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Commenti al testo di Luca Soldati
Lettera ad un bambino oramai nato
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Lorenzo Mullon
- 25/07/2012 11:26:00
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Caro Luca, mi spiace di essere stato frainteso. Sicuramente lingresso in questa vita, e luscita, possono essere molto dolorosi, insopportabilmente dolorosi. Ma tutto il resto dipende solo da noi, dalle nostre scelte, individuali e collettive. Ho degli amici, più di sei, a pensarci bene... che vivono speculando sui soldi, in modi diversi. Fanno soldi con i soldi, se li fanno. Uno in particolare, pieno di talenti, un musicista fantastico, che ha rinunciato a suonare per stare tutto il giorno, e la notte, al computer, ad osservare come vanno le oscillazioni dei cambi tra euro e dollaro, freccette rosse e blu, su uno schermo. A parlare con lui, ti dice che è stata una scelta di libertà, non si accontentava del poco che guadagnava con la musica. Peccato. E pensare che era pure leggermente obeso, da mangiare non gli mancava. Non mi dilungo sulla sua vita attuale, puoi immaginare. Ormai ho lasciato Milano da tre anni, e la grande città non mi manca proprio. Vado a Venezia solo per vendere i libri di poesia. Mi sento un imperatore in montagna, nei boschi, ma se ne parlo con qualcuno, mi danno del matto. Lobiezione è sempre la stessa: e i figli? Purtroppo un figlio lho perso, ma se ne avessi uno, non lo tirerei su come un finto principino, in un ambiente artificiale. No, lo abituerei ad un lavoro manuale, artigianale, magari insieme ci girerei con un gregge, in montagna. Poi lo lascerei scegliere, per carità, ognuno deve trovare la sua strada. A Milano ho conosciuto, sempre girando con le poesie, uno studente di biologia, con il sogno del gregge in montagna. Lho risentito poco tempo fa, è in giro sui monti del Piemonte. Per me, un eroe. Eroe di se stesso, innanzitutto. Ciao!
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Luca Soldati
- 24/07/2012 19:15:00
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A tutti voi in questa pagina convenuti dico grazie per aver avuto la pazienza di sorbire le mie “infinite fanfaluche” (Paolo Ottaviani). Chiedo, però, una proroga alla vostra indulgente tolleranza, giacché i vostri interventi mi spingono ad inserire qualche postilla al mio scritto. “Amore incondizionato” (Luciana Riommi Baldaccini), “linguaggio dell’affetto” (Giovanni Baldaccini), “creare per lui quell’habitat d’amore…” (Giorgio Mancinelli) non sono qui in discussione. Il padre partorito (è proprio il caso di dirlo) dalla mia fantasia è certamente disposto a tutto ciò, ed il fatto che non partecipi alla danza dei mosconi impazziti che sbattono contro il vetro della nursery recitando giaculatorie del tipo – “qual è il suo?” – “quello! E il suo?”, come se si trattasse della sola manifestazione adeguata all’evento, non autorizza a concludere che egli non ami il figlio più della sua pupilla. Allora che fa? “Provoca”? (Carla de Falco) Forse. “Indaga”? (Carla de Falco) Certamente! “Giudica”? (Carla de Falco) No davvero! E come potrebbe farlo essendo anche lui nella condizione di genitore? Per permetterselo avrebbe, quantomeno, dovuto “prendere le giuste precauzioni” come suggerisce Giorgio Mancinelli. No, il mio personaggio è un egoista come tutti, ma un egoista consapevole, cosciente, vale a dire, del suo atto dissennato (discordia e ingiustizia non rientravano nel mio concetto di Ate). Voglio precisare che l’aggettivo per me non ha alcuna valenza negativa, si tratta, semmai, di meditare adeguatamente sul fatto che la condizione umana è “possibilità che sì” ma anche “possibilità che no”. Dov’è la “speranza vivace di una nuova alba” (Carla de Falco) in un bambino che muore tra atroci sofferenze di una malattia neurodegenerativa? “La vita è meravigliosa” (Lorenzo Mullon) per chi a due anni muore di leucemia? Eppure si tratta di eventualità che il fato dissemina a caso (la natura è così che procede, gentilissimo Giorgio, il suo lavoro – ha ormai ampiamente dimostrato la scienza – è “dispendioso, grossolanamente meschino e orribilmente crudele!” Tanto che potrebbe trattarsi di un libro scritto da “un cappellano del diavolo”. Non esiste alcun disegno intelligente, a meno che non si pensi che il buon dio ci abbia fornito il naso per appoggiarci gli occhiali) sul cammino degli umani ma evidentemente non bastevoli a frenarne l’istinto riproduttivo. Orbene, imporre l’esistenza, e quindi le eventualità sopra indicate, a qualcuno che – per quanto stupido, ovvio e banale sia ribadirlo – non lo ha chiesto, non è forse un atto dissennato, egoistico, mera volontà di potenza? Ritengo, per chiudere, che il generare sia davvero un atto di spensieratezza compiuto nell’abbandono più totale. Credo, però, che questa consapevolezza – che non implica affatto mancanza d’amore, capacità di ascolto etc. etc. – sia un ottimo punto di partenza per evitare ulteriori “imposizioni”, per lasciare che davvero un figlio viva la propria vita senza il peso di “eredità” (Maria Musik) altrui. Chiedendo venia per il lungo, troppo lungo sproloquio ringrazio tutti nuovamente.
P.S. Il titolo è ricalcato – a prescindere dal contenuto – sul titolo del ben più celebre scritto di Oriana Fallaci Lettera a un bambino mai nato. Se avessi optato per "Lettera a un bambino appena nato" come sarebbe piaciuto a Luciana Riommi Baldaccini si sarebbe perso il gioco tra mai e or-mai che non voleva avere nessun connotato di rassegnazione pessimistica. Lo stesso dicasi dell’espressione “venire al buio” con la quale mi sono limitato a descrivere un fenomeno oggettivo che, nelle mie intenzioni, non nascondeva nessuna lettura metaforica, semplicemente mi sembrava interessante rimarcare questa apparente contraddizione tra il linguaggio quotidiano che si riferisce alla nascita con la locuzione “venire alla luce” e la condizione dei neonati che cominciano a vedere solo dopo qualche tempo.
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Maria Musik
- 24/07/2012 12:57:00
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Questo testo, con tutto il rispetto, non mi è piaciuto malgrado sia scritto con la consueta capacità formale. Ma chi, come me, ti legge da tempo, sa che questa "finzione" è veramente la rappresentazione della tua "visione del mondo", almeno di una parte o di alcuni suoi cicli. Penso, sinceramente, che è una fortuna che sia una finzione, una speculazione filosofica e non la lettera al figlio reale. Già è brutto sapere desser stati concepiti "per sbaglio" ma, addirittura, di essere frutto della dissennatezza e parente stretto di discordia ed ingiustizia, mi pare un giogo un po duro da imporre ad un figlio. Per cui, continuando nella finzione, ti rispondo: "Caro padre, non imporre la tua visione del mondo a tuo figlio prima ancora che abbia aperto gli occhi: non è tuo e tu non sei Dio, anche se hai procreato. Lasciargli come prima eredità la tua Weltanschauung è più egoista degli esempi che hai portato. Quindi, lascia che viva la SUA vita senza il peso della tua." Firmato: la madre reale di una figlia diversamente infelice.
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Paolo Ottaviani
- 24/07/2012 11:00:00
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Caro Luca, vorrei essere certo che tuo figlio, splendido uomo trentenne, nobile d’animo e sveglio d’intelletto, guardandoti negli occhi, sorridendo, ti perdoni. Ti perdoni le infinite fanfaluche che hai pensato e scritto quando nacque, gli infiniti errori che quelle fanfaluche inevitabilmente inducono a fare, ti perdoni infine anche gli errori più comuni che ogni genitore non può non commettere. I figli vanno ascoltati ed è bene mettersi fin da subito in posizione d’ascolto, in silenzio. In ogni figlio infatti, come in ogni uomo, c’è qualcosa di nuovo, di insondabile che nessuna filosofia potrà mai né prevedere né conoscere compiutamente. Solo silenzio e umiltà possono avvicinare a quel qualcosa di insondabile - Caproni parlava di “res amissa” - e dischiudere così inimmaginati orizzonti, strade nuove da percorrere, insieme. Vorrei essere certo del perdono, ma in fondo, caro Luca, un poco lo sono. Auguri!
