LaRecherche.it
Scrivi un commento
al testo di Emilia Filocamo
|
||||||||
La bimba, fuori dalla placenta, gheriglio che si scopre, accaldato dalla custodia, ecco già avvizzisce. La bimba, con o senza trecce, meritava certo altra finitura. Si industriarono sui nomi, sulle cure, le movenze, il baco che non fa seta è piuttosto paradossale. Meglio allora lo scarafaggio, nero ed indurito sterco primordiale, fiorito dal pavimento come un bocciolo di catrame. La bimba, e tu la conoscevi, ti reclamava già per se: iridiscente quanto una stagnola, lucertolina castana dalla voce in technicolor e dalle mani già curiose; polipai intorno ai giochi ed ai parenti, sette scatole di mattoni e cantieri di ossa in feroce allungamento. La bimba adesso è stesa ed inodore nel suo sudario di previsione, sogno e supposizione: non le ronza intorno più di una mosca. Lei correttamente spenta, perchè non fumi, come il canale che va oscurato. La bimba: che bella invenzione! Arti e pelle appiccicati con vinavil e date, due lampare dentro gli occhi da questo mare a quella cava, lei organo e tendinite. Adesso tace nella forma che prendono i muti a cui mai fu imboccata una parola. Dimenticavo: mia madre non spara a salve. Qui, sotto i suoi no, c'è più sangue che in un'arteria. |
|