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Dopo aver letto un articolo sul massacro di My Lai

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Che cosa facevamo noi ragazzi della contestazione
innamorati dei nostri mostri sacri e delle canzoni di Joan Baez
il 16 marzo del 1968, mentre a My Lai , durante la guerra vietnamita,
(ascoltavamo, intanto, senza conoscere davvero la bestialità umana
“C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones”)
La sacralità dei tre regni della vita veniva violata:
uccisi gli animali, bruciate le piante, gli uomini massacrati
ed alcuni gettati nell’acqua di un canale dove si ripiegarono
nudi tingendola di sangue nudo dopo una pioggia dura di proiettili.
Quale manifesto scrivevamo, bevendo coca cola, contro i potenti
Mentre un bimbo di pochi mesi guizzava fuori dall’acqua
come un pesciolino d’argento, tutto lacrime e scaglie di terrore ,
e Calley, il tenente, gli sparava alla testa solo per esercitare la mira?
E che cosa speravamo noi, fumando qualche canna e baciandoci
Mentre lo stesso giorno dopo mezz’ora altri soldati nordamericani
sterminavano i sopravvissuti: una bambina accoltellata alla schiena
cadde nel caldo della camiciola di tela, ed una ragazza dopo la violenza
fu finita, mentre urlava il suo terrore a Dio, dalla canna di un M16
infilata nella vagina (così andò a pezzi la sua dolce stanza fertile
che cullava le prime settimane del suo primo bambino), e le ossa delle anche
schizzarono in piccole schegge e dalla bocca fiorirono mille papaveri sanguigni
che adornarono le tuniche bianche degli angeli e dei santi in paradiso.
Ma noi ragazzi della contestazione dell’anno 1968 non trovammo mai il nome
della tragica sposa vietnamita leggendo i libri di Marx di Mao e di Marcuse
o nei sonetti dei poeti maledetti francesi che ci rendevano più forti e sfrontati.
Perfino Cristo non soffrì così tanto. Perfino lui si dimenticò di Calley.
Ma Calley disse dopo che non aveva fatto nulla di male
e che per quanto lo riguardava avrebbe messo “tutte quelle scimmie gialle
su barchette e spedite in mare dove volentieri le avrebbe affondate”.
E Calley scontò solo tre anni e mezzo di arresti domiciliari
(Infine aveva fatto il suo dovere di soldato, che non può permettersi
In guerra d’essere anche un uomo, e che deve solo ubbidire e sterminare)
e visse a lungo, ma sempre senza rimorso, fiero di se stesso,
e della morte di così tanti civili che per contarli e ricordarli,
uno al giorno, un minuto di silenzio, ci vorrebbe un tempo
                                                                                  [ più lungo di un anno.
Dov’è adesso Calley? Chi fra i tanti morti è riuscito a dire: io ti perdono?

 Giuseppe Bonvicini - 20/05/2013 00:32:00 [ leggi altri commenti di Giuseppe Bonvicini » ]

OPS.
HO SCRITTO IRAN INVECE DI IRAQ.......

 Giuseppe Bonvicini - 19/05/2013 23:58:00 [ leggi altri commenti di Giuseppe Bonvicini » ]

si, ma la canzone che citi-sebbene all’epoca Morandi- incontrò delle "resistenze" a proporla ERA UNA CONDANNA DELLA GUERRA IN VIETNAM!(io quello coglievo, come ho colto dopo tutta la SUPPONENZA e la SPOCCHIA dell’America Repubblicana contro l’Iran,l’Afghanistan...)
E credi che siano state- e siano- guerre diverse da quella del Vietnam? No, niente affatto.......soltanto che allora i reduci tornavano ed erano insultati,oggi tornano con la consapevolezza di essere dei mostri: se non si suicidano finiscono negli ospedali psichiatrici, che è la stessa cosa.
Comunque bello quello che hai scritto, magari fosse solo una poesia....
p.s.a difesa dei soldati.La spesa militare per "riempirli" di droga, è a conoscenza solo della CIA.

 Ferdinando Battaglia - 25/03/2012 20:55:00 [ leggi altri commenti di Ferdinando Battaglia » ]

Scusami Franca, ma questa tua bellissima e tragica poesia ancora mi suscita risonanze interiori; allora, se permetti, volevo segnalarti e segnalare ai tuoi lettori questo libro, me lo ha ricordato il commento di Luciana:
"Claude Anshin Thomas: Una volta ero un soldato". E’ la storia di un reduce dal Vietnam, lo lessi alcuni anni fa, ricordo mi colpì e, tra l’altro, mi fece scoprire i libri di Thich Nhat Hanh, vienamita monaco zen che, da cattolico, stimo molto.

Grazie ancora.

