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al testo di Amina Narimi
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Non è accaduto all’improvviso, Ma dal dolore al domani, Allungando le dita negli spazi, Troppo grandi di sgomento Perdevamo il nome delle cose Nel lucido dell’occhio, Tra la superficie dell’aria e il battito Sulle nostre nuche : due diverse soglie
In due diverse stanze, dallo sguardo basso, Ci siamo amati a non toccare niente, Mettendo il corpo non so dove, Pregando nell’altro di farci passare
A mente vedevo spostarsi la tua schiena, e il dito Finire nell’orto, Toccando il velo rosso degli anemoni, Impigliati tra i seni del tempo, rimasto Dopo la preghiera. Eludendo l’angelo In un varco, in anticipo sul pensiero, Cominciarono a muoversi le labbra, Le ossa del suono a scuotere la notte, Sulla porta azzurra dei pianeti
Per non scriverti, ora, dovrei lavare piatti Ma non cucino, e ho una tazza blu, soltanto, Che va e viene dal vuoto al pieno Dei bisonti dentro il petto, Con l’unità che tento di raggiungere, Tra la purezza inesprimibile e la parola Di un Aronne. è l’eros dell’attesa Di nuova bellezza, ed il tuo tempo Diviene questo spazio. Di una luce abissale
Riprendono i nomi le cose, il pane alle labbra, Se appena l’annusi, lasciando la parola Lo disperda ancora, come ogni nuovo inizio Incline al vento, che ripete sempre uguale un sogno: L'andar solo per la propria via, profonda, Passando tra le miniere per risorgere Nel grano, si flette, nel colloquio, Nel più intimo duetto al giardino dei gentili
Dopo il candore, Se un corvo becca ancora le tue mani, Alla fine si scolora, ricordando Che il contatto è il desiderio col perduto La ricerca di aderenza all'altro E molta fioritura. Serrata tra le ciglia Va la scrittura col passo di una sposa- Apparente, e insieme nuda, Prima di vederla in volto- battezzata A qualcosa che si lega, che precede Un codice smarrito, ed immutabile Cercando di continuo i simboli, per dirsi:
In questo luogo antico, fiore del vento, Restituendosi nel cerchio della sera, Di là dagli occhi, nelle movenze dell'origine, Senza riserve. dove la vita sgorga, Affondata in tutta la sua luce, Ancora una volta scalza, ed Ama, Senza farsi udire nel suono, Nel primo pianto della gioia, Un gesto di pace, Che si raccoglie in tenerezza.
Figli di noi stessi, ci sia sempre speranza La visione di ciò, a un anno dal Noi, Le parole che vennero, Dopo un secondo linguaggio Riprendo ora la lentezza della danza Nella mia tazza blu_ oltremare Quieta del tuo narimi, nel mio cuore
A perdita d'occhio. Nel peso taciuto C'è un nuovo lascito di luce, E di fiato, Coi suoni più piccoli dei serafini. Continueranno a posarsi sui rami, Spargendo il polline che noi respiriamo, Orientandoci alla testa dell'albero Di un uomo-cristo-poeta |
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