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Racconti a proprio agio

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 (Photo by Etienne Girardet on Unsplash)

 

 

Senza potere

Maria Rita Bozzetti

Lepisma

 

In questo racconto di Maria Rita Bozzetti, un manager di successo vive una vita concentrata sulla riuscita negli affari e nel contesto sociale. Tuttavia, comincia a sentire un vuoto nella sua esistenza che non riesce a spiegarsi; durante una riunione con una collaboratrice si sofferma sul fatto che chi gli sta di fronte non è semplicemente un ingranaggio di una macchina che egli dirige ma è anche, soprattutto, una donna in carne e ossa, una ragazza affascinante, non un numero o una funzione. Il mondo del manager comincia a scricchiolare, l’assioma sottinteso è che se la collaboratrice è un essere umano, allora anche il manager lo è. Da qui una profonda riflessione sul senso di una esistenza che mentre viene passata al vaglio si rivela vuota del vero valore e riempita di cose vane e mondane. L’uomo decide di abbandonare tutto e tenta di crearsi una vita più in sintonia col mondo che lo circonda e  con lo sguardo rivolto verso l’esterno.

 

 

Che cosa siamo, che cosa non siamo

Gianluca Massimini

Lampi di stampa

 

Questa di Massimini è una breve raccolta composta da otto racconti imperniati sul tema delle relazioni di coppia. Si parte con la voce di una giovane alle prese con un corteggiamento un po’ bislacco, si procede con una coppia in profonda crisi, e si viaggia rapidi tra rapporti occasionali, mariti disoccupati, ragazze alla ricerca del piacere carnale e così via. Al centro, come dicevo, la coppia nel suo evolversi, nei cambiamenti di prospettiva che la vita impone, attraverso capovolgimenti legati alle necessità della vita o quelli legati all’evoluzione dei protagonisti. Spesso l’autore sembra voler sottolineare come il legame fisico e la ricerca del piacere siano elementi necessari per la serenità di una coppia; tuttavia, nell’ultimo struggente racconto il legame si fa profondo proprio nell’assenza e nel distacco. Una raccolta breve di piacevole lettura, resa singolare dal cambio di registro stilistico che avviene per ciascun racconto: il modello narrativo si adegua alla storia raccontata e ne sottolinea efficacemente il carattere.

 

 

Racconti della pioggia di primavera

Ueda Akinari

Marsilio

 

Questa raccolta di dieci racconti è stata scritta nel 1808, è elegante e ricca di notazioni di costume che per noi occidentali possono sembrare grottesche o esagerate; ci porta nel Giappone delle leggende e delle tradizioni. In alcune pagine l’autore calca un po’ il pennello nel tratteggiare alcuni personaggi o situazioni. Tuttavia, Akinari, attraverso questi racconti, ripresi da antichi testi di cui era profondo conoscitore, cerca di dare al mondo i suoi insegnamenti di equità e giustizia, si fa beffe di chi è troppo tronfio o sicuro di sé e per certi versi sembra provare più simpatia per briganti e furbacchioni che per persone più apparentemente oneste ma ottuse. C’è anche un sottile velo di sarcasmo per il potere costituito; ad esempio, si narra di dieci samurai che seguono fedelmente gli ordini ma in realtà sono degli inetti. Come di norma, per i racconti giapponesi, il soprannaturale e il magico talvolta si insinuano nella realtà senza che questo turbi minimamente le persone, anzi, le leggende sono tenute in così grande considerazione che è del tutto normale incontrare uno spirito maligno, così come era considerato normale l’inganno e la menzogna per raggiungere uno scopo. E questo ultimo aspetto è ampiamente dimostrato, per esempio, nel racconto “La tomba di Miyagi”. Nel brevissimo “In onore della poesia”, nei delicatissimi accenni poetici si legge tra le righe come non sia impossibile per persone diverse giungere a scrivere la stessa frase, pur senza essersi copiati, e dietro a questa riflessione, lasciata in sospeso, si potrebbe discutere a lungo. Per finire gli appassionati di Haruki Murakami troveranno un racconto particolarmente interessante.

