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Tre racconti di centodieci parole

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Filosofia della Politica

 

E’ sempre utile andare agli esami con una certa tensione emotiva anche legata all’ansia di non aver studiato tutto bene: andarci troppo sicuri si rivolge contro.

Quella volta, sapendo bene la risposta da dare al professore, cercai di fare un ragionamento che partisse da altre considerazioni, perché mi ero annoiato di fare sempre lo stesso tipo di percorso logico, come se mi trovassi a recitare un pezzo noioso per l’ennesima volta.

Nella confusione mi persi – con Hegel non si scherza – prendendo solo ventiquattro senza avere il coraggio di rifiutarlo, come autopunizione e monito.

 “Così imparo a far le cose più semplici e a non complicarmi inutilmente la vita”- Mi dissi. 

 

 

 

Gilera 125

 

Sapeva solo dirti di pulire le cromature e ingrassare la catena della bicicletta per mantenerla bene, ma non era in grado neanche di cambiare una candeletta di un motorino; però si comprò la moto, che a me bambino sembrava enorme.

Prese il patentino dopo la pensione e metteva la prima marcia con le mani, perché non aveva sensibilità col pedale del cambio.

“La prima su, poi le altre giù.”

Quando arrivava nella piazzetta del paese, col suo casco arancione e la visiera staccabile, sembrava Agostini. Il suo essere attore completava la messa in scena.

Una volta cadde, da fermo, mentre cercava la marcia, ma quel giorno non lo vide nessuno.

 

 

 

Occhi nel buio

 

Facevamo informazione, con Marcello, sui rischi connessi alla presenza d’infrastrutture industriali pericolose nella zona nord della città. Tra tante case visitate anche qualche attività lavorativa.

Alla porta di un’officina nascosta tra rottami di ferro, ci aprì un omino minuto, con gli occhi di un celeste chiarissimo, le uniche cose che risaltavano nell’ambiente buio, saturo come lui di grasso e odori chimici.

Ci raccontò di come, in passato, si lavorasse con coscienza e ognuno avesse grande attenzione nel farlo: “Non come i giovani sbadati di oggi, che non si rendono conto dei pericoli che corrono!”

Ne era convinto.

Lo salutammo, lui si voltò e i suoi faretti celesti scomparvero nel buio. 

 Paolo Mogliazza - 16/10/2015 20:02:00 [ leggi altri commenti di Paolo Mogliazza » ]

bravo.
bello anche come esercizio di stile e di tensione verso la sintesi.
"ruberò" prontamente l’idea e la sfrutterò per imparare a essere bre...

 Giacomo Colosio - 10/09/2015 15:38:00 [ leggi altri commenti di Giacomo Colosio » ]

Avevo capito che era tuo nonno perché ricordavo le sue esibizioni in teatro... tuo fratello quindi ha preso da lui, giusto?... l’idea dei racconti in cinque righe me la diede Capitanucci...all’inizio fu una sofferenza, poi ci fai l’abitudine, la cadenza. ma conservare il pathos è difficle, davvero...crdo che su 300 racconti solo un centinaio lo abbiano trasmesso. ciaociao.

 Glauco Ballantini - 10/09/2015 15:27:00 [ leggi altri commenti di Glauco Ballantini » ]

@ Giacomo: Eh, si era lui. L’episodio si prestava ad essere riassunto in 110 parole. E’ davvero un bell’esercizio di concisione dire l’essenziale mantenendo un certo pathos... ciao

 Giacomo Colosio - 10/09/2015 12:39:00 [ leggi altri commenti di Giacomo Colosio » ]

Bellissimi...l’ultimo lascia anche un bagliore di vita, nel lettore. Quello della Gilera 125 era tuo nonno? ciaociao

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