LaRecherche.it
Scrivi un commento
al testo di Frank Gallo
|
|||
«Ascolta, oh demone, il mio sogno in vita.» «Per la ragione che ancora ti consola?» «No! Per la gioia, che non è finita e per la parola, perché ho questa sola… Accade che di notte sono nudo e vestito e il mattino dopo non ci sono stelle, scendo dalla culla che mi ha partorito nelle tombe nomadi, fra le mille ancelle. Non si vede nulla, come il tuo mattino non si sente ancora il suono dell’addio e accarezzo il corvo, demone, e il puttino mentre sento il fiume chiuso nell’oblio. Scendo carponi senza suoni o bava solo con le mani tese all’infinito in un lungo e immobile mare di lava che mi ghiaccia il cuore e ti ferma il dito. Attorno a me alberi pieni di teschi siepi con occhi e pozze d’oro nero in alto volte con i migliori affreschi in una mano la penna, nell’altra un cero per fare luce o per commiserare l’anima dei vivi e il volto dei morti sul fiume di questo lento andare fra gli amori inutili e quelli risorti, in un tempo di ricordi e sogni in un’epoca di cari abbandoni della mia nuova ferita e d’ogni attimo cattivo nei tuoi giorni buoni…» «Mettiti a sedere e taci se vuoi dire.» «No! Son vivo e attonito e voglio parlare.» «Taci, e godi tu che puoi morire.» E continua lento ad andare il mare… «Resta zitto, immobile nel fiume e la gioia e l’alba non saranno tue.» «Io piuttosto brucio col mio stesso nume, se non sono tre, beh saranno due le pietà del mondo e del mio creato le tue odi immemori e le tue manie tutte nella vita che tu mi hai negato ora sono scritte, ora sono mie…» |
|