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Il Fratello di Marcel Proust

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Ad una prima lettura ‘A la recherche du temps perdu’ (di seguito Recherche), potrebbe apparire come una autobiografia, infatti il narratore parla sempre in prima persona e in due occasioni si “lascia sfuggire” un nome: Marcel, ma quasi a voler giocare a rimpiattino fra se e il narratore, si affretta ad aggiungere un “poniamo che il narratore abbia lo stesso nome dell’autore”. Quindi Proust nega l’aspetto autobiografico dell’opera, ma se diamo una veloce occhiata ad una qualunque sua biografia notiamo che molti fatti, luoghi o persone della narrazione ricalcano abbastanza fedelmente la vita dell’autore. Questo è vero sia per l’opera giovanile ed incompiuta Jean Santeuil, sia nella maturità della Recherche, potremmo quindi affermare – sottovoce, beninteso – che queste opere siano “quasi-biografie”. Lasciando per ora perdere i luoghi e il succedersi degli eventi storici che fanno da sfondo e cornice alla Recherche vorrei dare una occhiata a come le persone reali entrano a far parte della narrazione. Il metodo più utilizzato da Proust è quello di prendere alcuni tratti caratteristici o singolari di alcune persone, in genere due, e dotare di questi un personaggio della Recherche, per esempio sotto l’aspetto altero ed elegante della duchessa di Guermates si intravedono i tratti di alcune nobildonne frequentate da Proust nella sua vita reale, tant’è che appena venne pubblicato ‘Dalla parte di Swann’ ci fu un grande mormorio di persone che si riconoscevano nei vari personaggi, descritti in modo più o meno lusinghiero. A questa regola non sfuggirono nemmeno i familiari di Proust, con alcune varianti: il padre Adrien è rimasto tale e quale era nella vita, con la sua professione reale e le sue piccole manie, come, per esempio, la meteorologia. La madre, presenza molto significativa nella vita di Marcel, anziché accogliere in se i tratti di più persone o essere descritta in modo molto prossimo alla realtà, come dicevo per il babbo, addirittura – forse per questo ruolo “ingombrante” – si sdoppia e presta la propria personalità sia alla madre del narratore che alla adorata Nonna. Infatti la descrizione della morte della Nonna è quella precisa della madre; le letture, i modi di fare, e, soprattutto, i sensi di colpa che Proust aveva nei confronti della madre vengono riversati sul personaggio della Nonna. Invece la madre del narratore ha il grande affetto misto ad apprensione per la vita del figlio che erano tipici della signora Jeanne, (noto di sfuggita anche la sospetta similitudine che Proust fa con il nome della madre e quello del narratore della sua opera considerata l’embrione della Recherche: “Jean” Santeuil e Jeanne) e soprattutto è la madre a negare dapprima il bacio della buonanotte a Illier nel famoso episodio che apre Combray.
Sembrerebbe che la Nonna abbia preso i tratti più dolcemente buoni, di amore incondizionato che furono della madre, mentre alla madre del narratore siano stati dati i lati, reali, della signora Proust, quando il famoso conflitto di amore-odio proustiano si faceva sentire con maggior veemenza. Infatti dopo la morte della Nonna anche il personaggio della madre del narratore via via sfuma sullo sfondo, sino ad assentarsi a lungo durante i fatti della Prigioniera.
Quindi il doppio sembra essere una costante dei personaggi proustiani in quel gioco degli specchi che sembra apparire la recherche: i caratteri di due (o più) persone formano il carattere di un personaggio, la madre si sdoppia, e comunque ogni fatto, importante, o semplice vezzo, presente nella narrazione ha un doppio nella realtà. Inoltre, praticamente tutta la cerchia domestica della famiglia Proust, domestici compresi (capeggiati dall’inossidabile Françoise) appare nella narrazione; ma ci sono due casi in cui questa regola apparentemente viene meno: un caso è, come ho detto, il Padre, ma comunque il padre della recherche ha il suo doppio nella vita reale. L’unico tassello mancante di questa famiglia trasformata in personaggi da romanzo è il fratello di Marcel: Robert. mi sono a lungo interrogato su questa clamorosa assenza dal momento che ci sono tutti. Un’ipotesi potrebbe essere la gelosia del fratello arrivato dopo a prendersi un pezzo dell’affetto della madre che era così spasmodicamente essenziale per Marcel; o gelosia nel voler difendere, proteggere, dagli sguardi di tutti questo piccolo Proust.
Ma volendo riconsiderare il fatto che comunque tutti hanno, in modo più o meno significativo, contribuito a tratteggiare i vari personaggi facendo si che ogni piccolo dettaglio apparentemente inventato sia reale, preso da situazioni reali ed esistenti; in poche parole Proust per creare la sua opera – e mi riferisco soprattutto alla Recherche – ha usato materiale vero, non ha inventato, ha elaborato, per ammissione dell’autore medesimo. Quando descrive se stesso come intento a costruire una cattedrale ci dice che prende materiale esistente e lo plasma per costruire la sua opera cosi come fanno gli scultori.
In vari punti, Proust descrive il narratore come incapace di scrivere, mentre sfogliando la sua biografia si sa che già al liceo scriveva per piccole riviste, e ha sempre scritto articoli, poesie, saggi, oltre ad aver tradotto annotato e pubblicato due libri di Ruskin prima di dedicarsi interamente alla stesura della Recherche. L’autore descrive il protagonista come incapace di apprezzare le opere d’arte, come quando va a vedere la Berma e resta profondamente deluso, cosa che si stenta molto a credere raffrontando biografia e romanzo. Indubbiamente questa mancanza di qualità del narratore è funzionale all’opera, per portare al disvelamento del Tempo Ritrovato.
A questo punto se è vero che tutti i personaggi hanno tratti reali, alcuni di quelli del narratore paiono invece inventati, cosa che mi pare poco plausibile, o forse potrebbero essere (un po’ malignamente, devo aggiungere) presi dal fratello Robert; forse è proprio una parte della personalità di quest’ultimo a plasmare quella del narratore da giovane. Forse era lui a non aver avuto alcun talento artistico: il protagonista del libro, quando non sa cosa scrivere e si sente intimorito dal foglio bianco, non fa altro che descrivere un aspetto del fratello, che sappiamo poco incline alla scrittura e al mondo della fantasia (il fatto che divenne medico potrebbe avvalorare questa riluttanza all’arte e alla fantasia per qualcosa di più tangibile). Quindi Proust quando diventa il narratore ha tutta la sua personalità e dentro di se anche qualcosa di quel fratello che sembra scomparire dagli scritti; così come in più occasioni nella Recherche vengono menzionati casi di fratelli siamesi, così ritengo che Proust sentisse il fratello parte di se tanto da non disgiungerlo dal Narratore.

