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Quello che solitamente viene definito diritto internazionale, si divide in diritto internazionale privato e diritto internazionale pubblico.

Il primo si occupa dei rapporti tra il cittadino italiano e gli Stati stranieri e viceversa. Il diritto internazionale pubblico al contrario si interessa, regola i rapporti tra gli Stati sovrani. E’ un diritto per buona parte consuetudinario. Una regola per diventare consuetudine deve essere accettata dalla maggior parte degli Stati considerati più influenti a livello internazionale. Il diritto internazionale pubblico è però anche un diritto convenzionale, basato cioè sugli accordi liberamente stabiliti tra gli Stati che si impegnano a rispettarne i contenuti.

Per questo motivo, il diritto internazionale pubblico non gode di quella certezza giuridica, di quella sacralità che è tipica di altri ambiti del diritto, come per esempio il diritto privato o il diritto penale.

Il diritto internazionale, generatosi nel tempo per dirimere le controversie tra gli Stati, è ontologicamente dipendente dalla politica estera dei singoli Stati e soprattutto dall'importanza politica che a livello internazionale viene riconosciuta alla singola Nazione.

Non che questa aleatorietà manchi di ragioni. Appare ovvio che gli interessi vitali di una Nazione possano mutare nel tempo. Solitamente sono le dipendenze economiche quelle che possono influenzare la politica estera di un Paese e generare tensioni e conflitti con i vicini.

Sotto il cappello normativo del diritto internazionale pubblico, che dovrebbe assicurare la pacifica risoluzione delle controversie internazionali, vivono i popoli che vengono governati secondo questi principi e accordi sovranazionali.

A livello puramente teorico, le norme esistenti dovrebbero assicurare al popolo la migliore esistenza possibile ed una civile coesistenza con le genti vicine, ma purtroppo la storia, anche recente, ha dimostrato il contrario.

Il fatto è che sono i Governi, le Amministrazioni che hanno il potere esecutivo, a decidere quali sono le politiche da adottare in ambito internazionale, quali scelte portare avanti nel caso si generassero conflitti tra Stati.

E non è detto che le scelte dei Governi coincidano con quelle dei popoli.
L'ultimo caso cui stiamo assistendo, la crisi in Ucraina e Crimea, è emblematico da questo punto di vista. Ancora una volta sembra che i Governi siano incapaci di interpretare il desiderio delle persone e dei popoli.

Appare miope e lontana dalla realtà la presa di posizione in politica estera dell’Amministrazione Obama, seguita a ruota da tutti i Governi europei e dalla stessa Commissione europea, di contrastare il ritorno della Crimea alla madre patria russa.

E’ ben noto come la Crimea passò dalla Russia all’Ucraina per volere di Chruscev nel 1954, insensibile a quella che era la storia del popolo di Crimea. Ma erano altri tempi, almeno sulla carta. Perché sembra che anche oggi le decisione dei Governi non tengano conto dei desideri delle persone.

Intendiamoci, non difendiamo il modus operandi che è stato utilizzato da Yanukovych per reprimere le giuste aspettative e corrette aspirazioni del popolo ucraino di voler avvicinarsi all’Europa unita e staccarsi dalla Russia. Come non difendiamo il Presidente Putin per il modo e i mezzi utilizzati per trattare il caso della Crimea.

Ma nella sostanza quello che si doveva fare, e si può ancora fare, in questa crisi è sedersi intorno ad un tavolo e trovare una soluzione pacifica, conveniente a tutte le parti in causa, affinché l’Ucraina incominci un percorso che la porterà ad entrare nell’Europa unita e la Crimea possa tranquillamente rientrare, come di fatto è già rientrata, nell’ambito della Federazione Russa. Questo, se la maggioranza dei rispettivi popoli lo desidera. In questo senso il referendum che si è tenuto in Crimea mi pare lasci pochi dubbi sulla volontà dei crimeani di ritornare con la Russia.

Anche in questa occasione, come già successo in passato, l’Amministrazione americana sembra in difficoltà nell’analisi e nella comprensione delle ragioni profonde che stanno alla base di questa nuova crisi internazionale. Vietnam, Afghanistan, Iraq, Palestina, sono aree calde del pianeta dove nel tempo le amministrazioni statunitensi si sono fortemente impegnate, anche militarmente, senza riuscire ad arrivare alla risoluzione del problema, così come l’avevano immaginata e proposta al mondo.

Al di là comunque della politica estera statunitense, spesso rivelatasi inadeguata, quello che non comprendiamo è come gli altri Governi alleati degli Stati Uniti, compreso il nostro, non facciano alcuno sforzo per spiegare le proprie ragioni che dovrebbero spingere verso una soluzione negoziale e pacifica con la Russia. Altro che sanzioni.

Giusto per ricordare solo un piccolo particolare: l’Italia si approvvigiona di gas dai Paesi arabi e dalla Russia. Siamo proprio sicuri che aprire un contenzioso con la Russia per obbligarla a riportare il popolo di Crimea sotto la giurisdizione dell’Ucraina sia la cosa giusta da fare?

Questo non vuol dire rinunciare a difendere davanti alla Comunità Internazionale i diritti naturali dei popoli, qualora questi siano messi in discussione. Ma se fossimo noi stessi a violarli?

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