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Carla de Falco
- 23/07/2012 21:46:00
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Mi hai invitato a farlo, ti ho letto. E strano per me, in questo preciso momento della vita, leggere un testo come il tuo. Provochi? Indaghi? Giudichi? Non so bene. Lo fai come sempre con una penna acuta, ma in questa acutezza mancano del tutto lo stupore e la speranza. In fondo, i figli (naturali, adottivi o affidati che siano) sono questo: fonte costante di stupore, speranza vivace di una nuova alba.
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Pietro Menditto
- 22/07/2012 09:59:00
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Figli non si nasce, figli non si diventa, figli si muore (e il buon intenditore può sostituire a "figli" nomi di altre categorie).
Grazie per linvito e per la fiamma olimpica mai spenta della tua stima.
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Lorenzo Mullon
- 21/07/2012 11:25:00
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La stessa cosa si potrebbe dire della poesia, perché comporre? Ognuno di noi ha un demone negativo, guardiamolo negli occhi, ci assomiglia. La vita è meravigliosa, labbiamo fatta diventare un incubo. Lesistenza non ha bisogno di spiegazioni, ma di essere alleggerita.
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roberto perrino
- 20/07/2012 20:29:00
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un filo di ironia che percorre questo bel testo e che sortisce il suo effetto su un padre quale mi capita di essere (per ben due volte, ma anche, permettimi, nei confronti di diversi gattini per i quali ho anche fatto da levatrice ... ). merita riletture per dipanarne le pieghe (grazie per la segnalazione, Luca).. ciao!
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Alessandro Mariani
- 20/07/2012 19:12:00
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I precedenti commenti superano quello che potrei dirti. Posso solo ammirarti e dirti che credo che tu, certamente, saresti un padre coraggioso, tenero, e ammirevole. Lo si capisce dalla tua scrittura, che colpisce sempre, in ogni direzione. Spero tu possa avere questa soddisfazione che desidero anchio, per me, e penso chiunque voglia. Lintenzione è la causa che scatena tutte queste riflessioni su ciò che diamo alla luce. Questo è valido tanto in letteratura ( che è sempre una cosa inutile, come disse Wilde) che nella vita, la cosa certamente fondamentale, E tu sembri averlo capito, coraggiosamente. Ti auguro una buona serata, spero di non aver detto sciocchezze. Un caro saluto
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Cristina Bizzarri
- 20/07/2012 16:26:00
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La mia impressione, ma forse sbaglio, è che non ci sia,qui, un bambino, ma unidea, una provocazione. Ed è quello che ho provato a dirti nel mio testo che parla, appunto, di una possibile "altra" apertura al senso da parte del linguaggio. Che tocca tra laltro anche il senso della parola "figlio" e del contesto immenso - mitico, religioso, sociale, antropologico - che questo termine riveste, condizionando necessariamente anche il nostro sentire. Ciao e scusa se mi sono ripetuta.
