LaRecherche.it

« indietro :: torna al testo senza commentare

Scrivi un commento al testo proposto da Maria Musik
Il crollo del muro arabo - la Repubblica

- Se sei un utente registrato il tuo commento sarà subito visibile, basta che tu lo scriva dopo esserti autenticato.
- Se sei un utente non registrato riceverai una e-mail all'indirizzo che devi obbligatoriamente indicare nell'apposito campo sottostante, cliccando su un link apposito, presente all'interno della e-mail, dovrai richiedere/autorizzare la pubblicazione del commento; il quale sarà letto dalla Redazione e messo in pubblicazione solo se ritenuto pertinente, potranno passare alcuni giorni. Sarà inviato un avviso di pubblicazione all'e-mail del commentatore.
Il modo più veloce per commentare è quello di registrarsi e autenticarsi.
Gentili commentatori, è possibile impostare, dal pannello utente, al quale si accede tramite autenticazione, l'opzione di ricezione di una e-mail di avviso, all'indirizzo registrato, quando qualcuno commenta un testo anche da te commentato, tale servizio funziona solo se firmi i tuoi commenti con lo stesso nominativo con cui sei registrato: [ imposta ora ]. Questo messaggio appare se non sei autenticato, è possibile che tu abbia già impostato tale servizio: [ autenticati ]
IL CROLLO DEL MURO ARABO
di Ulrich Beck
Cos'hanno in comune la rivolta in Tunisia e quella in Egitto con il crollo del muro di Berlino? Non è accaduto soltanto qualcosa di imprevisto e imprevedibile, ma anche qualcosa di inimmaginabile.
“Follia" è la parola che allora e oggi esprimeva ed esprime il crollo delle certezze. Chi avesse predetto che due regimi autoritari del mondo arabo sarebbero caduti e che gli altri avrebbero vacillato, sarebbe stato considerato pazzo. Finora in Occidente si era ritenuto che ci si potesse attendere il mutamento politico soltanto dall'alto, il colpo di Stato di regime, o, nel caso peggiore, da parte dei movimenti degli islamisti fondamentalisti. Ammettere solo queste due ipotesi ha impedito agli esperti di politica di cogliere ciò che andava diffondendosi: il contropotere, non ideologico ed espresso dalla società civile, di una nuova generazione collegata in Rete a livello globale, che era considerata nel tutto "impolitica" . Mai giovani del Cairo sono riusciti a penetrare dal mondo virtuale nella realtà politica. Si tratta di una rivoluzione di tipo nuovo.
Sono state le contraddizioni in cui si è impigliato il regime autoritario di Mubarak con la sua politica di modernizzazione ad aprire la strada a questa rivolta inimmaginabile. Già nel 1997 Mubarak aveva esortato gli egiziani a sfruttare le nuove opportunità di Internet. Voleva fare dell'Egitto il modello di una moderna società del sapere nel mondo arabo. Dopodiché si cercò sempre di risolvere con mezzi autoritari la contraddizione tra la libertà di navigare in Internet e la censura sulla stampa.
Si tratta di un "incendio di vaste proporzioni"? La rivoluzione araba è dunque un "rischio globale" - come quelli rappresentati dall'11 settembre, dalla crisi finanziaria o anche dal mutamento ambientale? Da essa può partire una frana politica che minaccia l'intera regione arabo-israeliana o addirittura l'ordine mondiale? La rivolta araba può anche essere un "terremoto" politico, ma non è un evento naturale: nasce dal coraggio di persone che nella loro disperazione sono riuscite a vincere la paura. Nel caso della rivoluzione araba si tratta di insurrezioni contro regimi autocratici; come quelle avvenute con la rivoluzione francese, la rivoluzione americana o la caduta del muro di Berlino nel 1989. A ragione la cancelliera tedesca, Angela Merkel, cresciuta nella Ddr, di fronte alle dimostrazioni pacifiche del Cairo ha ricordato le Montagdemonstrationen, le dimostrazioni pacifiche che hanno contribuito a abbattere il regime comunista.
Si può riconoscere tutta una serie di paralleli tra il 1989 europeo e il 2011 arabo: in entrambi i casi si tratta in primo luogo di rivolte non violente, in secondo luogo di catene di eventi transnazionali, e – terzo - in entrambi i casi i regimi avevano/hanno fatto bancarotta. In quarto luogo, i cittadini della Ddr si vedevano privati delle opportunità di vita, così come la gioventù araba, che a dispetto della buona istruzione si trova chiuse le porte del mercato del lavoro. In quinto luogo, là come qui la gente vuole la stessa cosa di gran parte delle persone dell'Occidente: una vita migliore, maggiore uguaglianza sociale, posti di lavoro e libertà di opinione. In sesto luogo, tanto nel blocco orientale europeo quanto nei Paesi arabi la religione crea luoghi di rifugio sociale nei quali la resistenza si è potuta organizzare. Tuttavia, in settimo luogo, c'è questa differenza fondamentale: il crollo del Muro di Berlino era stato salutato e festeggiato in tutto il mondo. Ovunque, in tutte le teste è in tutti i governi, l'alternativa politica era presente. Si trattava soltanto del "come", non del "se", arrivare all'integrazione dei Paesi e degli Stati post-comunisti nel sistema del capitalismo democratico. Invece, per l'Egitto manca proprio questa chiara alternativa.
L'immagine del mondo arabo è cambiata Ci sono buoni motivi per ritenere che l'era del post-colonialismo, nella quale la "democrazia" araba aveva assolto alla funzione di rendere possibile il persistere dell'imperialismo occidentale, sia giunta alla fine. Si può intendere la rivolta araba anche come una paradossale protesta condotta nel nome dei valori occidentali contro il perdurante dominio dell'Occidente. Lo si può rilevare considerando il ruolo dell'esercito egiziano che ha avuto una parte decisiva nell'aprire l'Egitto al mercato occidentale, ma nello stesso tempo ha assicurato il potere autoritario di Mubarak contro le richieste di partecipazione democratica. Molti egiziani sono scesi in piazza non soltanto per conquistare la loro indipendenza dal rais. Essi manifestano anche per la loro indipendenza dagli USa e dai loro alleati.
Una differenza essenziale tra il 1989 europeo e il 2011 arabo sta però anche nel fatto che l'Europa, bloccata e fuorviata dall'islamofobia, non vuole comprendere che (finora) c'è anche una serie di innominati perdenti della rivoluzione araba, ossia in primo luogo il fondamentalismo islamico - fino ad al Qaeda – e in secondo luogo il coro dei critici fondamentalisti del fondamentalismo islamico (in Germania Necla Kelek, Thilo Sarrazin e compagni). Non si tratta affatto di una rivoluzione teologica, ma demografica. Ciò che ha fatto battere il cuore di questa protesta non è stato l'islamismo radicale, ma la disoccupazione degli attivisti di Facebook, dotati di un alto livello di istruzione e connessi in rete. Guardate l'Egitto: non è una dimostrazione vivente della possibilità di unire l'Islam e i valori occidentali? (traduzione di Carlo Sandrelli) (la Repubblica 20 febbraio 2011)

