Quattrostraccisullapelle
- 15/02/2018 22:31:00
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Il grido delluccella è il gong del monastero buddhista o la campanella del monaco cristiano; la povertà fino alla deprivazione del nome è la spoliazione radicale, la kenosi del cuore; lincontro con laltro è lincontro dentro la compassione, la comunanza dei dolenti. Nella creaturalità in cui si raccoglie, la poetessa diviene, e noi con lei, unonda damore che rapisce la luce allAssoluto fino a rientrare nel silenzio, grembo originario di ogni parola. Ma non è nel misticismo lo stabat di Amina, lo sfiora, ma rifugge da una disincarnata trascendenza, preferendo restare nella condivisione dellimmanenza dellAssoluto, perdendo la sorgente per diventare fonte, madre dogni fonte. Credi, di là dogni commento, questo testo è tra i capolavori della produzione poetica della Narimi.
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Klara Rubino
- 15/02/2018 11:42:00
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Questa poesia mi è da subito piaciuta moltissimo. Solo il giorno dopo ho capito veramente perché. "Mi inginocchio...povera come non sono stata mai...e un dolore comune" Questa è la predisposizione danimo che consente la contemplazione. Tu contempli "una curva, la pianta; il suo fiore nellaria" e noi con te, e così ci troviamo "raccolti in questa stella...in un albero...a unonda,... al silenzio " Sentiamo ciò che è reale vivere in noi.
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