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Luciana Riommi Baldaccini
- 20/07/2012 16:11:00
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Carissimo Luca, grazie di avermi invitato a leggere questa tua "lettera"*: densa degli interrogativi che io credo dovrebbe porsi ogni futuro padre (e ogni futura madre). In questo tuo domandarti perché dare alla "luce" un figlio io riconosco unesperienza tipicamente umana: chiedersi i motivi che ci spingono allazione, a qualunque azione; in questo caso interrogarsi sul senso del proprio essere padre e sul significato della genitorialità, che come tu dici non è solo biologica, è anche interrogarsi su quel piccolo essere che ancora non conosciamo e che dovremo imparare a conoscere per amarlo davvero nella sua specificità individuale: per dargli quella "cura" che gli consenta di sentirsi accolto con amore e al tempo stesso con il rispetto che gli è dovuto. Nella mia lunga esperienza di psicoterapeuta ho incontrato numerose distorsioni del cosiddetto desiderio di paternità/maternità, che in alcuni non è mai diventato tale (ossia un vero e proprio desiderio), perché fondato esclusivamente su imperativi (inconsci) di tipo personale, culturale, sociale mai messi in discussione e mai elaborati. E questo anche nel caso di adozioni o affidamenti, dove ho assistito a vere e proprie devastazioni: la presunta "estraneità" di quel figlio non-figlio-mio permette ai "genitori" di proiettare su di lui ancora più "facilmente" tutte le conflittualità non risolte nella propria esperienza di figli, con effetti a volte tragici e in ogni caso dolorosi. Legoismo di cui parli è sempre in agguato, anche quando compiamo il gesto allapparenza più altruistico, perché spesso significa soltanto soddisfare le richieste della nostra buona o cattiva coscienza e si accompagna allaspettativa/pretesa di essere in qualche modo contraccambiati. Dunque il tuo interrogarti, a prescindere dalle risposte che ora ti stai dando, in quanto implica lo sforzo di non lasciarsi condizionare dai troppi stereotipi che circondano la nascita di un figlio, è già una condizione favorevole al diventare veramente padre di questo figlio appena nato. Ora, però, dategli presto un nome, consentite alla sua identità, via via che la incontrate e la conoscete, e soprattutto offritegli (gratuitamente e senza alcuna aspettativa) il vostro amore incondizionato. Un augurio sincero.
* Avrei preferito che il titolo fosse: "Lettera a un bambino appena nato"
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Giovanni Baldaccini
- 20/07/2012 13:35:00
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Abituato come sono alle “lettere al padre”, non solo per via di Kafka, ma dei tanti ragazzi e ragazze afflitti da padri assenti che passano per il mio studio, leggere la tua “lettera al figlio” ha un sapore di piacevole novità che, tuttavia, tanto piacevole non è. Le tue parole indicano infatti una riflessione sul tema ed un conflitto interno tra ragione e istinto da cui tutti, a diversi livelli, siamo per altro afflitti. Forse non lo è quella futura madre che, prima ancora che il figlio nasca, già accampa pretese di appartenenza sulla “cosa” che partorirà. Quel bambino avrà un futuro difficile – è già scritto in quelle parole – che certamente non sono figlie di ragione ma di un istinto cieco. Tu conosci quellistinto e sai che agisce, anche nelle parole idealizzanti dei tuoi amici più o meno cattolici (la ragione non idealizza mai); con esso dovrai confrontarti ancora perché, come vedi, ti ha già “agito” a dispetto delle tue “convinzioni”. Questa tua lettera al figlio è un confronto con listinto. In essa, infatti, si pone un piano umano di dubbio, riflessione e accettazione dell”altro” che adesso cè e con il quale bisognerà fare i conti non come trasmissione di DNA ma come essere umano. Lui si sta già confrontando con te e con la madre, anche se non ha ancora aperto gli occhi; se ti è possibile, cerca di fare altrettanto. Non lo dico per te: per lui. Avergli scritto è già importante. Un solo appunto, se posso permettermi (ma posso, visto che a questa mia mi hai chiamato tu): meno intellettualizzazioni, lui capisce solo il linguaggio dellaffetto. Con cari auguri, Giovanni Baldaccini
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Cristina Bizzarri
- 20/07/2012 11:29:00
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Caro Luca, grazie del tuo testo interessante! La risposta che ho saputo, o potuto darti, lho dedicata oggi a te in una poesia ... Sei - è una mia impressione - una persona profonda, riflessiva e contraddittoriamente coerente!!! Ciao e buona giornata.
