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L’Elba e il mare bianco

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I luoghi del silenzio. L'Elba e il mare bianco

Mi son sempre chiesta da dove provengano i racconti, le storie, le immagini poetiche o realistiche che vogliamo fissare sulla carta: forse da un paese lontano dove chissà, magari in un’altra vita siamo già stati, e chissà se eravamo proprio noi…, o dai sogni che ci costruiscono un’altra possibilità d’esistere Dentro quelle immagini salvate dall’oblio si avvera la vita che non abbiamo mai vissuto, gli amici che non sono più o lontani, gli affetti irrimediabilmente presenti nella loro evocazione epifanica, gli amori sognati con nostalgia. Le evocazioni, i ricordi, i sogni rendono più significante la vita, il silenzio raccontato attraverso i luoghi fascinosi costruisce intorno un porto sicuro di cui fidarsi. Alcuni luoghi svolgono nel nostro vissuto questa importante funzione, sono
luoghi sospesi, in cui aspettiamo che succeda qualcosa, qualunque cosa. Ci servono, ci consentono di sentire, di metterci in ascolto.
“Silentium” “silere” : tacere,... ma i luoghi del silenzio tendono ad essere sempre più scarsi. All’opposto, nel passato, chiunque poteva trovare rifugi per rimettere ordine nella propria anima turbata… Si impara a comunicare anche tacendo guardando e ascoltando, facendo spazio dentro di noi. Ma scrivere il silenzio è qualcosa che va oltre. È come ricercare nuovi alfabeti, nuove esperienze emotive, nuovi stupori. Tutto sommato un gran lusso.
Una vacanza fuori stagione, lontana dalle presenze massicce dei turisti estivi, un’isola visitata frettolosamente in tempi ormai lontani, di cui poco ricordo. La ricerca un po’ scontata del mio tempo perduto. Questo è il senso del mio viaggio. Scelgo di passare una settimana all’Elba. L’Elba della mia gioventù, i cui richiami storici e paesaggistici mi appassionavano. La casa reggia di Napoleone, il porto ospitale, il mare potente richiamo, le spiaggette solitarie, i resti romani, i monti dell’interno….Ci ritorno. Vuol essere una verifica della mia memoria e dei miei gusti, cambiati nel tempo. Anche una presa di distanza dal passato ingenuo ed infantile.
Mi trovo una sistemazione isolata, sulla scogliera ovest di Capoliveri: devo percorrere quattro chilometri di stradine in salita per raggiungere il paese. Ma è un eden di colori e di silenzio. Un incanto. Una preziosità.
Fiori che iniziano a sbocciare, verde intorno, mare a strisce bianche e blu, onde che giocano sgroppando felici. Un mare infinito davanti agli occhi che al tramonto, dopo aver giocato coi colori dell’arcobaleno diventa tutto bianco. Questo mare bianco che guardo nel silenzio ogni sera, come se fosse un rito di addio, non smette di affascinarmi, inquietante, prima di abbrunare insieme al cielo, dimentico di luci, vivo dei suoi brontolii, solo e autosufficiente nella notte che incombe.
L’indomani si ripresenta eterno e quotidiano come sempre: mare ventoso, assolato, inquieto davanti a me. Giochi di blu e di bianchi, folate di vento, brividi d’acqua. Bellezza che risponde silenziosamente a se stessa.
Tutto verde e inesplorato il versante nord della collina: mi avvio a piedi verso il porto di Mola, scorgo a pochi metri dall’abitato i ruderi di una chiesa diruta eppur splendida: “Pieve di San Michele”, dice il cartello nascosto, timido, vecchio, rugginoso: luogo abbandonato, indifferente ai più, certo ai soliti turisti.
Mi addentro in esplorazione nel prato incolto, tra fichi d’India, olivastri in fiore e fichi selvatici, trifogli e ortiche: un vecchio muro rabberciato, grandi lesene angolari incornicianti, un’abside perfetta, miracolosa, unica, con arcatelle a tutto sesto, lavorata a sfida del tempo. Un’emozione. Silenzio vivo intorno. Sul sentiero due ragazzi, incerti se addentrarsi o meno nella piccola selva incolta, guardano il mare, laggiù, lontano.
Mi informo. Voglio sapere la storia di questo luogo, di questa chiesa appartata.
Fu nei tempi lontani assalita e distrutta dai Turchi, che impazzavano indisturbati nel Mediterraneo, nel Medio evo fu una delle chiese con maggiori rendite dell’isola. Esistono ancora documenti storici conservati, ma poco studiati… Ha una storia importante, coinvolgente.
Un papa vi fece sosta, Gregorio XI, costretto dal fortunale; ritornava finalmente da Avignone a Roma. La tempesta lo fermò, indifferente alla storia e alle speranze dello spirito.
Conosco la storia medioevale. Storia interessante, dimenticata, emozioni afasiche per il turista superficiale distratto dai supermarket e dagli infiniti ristoranti, hotel e pizzerie che promettono serate danzanti e di divertimento.
Un richiamo al passato, a una dimensione estetica e spirituale dell’arte che, frastornati da musiche, grida, sport, turismo di massa, abbiamo perduto. Di certo c’è una voce misteriosa che mi/ci attira, quasi volessi cercare un senso non ancora trovato, un messaggio rassicurante, qualcosa che ancora mi sfugge, che non è solo il richiamo artistico culturale.
Bellezza eterna di un paesaggio verde e blu, spumeggiante, Caput Liberum antica, irride il turista distratto ed i suoi abitanti indifferenti o forse inconsapevoli di tanto passato.
L’erba alta si piega assecondando il respiro del vento. Le pietre squadrate, il famoso granito dell’isola, sono luminose nella luce radente. Il mare, sullo sfondo grigio-blu, mostra le sue onde bianche ballerine che si innalzano e corrono giocose. I due ragazzi sul sentiero,dimentichi di tutto, passato e presente, e perfino di futuro, si guardano e si baciano con gli occhi.

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