 

 

Vite che sono la tua

Il bello dei romanzi in 27 storie

Paolo Di Paolo

Laterza

 

L’infanzia di un bibliofilo è spesso costellata da rimproveri e da esortazioni per convincerlo ad abbandonare i libri, cioè il mondo immaginario, e pensare invece alla propria vita reale. Ecco, Paolo Di Paolo mette subito il bimbo bibliofilo, che è sopravvissuto dentro di noi, a proprio agio, gli dice che le vite contenute nei romanzi sono anche la sua. Il titolo è la copertina di Linus, scalda, conforta e crea la sensazione di casa. L’autore ci racconta come 27 romanzi siano entrati a far parte della sua vita. Di ciascuno mette in luce uno o più aspetti che gli hanno fatto amare quel determinato libro, o il personaggio che vi si trova o l’ambientazione e così via. Perché è normale, penso che succeda a chiunque che dopo aver letto un libro si effettui una sorta di catalogazione: immagino i libri letti tutti in fila sugli scaffali della memoria, alcuni sbiaditi, altri vividi. Però nel riporre il volume sullo scaffale, a volte qualche frammento di esso si allontana, vola via, e si va a depositare in un’altra zona, quella dei sentimenti, per cui di alcuni libri si crea una doppia catalogazione: una con trama e accessori e l’altra con quello che ci hanno veramente lasciato. Di Paolo ne elenca 27 e ci accompagna a scoprirli proprio in quella regione misteriosa fra memoria e sentimenti. Ci mostra cosa gli hanno lasciato, quale misteriosa linfa abbiano instillato e continui a circolargli nelle vene, anche a distanza di molti anni. E, naturalmente, durante la lettura si incontrano libri letti e quindi nasce un confronto, ci si trova d’accordo, oppure si scoprono lati che non si erano notati, oppure l’autore narra di libri che non conosciamo che vanno ad accrescere la kilometrica “lista dei desideri”.

Una lettura veramente molto bella, familiare e amichevole ma redatta con grande cura, mischiando notazioni tecniche ed erudite a sensazioni che forse è un po’ più difficile rendere per iscritto ma che l’autore riesce a fare. Di un libro che io amo particolarmente condivido una riflessione: Lo so che non è facile crederci. Credere che un diciassettenne che abitava a una ventina di chilometri da Roma potesse trovarsi a suo agio nel racconto di un luogo a una ventina di chilometri da Chartres. Ma, d’altra parte, una delle prime cose che si imparano accostando la Ricerca è proprio questa, che i luoghi – tutto sommato – non esistono: “E così, ogni volta che svegliandomi di notte mi ricordavo di Combray, per molto tempo non ne rividi che quella sorta di lembo luminoso ritagliato nel mezzo di tenebre indistinte, simili a quelli che l’accensione di un bengala o un fascio di luce rischiarano e isolano in un edificio che resta per le altre parti sprofondato nel buio.”

E così si muove Paolo Di Paolo rischiara d’improvviso, tramite un fascio di luce, quelle parti dell’edificio delle sue letture che sono maggiormente significative. Quelle parti che, ad esempio, gli hanno insegnato qualcosa, o hanno fatto mutare prospettiva ai suoi pensieri. Rendendo l’insieme dei libri la realtà e lui stesso un personaggio letterario che in quella realtà si muove e cresce.

 

 Marisa Madonini - 30/10/2021 18:42:00 [ leggi altri commenti di Marisa Madonini » ]

Mi riferisco a ’Vite che sono la tua’ di Paolo di Paolo. Grazie della recensione perché è proprio così che capita: ci si confronta, durante la lettura, su autori e libri letti oppure si trae spunto per libri nuovi da mettere in lista dei desideri. Libro interessante anche per gruppi di lettura.

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