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Luca Soldati
- 20/07/2012 09:51:00
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Per adesso mi preme solo precisare che la lettera è una finzione letteraria ma, ovviamente, contiene la Weltanschauung dellautore. Più avanti probabilmente sarà necessario un secondo intervento per... puntualizzare alcune cose...forse...al momento ringrazio di cuore quanti hanno accolto, generosamente, il mio invito.
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Giorgio Mancinelli
- 20/07/2012 06:43:00
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Cortese Luca, poiché mi hai scritto personalmente, voglio qui risponderti e dirti che la tua lettera mi fa male come figlio e come padre. Attenzione non mi offende, mi addolora. Saperti padre, mi fa pensare che prima sei figlio e mi sono chiesto se come figlio vorresti un giorno leggere una lettera come questa. Per un momento voglio non crederlo, e dirti che malgrado il caso o il fato o la scienza che ti conduce a ragionarci sopra,tutto decade se sei pronto ad amare ciò che hai concepito, un essere umano che ti chiede amore, che non sarà il latte di sua madre, o le salutari cure della medicina a farne un uomo, sarà esclusivamente il tuo/vostro amore a salvarlo, a dargli ragione di essere venuto al mondo, comunque alla luce Luca e non al buio come tu hai detto. Ciò che ti compete è un atto di coraggio (se ne sei capace) che devi afferrare tra le mani, ringraziare il cielo che te lo ha dato, e piangere magari di felicità, guardarlo con gioia come un dono, il dono più grande che tu/voi avete fatto a voi stessi. Esattamente come un giorno (forse per caso) ognuno di noi è venuto al mondo. Ma in natura non esiste il caso, niente accade per nulla, nel disegno divino la natura è sinonimo di continuità, e la nascita di un bambino tuo/vostro è la continuità di ciò che tu/voi sarete in grado di fare per lui, e non solo. Perché dora in poi (messo da parte legoismo di esserci) dovrai/dovrete fare spazio a Lui, creare per lui quellhabitat damore di calore e di affetto che egoisticamente avevi tenuto celato per te. Perché allora non hai preso le giuste precauzioni? Non è una domanda, non chiedo una risposta. A tuo modo sei stato grande, hai dato spazio a ciò che forse neppure tu sapevi (o forse facevi finta di non sapere), e hai messo in modo quella scintilla di Dio che pure è in ognuno di noi, capaci come siamo, che lo vogliamo o no, di dare vita alla vita.Bacialo quel bimbo e amalo anche per me. Straccia questa maledetta lettera e fa che non ne resti traccia, che non debba leggerla mai. Avrai tempo per chiedergli scusa per ben altre ragioni che non quella dessere venuto al mondo, come io stesso ho fatto in una lettera pubblicata su questo stesso sito. Ma solo nel caso dovessi rimproverarti di non aver fatto tutto per lui. Grazie comunque per linvio.
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Giovanni Ivano Sapienza
- 19/07/2012 22:39:00
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Una riflessione interessante,onesta,non convenzionale,anch’io penso che l’atto della procreazione sia in parte riconducibile ad un istinto di specie primordiale,ad un retaggio atavico in cui le persone più evolute e sensibili fra noi individuano elementi di colpevole egoismo.Qualcuno però potrebbe farti osservare che anche l’adozione,pur non essendo legata alla trasmissione del proprio materiale genetico,potrebbe avere delle motivazioni ,magari a livello inconscio e non confessate,non del tutto disinteressate ed altruistiche,se, con atteggiamento filosofico,e tu pure citavi un filosofo, vogliamo non fermarci solamente all’apparenza. Come anche si evince dai brevi cenni di Loredana, la condizione di genitorialità implica solo in minima parte l’atto procreativo,ma si deve sostanziare di ben altri presupposti culturali ed acquisizioni:essa,in realtà,per come la penso io, è connaturata al nostro essere uomini in quanto tali ed è un atto continuo di in-formazione spirituale di noi stessi e degli altri,in modo reciproco;ogni giorno creo me stesso ed infondo agli altri un mio seme spirituale,essendo il mio essere sempre un essere con gli altri, a prescindere dalla mia effettiva intenzione di procreare. Se le cose stanno così,allora quello che mi sento di dirti è:non chiedere scusa a tuo figlio per un atto che hai appena, in minima e irrisoria parte iniziato:trascinato da Ate l’hai messo al mondo,è vero,ma ora inizia la fase per te e per lui più importante:la trasmissione spirituale del tuo esempio,della tua cultura e sensibilità,e lui sarà libero di ricevere o meno da te questa ricchezza, secondo le sue spontanee inclinazioni e il suo temperamento. Un giorno, di tutto ciò, potreste esserne grati l’uno all’altro;perciò non gli chiedere scusa,piuttosto,amalo.
