Ferdinando Battaglia
- 28/09/2017 20:05:00
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Se potremmo definire la vocazione poetica, dovremmo chiederci allora qual’è la seconda vocazione d’un poeta, ché la prima è sempre quella d’incontrare se stesso e il mondo, e potremmo allora rispondervi così alla domanda: partorire versi o parole nuove per dare ad un altro da sé l’altrettanta possibilità di dirsi; ciò accade dove vi è autentica poesia e magari anche di ottima fattura (non sempre necessaria quest’ultima allo scopo). Con Giovanni accade questo, accade di trovare pronte le parole ben aggregate in versi, sicché all’esperienza di autoconoscenza riflessiva si accompagna la gioia estatica dell’esperienza estetica (e quindi etica) - la poesia è simile al deserto de Padri, una conoscenza di sé e del mondo nella solitudine più estrema; eppure in ciò tutto l’insieme diviene matrice di Bellezza, soglia davanti l’Ineffabile.
"Oggi sono passato dove cade ogni ora di un anno e resta una certa frenesia dell’anima poco simile al mondo.”
Questa prima strofa, non solo è l‘architrave di tutta la composizione poetica, ma esprime in modo pieno e, per bellezza, magistrale, la visione filosofica, in un’accezione a latere del termine, nonché poetica del Baldaccini. Dove cade l’illusione del mondo, sicché quella frenesia che gli è straniera porta il poeta che la vive in sé come ferita nella carne solo vuole ostinatamente sfiorare? Nell’istante di ogni respiro; miraggio o promessa di un Altrove Eterno? Ma tuttavia, paradossalmente, ci dice qui il poeta, quella frenesia, anche vi fosse oltre l’orizzonte del tempo solamente il Nulla, quella frenesia, ci dice, è già nostra salvezza, nostra redenzione.
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