Nessun commento

Leggi l'informativa riguardo al trattamento dei dati personali
(D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196 e succ. mod.) »
Acconsento Non acconsento
Se ti autentichi il nominativo e la posta elettronica vengono inseriti in automatico.
Nominativo (obbligatorio):
Posta elettronica (obbligatoria):
Inserendo la tua posta elettronica verrà data la possibilità all'autore del testo commentato di risponderti.

Ogni commento ritenuto offensivo e, in ogni caso, lesivo della dignità dell'autore del testo commentato, a insindacabile giudizio de LaRecherche.it, sarà tolto dalla pubblicazione, senza l'obbligo di questa di darne comunicazione al commentatore. Gli autori possono richiedere che un commento venga rimosso, ma tale richiesta non implica la rimozione del commento, il quale potrà essere anche negativo ma non dovrà entrare nella sfera privata della vita dell'autore, commenti che usano parolacce in modo offensivo saranno tolti dalla pubblicazione. Il Moderatore de LaRecehrche.it controlla i commenti, ma essendo molti qualcuno può sfuggire, si richiede pertanto la collaborazione di tutti per una eventuale segnalazione (moderatore@larecherche.it).
Il tuo indirizzo Ip sarà memorizzato, in caso di utilizzo indebito di questo servizio potrà essere messo a disposizione dell'autorità giudiziaria.