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Lettera al Signor Chiunque

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E' bello pensare di poter contare su qualcuno, quando anche il tuo te stesso, vive il riposo del Guerriero, sfiancato e stremato.
Ed io ho pensato a te!
A te che usi il dolore delle mie difficoltà e che non hai compreso, neanche in superficie, il significato della Sincerità.
Sei come un tronco con la sua corteccia, spaccata dal tuo crescere alle mie spalle, dimostri, con ostentata magnificenza, l'opulenta chioma del bene che dispensi e quanto riparo offra, la tua ombra.
Non perdi l'occasione, per dilaniarmi col tuo pietismo, con cui, masochisticamente, dilani anche te, per giustificare le tue difficoltà, col sorriso tagliente, di chi sa, di nutrirsi alla fonte dell'Egoismo e dell'Inganno.
Sinceri complimenti per l'efficace travestimento che ti trasfigura, quando agiti il turibolo da cui, caliginose, fuoriescono le tue affermazioni.
Tu pensi me, tuo suddito, per quel filo di parole obbligate, che tu chiami amicizia.
Disconosci l'ineluttabile mutamento delle cose, dei fatti, delle situazioni, delle circostanze e dei fattori causali.
Sei abbarbicato e malcelato sulle tue posizioni ed opposizioni, nella stessa proporzione in cui, metti i bastoni tra le ruote, al tuo meccanismo evolutivo.
Ed io con te mi fingo, perché Finzione ti è più congeniale; è la tua immagine riflessa, che osservi e che finisce, con l'ingannare anche te.
E tu credi, alle cose che dici ed a cui dai sostegno, con l'arroganza, nascosta e vigliacca, di cui hai continua impellenza.
Son stanco di comprare il tuo vuoto per pieno, mi ribello alla tua tracotante maniera, di schiacciare le mie possibilità, di non dipendere da te.
Forse è l'unico modo che hai, il più vile, per assicurarti una pletora di meschini, di sottomessi alla tua elargizione del poter sopravvivere.
I tuoi discorsi sulla filantropia, non lasciano spazio, tra le parole, neanche alla punteggiatura, giacché inutile per rimarcare la falsa autorevolezza di cui ti bei.
Sul nostro conoscerci, ho passato il pettine dei miei occhi, incagliandolo in quei nodi sordidi, fino al punto in cui ho raggiunto la tua pidocchieria.
Ti ho avvertito degli scogli, di rotte sbagliate, d'assenza di vento, ma tu, inutile anche come timoniere, d'infrangere la tua chiglia hai bisogno, trascinandomi con te fra i flutti della tua ostinazione.
Mi regali gli oneri di scelte difficili e prelevi dal mio conto gli utili dei miei meriti, spacciandoli per tuoi.
Sei fontana che aspira, non sgorga, sei spugna sul fondo del mare, che lentamente ed ascosamente, prosciughi e mandi in secca e di ciò che ne rimane, ormai senza l'acqua, ne fai incetta!
Non ti spedirò questa lettera; la rileggerò al tua incoscienza tutte le volte, che non ti dirò cosa penso davvero di te, dello squallore che ti pervade e con cui contamini l'esistenza di mendicanti d'aiuto.
Non ti concederò il lusso di prendere contatto con la tua vera inconsistenza e di donarti l'ennesimo, gratuito, insegnamento.
Non ti permetterò più di vendere il tuo finto sacerdozio, quella tua naturale inclinazione a saper di nulla, liberandomi del tuo insopportabile, non sapore.
Ed ora che non hai letto tutto questo, mai saprai del mio averti capito e del mio dolore per tutto ciò, che non stai facendo per me!

Con infinita compassione
Il Mai tuo amico

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