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Commenti al testo di Amina Narimi
Con un solo e lento chiaro
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amina narimi
- 30/05/2016 20:20:00
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Grazie W...ti abbraccio fitto
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Salvatore Pizzo
- 26/05/2016 22:27:00
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"non altro che danzare l’ederlezi" Che dirti? Cè così tanta vitalità gitana in questo unico verso, come ce nè tantissima in tutti il resto. E sempre nellaccordo con uno spirito, fantasticamente popolare, di fascine fruscianti e focolari scoppiettanti... Bellissima... Felicissimo di tornare a leggere di te...
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amina narimi
- 26/05/2016 18:52:00
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Caro Cristiano mi conosci ed amo la tua anima da sempre ancora quando saltavamo la rayuela da un universo all’altro prima prima di inciampare sulla Terra e plasmare un poco d’argilla per cogliere l’impronta di un sorriso, creando una strada, le braccia, gli occhi ..una yurta, fino ad esistere fino a dipingere il sogno l’uno dell’altro sulla tjuringa. sai quanto sia per me preziosa la libertà di restare poveri, e forse solo questo mi fa vivere ovunque in un gran posto, come ora qui leggendoti sembra di vedere il tuo odore, un sapore inconfondibile segue le tue parole come stessimo camminando insieme lungo la Via..che importa dove vive la tua tunica di pelle?! io ti vivo intorno al pozzo dove ci scambiamo le parole che abbiamo cantato cento mille ere fa, letto, torrente, salina, ederlezi, civetta, cervo , sassi, pigne , rifugio, ripostiglio, neve, aman, narimi, e poi insieme albero del sonno, ripostigli della neve, bambini che fanno un lungo viaggio, mappa del canto, sorgenti sacre, le fontanelle aperte sul capo fiorito..potrei continuare fino alla luce di domani, nel lago sconfinato di questa dimora a scriverti parole come fossero preghiere..e fra tutte io sono insieme
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Cristiano Zoli
- 26/05/2016 05:37:00
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leggere queste parole è come ascoltare il canto antico di una donna che mentre prepara, come un rito, il legno per il giorno ricorda con tutto il corpo, il miracolo dell’amore che l’avvolge E’ un amore che viene da lontano quando l’amore era armonia col mondo. Ed essere insieme poteva essere coltivato in una poverissima ma ricca solitudine. Non c’è alcuna notazione critica da fare, comunque sarebbe inadeguata. Allora basta fingere di essere in un qualsiasi luogo della terra lontano da ogni accampamento umano ed essere nei pressi di una capanna, di una yurta, di una grotta e sentire dalla poverissima dimora una voce di donna innamorata e splendidamente consapevole di questa fortuna che ci coglie nella vita se si comprende che essere gravidi d’amore non richiede l’appartarsi ma lo sposarsi con l’universo. Ecco un canto, e i canti non si giudicano, si ascoltano e se fanno vibrare si incomincia a cantare Insieme.
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amina narimi
- 26/05/2016 00:32:00
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Amicamia filo di luce, Franca amo questo ricordo come un essere vivente, mi conduce nella terra dove la mia Boemia è sul mare, è lì che vado a fondo e prendo fiato sorridendo anche quando piango, come quando sposano le volpi ai piedi dellarcobaleno, anche se dicono che non bisogna assistere, io mi copro gli occhi, non trattengo nulla per me, eppure ogni volta mi sposo immergendo le gambe nella pozza di calore conosciuto tanto tempo fa nelle terre lontanissime dove il kotatsuè composto da 掘-り è il fosso,la buca), e 炬 la fiaccola il fuoco), 燵 lo scaldapiedi una buca di forma quadrata intorno al braciere e una struttura di legno del horigatsu intorno, formando un focolare con una coperta sopra, creando un luogo, un luogo caldo, dove era possibile mettere le gambe una volta seduti...a penzoloni..il caldo entrava dalla parte bassa dei vestiti e usciva dal collo scaldando tutto il corpo..come una poesia
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Franca Alaimo
- 25/05/2016 23:19:00
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Eccoci ancora di fronte ad unepifania. Essa viene nel mondo, è del mondo, ma parla di ciò che cè oltre il mondo: del tempo senza termine, degli animali e delle altre creature della terra e del cielo che celebrano sposalizi. E tutto questo lascia in eredità allanima ed al corpo una felicità straordinaria, bella e leggera come dondolare, le gambe, quando si era bambini, dentro laria, sicuri di possedere ali per volare come angeli da un ramo o da un muretto. Il poeta è un àngelos nunziante: Amina, ogni volta che scrive una poesia e ce la dona, ce lo fa ricorda.
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amina narimi
- 25/05/2016 15:46:00
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Grazie Sara, sei cara al mio cuore..
e grazie a te Giuseppe per lapprezzamento. Le volpi che si sposano ai piedi dellarcobaleno mentre piove con il sole, è in riferimento ad una bellissima leggenda, riportata anche nel film di Akira Kurosawa, di cui ti lascio il link https://www.youtube.com/watch?v=UGyrdfXVOlA
FerdiNando, poetamio, che dirti, se non che mi fai ogni volta gli occhi chiari di commozione
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Giuseppe Terracciano
- 25/05/2016 11:53:00
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Bella! Mi è piaciuta! Una piccola nota: "...la volpe che si sposa con la pioggia" andando a a capo "con il sole" lo trovo superfluo. Splendida la seconda strofa
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Gil
- 25/05/2016 11:50:00
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Ignorando l’etimologia, mi concedo delle personalissime digressioni: mi conceda la sua clemenza l’Autrice. Probabilmente nella selezione della parola “fra”, prescelta tra le due possibili preposizioni semplici “fra” e “tra”, presumibilmente non v’è stata consapevole premeditazione, ma forse solo la casualità che sovente manifesta la “naturalezza” della nostra scrittura, eppure seppure casuale tutto ciò non ne muta invece l’impatto che ciò ha sul lettore: “fra le” (e non “tra le”) ci rimanda a fragile, così come si rivela cristallina e fragile l’anima poetica e umana di Amina, che riceve in sé il dono di trasfigurare uno spazio fisico in una distanza incalcolabile: “e tu venivi per i vicoli del legno (…)quel gesto impercettibile ricordo che rese la distanza incalcolabile”, ma non perché dissolutiva di una possibile unione, ma perché rivelazione di un prospiciente un “mondo sconosciuto,/pieno di grazia e lacrime serene/ai lati del mio viso, e lì soltanto.” (e quale bellezza su quel volto ora traspare!); sconosciuto solo però ai sensi ordinari se divenuti opachi per il ripiegamento verso un’isolata terrestrità, non dischiusasi ad un altrove dei sensi stessi. Nel seguito dei versi, si può ancora immergersi nel mondo di Amina, il suo mondo poetico, dove respirano (e ritroviamo, ad esempio, senza pretesa, che sarebbe da parte mia un gesto insano di superbia: “ventre, bisso, radici, fianchi, volpe, sposa) nel suo “bosco privato” di parole ed immagini, evocazioni simboliche per un’esperienza fisica o anche fisica dello spirito, che nel dirsi perde la parola, pur vivendo in essa fino alla misura massima del dicibile, una perdita che non è subita e lesionante, ma un’acquiescente docilità all’epifanie della Poesia, dove questa confina con il Mistero.
S.M.I.P.
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Klara Rubino
- 25/05/2016 10:03:00
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È una poesia spiritualmente sacra.
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