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Ferdinando Battaglia
- 19/07/2012 20:13:00
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Ciao Luca, ho voluto subilto leggere il tuo testo, per rispondere prontamente alla tua proposta di lettura; per la stima alla tua pesrona(per quel che valga e per quel di virutale che possiede)e al tuo talento di scrittore. Comunque, lo rileggerò poi con calma. Latto di generosità genitoriale più grande, se vuoi, non è ladozione ma laffidamento: è un atto totslmente gratuito che non prevede ritorni e in sola "supplenza". Ma in fondo sono solo "false" distinzioni per il nostro bisogno di definire e categorizzare. Anche i genitori naturali compiono, pure i peggiori, un atto di generosità, e il tuo scritto lo dimostra: si sottopongono ad un giudizio, che altrimenti eviterebbero con un "legittimo impedimento". Premesso ciò, non ho altre controargmomentazioni da opporre alle tue tesi e non perché non ne abbia, ma perché nessuno di noi può vantare certezze razionalmente misurabili(sono un credente cristiano cattolico in cerca di coerenza - o almeno questa sarebbe la mia intenzione)tali da fugare gli altrui dubbi o negazioni. Perciò, il problema non è chi sia il più degli egoisti, ma è: chi siamo, da dove veniamo e dove siamo diretti. Aggiungo ancora una nota(poiché per "espropriare" il pc in casa ho approfittato di un momento di distrazione filiale, ammetto di averti letto di corsa e di mdover tornare con più attenzione sulle tue parole): non si può legittimare un male perché ne esiste uno speculare e ocntrapposto(ma qui il tema diverrebbe spinoso e non voglio - per ora - proseguire). Grazie ancora e buona serata
p.s. Commento non riveduto per la pubblicazione
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Loredana Savelli
- 19/07/2012 19:20:00
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Caro Luca, colpita dal titolo, immaginavo il chiodo che cera dentro. E questo chiodo è necessario. Te lo dice una che ha fortemente voluto tre figli e ne ha quasi deciso scientificamente il giorno di nascita (sono tutti nati tra il 16 e il 21 dicembre, due addirittura nello stesso giorno, non gemelle). Egoismo, mania di grandezza, fede cieca nelle proprie capacità, senso del "sacrificio" (ignorando cosa fosse), voglia di mettersi alla prova, di affermare la propria identità, istinto, bisogno di aderire a una Fede, dopo averla tradita! Che dirti??? Quello che tu così limpidamente osservi ha in sé una verità. Ma cè un mistero a cui non si sfugge, lumanità non è sfuggita, dacché ognuno si è chiesto cosa ci faccia al mondo. E ci sono corollari infiniti che si accompagnano allessere genitori, che riguardano il senso più generale di nascere (e morire), il comportamento, le scelte di tutti i giorni, lo stile di vita, il rapporto con gli altri e con il partner. Cose che non sono ovviamente smentite da non poter o non voler avere figli. Ti approvo se dici che il gesto più altruista è ladozione. Questo me lo ripeto spesso. E non ti nascondo che, se avessi fatto a suo tempo questa scelta, o se avessi potuto farla, date le condizioni concrete in cui mi sono trovata a portare avanti le scelte già fatte, sarei più soddisfatta di me stessa.
Mi accorgo che sto scivolando un po troppo sul personale.
Il tuo testo è una pietra.
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