 Carla de Falco - 25/03/2012 19:47:00 [ leggi altri commenti di Carla de Falco » ]

Io nel ’68 ero lontana anche dal nascere, ma la tua poesia m’ha presa dentro, emozionata, addolorata e coinvolta.
ora come allora ai macellai possiamo resistere solo con la BELLEZZA.
e non è poco.
ciao, franca

 Loredana Savelli - 25/03/2012 15:43:00 [ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]

Che bellissimo commento quello di Luciana!
Ha evidenziato molte cose che si possono leggere tra le righe della poesia di Franca, contenendole in una "teoria" che si potrebbe definire "l’infanzia dell’umanità". Mi ha molto colpito quello che lei dice sul livello mentale paranoico che porta ad affermare se stessi attraverso la negazione del proprio fratello. Anche non conoscendo a fondo la psicologia, si può dire che il centro del problema sia la paura dell’altro.

(Leggendo la bellissima poesia di Franca, scorrevano davanti ai miei occhi le immagini del film musicale "Across the Universe": non sarà un capolavoro, ma è incentrato sul clima di quegli anni e sulle contestazioni dei giovani pacifisti americani e di tutto il mondo, con la colonna sonora delle musiche dei Beatles.)

Mi trovo inoltre d’accordo con Luciana (e ovviamente con Franca, ma anche con Guglielmo, Censa e altri) sul valore della testimonianza e della cultura o della bellezza che è in fondo la stessa cosa. E cos’altro si può fare?
La testimonianza, poi, assume un valore di rivoluzionarietà se ciascuno la afferma con la propria vita.

 Luciana Riommi Baldaccini - 25/03/2012 15:31:00 [ leggi altri commenti di Luciana Riommi Baldaccini » ]

Si può perdonare l’orrore? Cara Franca, questi tuoi versi bellissimi (che per me sono poesia) certamente spingono a documentarsi ulteriormente sul fatto specifico, e insieme alla pietas per le vittime e all’orrore per le azioni commesse sale lo sdegno per l’ingiustizia di una espiazione mancata.
Quanto al 1968 non posso fare a meno di pensare che avevo la stessa età di molti di quei "ragazzi" che, mentre io ascoltavo Joan Baez e al sicuro nella mia casa mi sentivo comunque impegnata in una lettura diversa della realtà, furono mandati in Vietnam a combattere una guerra assurda da cui tanti sono tornati, anche loro vittime, portando il segno della follia come unico scampo da un orrore che li aveva interiormente devastati e che la loro coscienza non era in grado di tollerare.
In casi come questo, come di fronte ad altri orrori di cui la storia recente e tragicamente anche la storia contemporanea è piena, mi risulta difficile rimanere nella categoria del perdono. Mi risulta anche difficile ancorarmi alle conoscenze psicologiche e parlare di personalità psicopatiche, ossia di persone affette da una mancanza totale di coscienza morale e dunque capaci di ogni abiezione senza mai sentirsi in colpa, che a loro volta sono generalmente il prodotto di violenze indicibili subite troppo presto per essere elaborate. Mi capita spesso la notte di vedere e rivedere su History Channel i documentari sul nazismo e sullo sterminio degli ebrei e ogni volta, insieme all’emozione profonda e tuttora indigeribile, non posso fare a meno di interrogarmi sulla natura umana e su quanto ci sia ancora di oscuro e ingovernabile dentro di noi; che si esprime, come dici anche tu nel tuo commento, in molti modi e in svariati tipi di prevaricazione e violenza dell’uomo sull’uomo nella nostra vita di ogni giorno (e penso anche alla violenza di cui troppe donne sono vittime per le nostre strade e in case confinanti con la nostra). Forse l’umanità è davvero ancora troppo giovane, è ancora dentro una visione paranoica per la quale l’affermazione di uno passa per la negazione dell’altro, al tal punto da superare anche quei tabù che in altre specie meno evolute impediscono di aggredire un proprio simile. Forse c’è ancora molta strada da percorrere per risanare le nostre contraddizioni e le nostre scissioni.
Di fronte a tanto orrore, però, non il perdono, che assolverebbe ciò che per me non si può assolvere, ma la memoria e la testimonianza: per denunciare l’inconsapevolezza e la bestialità ancora presenti nell’essere umano.
E questo è a mio avviso il compito alto della Cultura, che è l’unico vero strumento di cui disponiamo.
Grazie Franca.

 Guglielmo Peralta - 25/03/2012 14:31:00 [ leggi altri commenti di Guglielmo Peralta » ]

E’ vero, cara Franca; abbiamo vissuto il ’68 come l’anno della contestazione giovanile, dei capelloni, dei "beatnik". Eravamo "drogati" di libertà, d’amore, di poesia: grandi ideali alimentati dagli stessi orrori della guerra del Vietnam. Eravamo una "moda", prigionieri e protetti dentro la corazza dei nostri entusiasmi giovanili e del fascino degli ideali, troppo distanti dalla cruda e tragica realtà. Ma che potevamo fare allora? Ma che possiamo fare oggi?
La libertà, l’amore, la poesia sono valori non per la contestazione, per la rivoluzione, per l’offesa, per la violenza, ma per la "resa" da parte di chi questi valori non li ha o li ha perduti. Arrendersi alla poesia, alla Bellezza, ai valori che contano: Questo è il nostro proclama, il nostro grido, la speranza dei poeti! Non ci si può armare che con i versi. Più difficile è il disarmo, quello vero, che può avvenire solo se l’uomo scopre di essere prima poeta e poi uomo al "servizio" della Bellezza!

 censa cucco - 25/03/2012 09:58:00 [ leggi altri commenti di censa cucco » ]

testo che mi ha toccata profondamente, anch’io sono sessantottina in ritardo ho 58 anni ed ho vissuto con la coerenza del mi spezzo, ma non mi piego. Ma adesso cosa possiamo fare... scrivere come te e condividere consapevolezza e dolore. Oggi è peggio di ieri..., ma cosa possiamo fare? guardare il mondo e l’umanità con compassione e consapevolezza. Grazie della tua grande consapevolezza e compassione.

