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Oltre la porta

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Anche l'immagine è di Maria Pia Damiani

 

 

 

Nella piccola cameretta dalle pareti scrostate, arredata con due grosse poltrone letto, una color amaranto e l'altra color verde pisello, due bambini giocavano ignari. Paolo, il più piccolo, con una locomotiva che immaginava sulle rotaie. Con la manina l'accompagnava, zigzagando per ogni direzione, emettendo un buffo suono con la voce, alternato da un ciuff/ciuff e da un fischio ammosciato dalla saliva che gli sfuggiva dalla bocca. Francesca, la più grande, con una bambola di pezza a cui attribuiva la più bella bellezza del mondo. Entrambi erano infagottati con vecchi maglioni; faceva molto freddo e la casa sita nel centro storico era intrisa di umidità e priva di caloriferi.

 

In quegli anni, mentre la città si vestiva a festa cominciando a dotarsi di tutte le comodità necessarie per allontanarsi idealmente dagli orrori causati dall'ultima guerra, il centro storico sembrava circoscriversi sempre più in se stesso. L'imperativo categorico del fare, del costruire, del cambiare, lì pareva non attecchire, e si respirava ovunque un odore che andava a ritroso nel tempo. La gente si teneva strette le sue botteghe di carbone e ghiaccio, le drogherie con i coloniali, i commestibili con i sacchi di fagioli e la pasta nei cassetti, i calzolai dalla figura rattrappita e occhieggiante da un mare di scarpe.

 

Tutto ciò sembrava manifestare il timore per ogni novità. Il centro storico, con il suo cumulo di vicoli ed anfratti, pareva voler estrapolare uno spazio virtuale da ogni altro contesto, per ricrearsi una struttura virginale che rimanesse, pur nella sua modesta veste, incontaminata da tutto il resto.

 

I bambini, appena le condizioni del tempo lo permettevano, si riversavano a frotte fuori di casa, e i loro schiamazzi e rincorrersi si ripercuotevano ovunque, interrotti dal mugugno di qualche vecchia massaia. La meta più ambita per i giochi erano diventate le macerie: enormi montagne di palazzi distrutti dai bombardamenti, alcuni ricolmi di vegetazione, dove si drammatizzava ogni tipo d'avventura.

 

Ogni tanto Francesca si annusava il polsino della camicia di flanella che le fuoriusciva dal maglione. La vitalità, il divertimento, i colori, la musica, le macchine lunghe come transatlantici. Lì, c'era l'America!

 

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