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al testo di Gabriella Amstici
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Dal vecchio asse di legno marcito è affiorata un’esile mano che il tempo non ha mai scalfito.
Il pavimento dell’umido vano ha nascosto quel gesso ingrigito che per cinquant’anni ho calpestato.
L’orgoglio era stato forse sordo e il dolore era stato muto, ma è rimasto in me il ricordo
come il più triste che ho avuto. Con quanto amore l’hai creata quella grande angelica Madonna!
Rivivo l’emozione di me bambina quando lei era stata plasmata. Ammiravo, a mio papà vicina,
quel suo dolce bellissimo viso, che di mamma aveva le sembianze quando lei avesse sorriso.
Oh papà! Che grande fatica hai sopportato, com’erano attese le speranze per l’immenso lavoro completato!
Se ti sfiniva l’immensa stanchezza pensavi al premio da guadagnare, nella folle e illusa certezza
che con l’arte potevi lavorare. Quando la vincita ti spronava, volevi coprire quella scultura
con il bronzo fuso che mal colava, denso e bruciato per poca cura, sul fragile gesso ancora bagnato.
Per premiare il più bravo scultore, esposero le statue sul sagrato: tra tutte la tua era la migliore.
Ma l’ultima scelta per l’alta colonna fu di chi diede la benedizione a un’altra più moderna Madonna
per denaro spinto in tentazione. Fu omaggiato l’altrui successo e ben ricompensato il vincitore,
mentre la tua misera statua di gesso non poté avere destino peggiore. La rabbia del pesane martello
colpì il capo reclinato e il lungo candido mantello. Soltanto il diadema fu salvato
che povertà pennellò d’oro finto: il ferro con cui era foggiato con errato colore fu dipinto.
Tutto sarebbe stato cancellato. Oh papà! Ti è stata ostile l’arte, neppure mamma la voleva.
- Il tuo genio tienilo da parte - ricordo che lei sesso diceva - usalo e assaporalo da solo! -
Perché non hai fermato allora quella rabbia che per il rimorso è continuata per anni ancora?
Anche se il tempo è ormai trascorso, voglio dare pietosa sepoltura ai cocci di calce ingrigita.
Li porterò nella vecchia serra, dove lei è stata costruita e li coprirò con la nuda terra.
Voglio che tanti fiori ricoprano insieme ai tristi rimpianti anche questa piccola, esile mano.
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