 Maria Musik - 25/03/2012 08:14:00 [ leggi altri commenti di Maria Musik » ]

Grazie!

 Giovanni Baldaccini - 25/03/2012 00:59:00 [ leggi altri commenti di Giovanni Baldaccini » ]

Il tuo testo si riferisce a un episodio preciso. Con la mia domanda volevo solo mettere in luce provocatoriamente che da allora non ci siamo spostati di un giorno. Condivido ogni parola del tuo commento. Anche quanto a ciò che possiamo fare, sono d’accordo con te: scrivere.

Un saluto

 Franca Alaimo - 25/03/2012 00:46:00 [ leggi altri commenti di Franca Alaimo » ]

..io sono qui a scrivere questa poesia, e dimmi poi cosa possiamo fare, noi, i calpestati da ogni cosa: falsità dei mass-media, silenzi strategici, armi sempre più sofisticate come i raggi a microonde per sedare le rivolte e, fra poco, anche le manifestazioni di piazza in USA, compromessi etici ed errori e corruzione anche da parte dele istituzioni che dovrebbero garantire la sanità morale; la mancanza di qualsivoglia ideologia politica ( nel senso più "classico" del termine poltica come guida dela polis), violenze gratuite e zero privacy, nonostante la si affermi in continuazione. Noi governati dagli interessi bancari, da una mostruosa macchina che fabbrica denaro virtuale. Dimmi che cosa dobbiamo fare. Vennero le brigate rosse che, quanto ad idee, non erano lontani dalla verità, ma agirono con la violenza più spietata, al di fuori della legge , ma io ricuso la violenza come metodo di lotta; e allora fare sapere, scrivere, dire la verità o meglio qualcosa che le si approssimi, anche se molto dopo, perché i documenti vengono fuori dopo tanto tempo. è la cosa che so fare. Io so scrivere, infatti. Se questa poesia ha spinto, spingerà alcuni lettori a documentarsi, ne sarò contenta. Ho 64 anni adesso, ai tempi della contestazione ho preso pure un bel po’ di legnate e molti miei amici sono stati in carcere; ho insegnato certe cose ai miei alunni, specie il senso critico, li ho amati, ho cercato fi farli crescere. Che cosa dobbiamo fare?
Sì, Nando, Roberto lo sa; dubitavo circa la pubblicazione di questo testo per la sua violenza e per il suo andamento prosastico, però ho cercato di equilibrare la crudezza degli eventi raccontati con la dolcezza umana della pietas e in questo sta la poesia stessa della vita, l’unica possibile. Come dici tu, la sovrabbondanza della reazione etica ed emotiva è stata fortissima, e dovevo dire in quasiasi modo.
Non basterà nulla per riparare quella violenza bestiale subita dalla giovane sposa e madre vietnamita. Violenza subita da migliaia di altre donne e bambini ed uomini di ogni razza, religione e colore in tutti i tempi, in tutte le guerre.Ma almeno l’avvolgo nel lenzuolo della com-passione.

 Giovanni Baldaccini - 24/03/2012 23:54:00 [ leggi altri commenti di Giovanni Baldaccini » ]

Inutile dire che il tuo è un testo importante e di una bellezza che tocca. Però una domanda: dove siamo oggi?

 Loredana Savelli - 24/03/2012 22:50:00 [ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]

Agghiacciante testimonianza e auto-accusa di una generazione. Grazie Franca, è potente questo tuo linguaggio di denuncia, la tua mano poetica è inconfondibile ma questa volta esplode la passione civile, l’opzione antimilitiarista, l’urlo del giusto, anche se non conoscesse più la parola perdono.
Un abbraccio

 Ferdinando Battaglia - 24/03/2012 22:29:00 [ leggi altri commenti di Ferdinando Battaglia » ]

Si resta ammutoliti, anche se ancora qualcosa si potrebbedire;ma almeno per un momento, solo il silenzio sembradengo di questo dolore. Non si può cmmentare, almeno ciò vale per me, né forma né contenuto, è troppo forte l’impatto cche si subisce da questo testo. Solo mi permetto di riconoscere la tua grandezza umana e artistica, perché penso tu abbia raggiunto una maturità della tua coscienza a tal punto che, poetessa acclarata e acclamata, hai rinunciato, in questo caso più forte ti premeva il dolore della memoria e la necessità di una quasi espiazione collettiva, alla poesia.

Con stima

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