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al testo di Amina Narimi
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Tenendo le ginocchia sempre a terra domandavo quale roccia o pozza d’acqua ha un sogno e la distanza tra due luoghi se puoi anche misurarla con il canto.
Ho mosso le dita una dopo l'altra formando ai bordi del bagnato una doppia fila di puntini poi ho cancellato con il palmo della mano disegnando un cerchio con un trattino lungo infine un buco, dove siamo entrati chiudendo gli occhi per vedere le rotte delle migrazioni dei sogni, lungo la porta delle lingue, le dita degli sposi che si bagnano.
Con l’orecchio in terra avrei voluto portarti la fine della neve, tenere per te, dove il ruscello si muove ancora tutto, le vibrazioni della lucentezza, nel segreto dell’intimità ,che bagna il creato, tra le gambe, accadeva qualcosa, sotto la pelle, di imprendibile.
Non toccarlo con la bocca, con le dita, ma col dentro della pancia, dai piedi in su, e fino al cuore, fa come il salmone lasciando le uova poco a poco, cantando nel silenzio di chi viene senza muovere le labbra
è appena dicibile sul volto lo stupore, incide solchi corrispondenti ai suoni, e vibra indietro, mettendoli alla luce, verso di noi, quasi chiedendo aiuto, una vena di voce, e di ogni cosa viva.
Tutto lo spazio è cresciuto. Non potrò mai dire molto più di questo, non è visibile l’intensità dell’apparizione, alla fine degli occhi, la musica .. ...
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