare dal Novecento c’è stata una svalutazione della metafisica con la negazione dell’anima e della coscienza. Si è affermato il primato del materialismo o del fisicalismo.
E tuttavia, la coscienza non potrà mai essere una conquista delle macchine e dei computer. Nemmeno il software più sofisticato può dirsi cosciente (Koch). I nostri stati soggettivi non possono essere “ridotti” ad alcuna forma di computazione. I computer potranno “simulare” qualsiasi cosa, inclusa l’intelligenza e la coscienza, ma essi non saranno “mai coscienti”. La coscienza non è nei computer, nemmeno quando parlano la nostra lingua. Dentro non c’è niente: intelligenza sì, ma senza stati soggettivi.
Ciò detto, dobbiamo affermare con fermezza che la luce interiore dello spirito e degli stati soggettivi è presente negli esseri umani. Siamo infatti dotati di notevoli capacità cognitive, come linguaggio, pensiero simbolico, io, creatività, ecc.

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