Quello che mi sembra probabile, rifiutandomi di credere che Proust abbia semplicemente omesso la presenza del fratello, è che per tutti gli anni della giovinezza il narratore assume in se i tratti peculiari di Marcel con l’aggiunta di quelli del fratello, la crescita e soprattutto lo sviluppo artistico e mondano hanno poi segnato il bivio tra i fratelli equindi nel procedere del racconto nel narratore non vi è più traccia di Robert.
Sempre continuando a seguire la traccia di queste due anomalie di casa Proust, il fratello non scompare anche se si stacca dal fratello, ma rimane nella narrazione migrando nella figura del padre di cui aveva seguito le orme professionali, rendendo il dottor Proust più longevo nella Recherche che nella vita reale, Adrien Proust era infatti morto prima della moglie. Si potrebbe pensare che Proust abbia usato la figura del fratello per descrivere la linea di condotta della famiglia paterna, poca considerazione per l’arte e molta di più per una professione certa per l’avvenire, è questo infatti il rimprovero più frequente del padre al narratore quando egli invece dice di voler diventare scrittore. Un pezzo di anima del narratore esce e migra dentro il padre sottolineando così che una metà del fratello siamese ha seguito le orme e soprattutto i consigli paterni ma così facendo è diventato talmente simile al padre, quasi invisibile, da non riuscire più a distinguere le due figure. I due fratelli sono uniti all’inizio della narrazione, Robert è il lato meno artistico della personalità del narratore e volendo seguire le orme del padre anziché continuare a condividere la vita del fratello, ne viene esiliato e sovrapposto al padre, quasi come una nota di rimprovero per non aver voluto diventare unico come era Marcel ma aver voluto uniformarsi alle idee della famiglia. Probabilmente è per questo che Robert si aggira come un’ombra nella Recherche: Proust gli fa notare che ha sprecato la possibilità di scegliere la via giusta, vivere una vita unica, come la sua, (sotto l’egida della madre) ma, uniformandosi ai desideri dell’altro lato – come due sono le strade delle famose passeggiate - della famiglia, il Padre, è diventato semplicemente invisibile, presente, spesso nella Recherche, ma impalpabile.

 cricri - 02/01/2008 [ leggi altri commenti di cricri » ]

caro giulianino, finalmente leggo nero su bianco quello di cui finora abbiamo parlato. E’ davvero lucido il tuo intercettare le linee che fondano l’architettura di questa grande storia. Hai colto uno dei nodi forse più importanti del divenire di questa coscienza "raccontata".

 Basilio - 29/12/2007 [ leggi altri commenti di Basilio » ]

Geniale intuizione, ma non era sempre sotto gli occhi di tutti questa possibile interpretazione dell’assenza di Robert da La recherche?

 Roberto Maggiani - 29/12/2007 [ leggi altri commenti di Roberto Maggiani » ]

Mi piace tantissimo la tua interpretazione dell’assenza di Robert da La recherche, è un’analisi di acuta intelligenza e che rivela una grande capacità di lettura critica del testo. Grazie.

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