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Per caso sei il mio terapeuta, da circa 10 giorni. Fu quasi per gioco che una comune amica mi suggerì di "fare una chiacchierata" con te. Quasi solo per curiosità telefonai, ti chiesi di fissarmi un appuntamento.

Poi, è stato subito dramma, per lo sforzo di adattarmi a una situazione che mi vede dipendere da te come un mendicante dal ricco generoso. Per la seconda notte consecutiva, dopo l'ultima seduta (la seconda, soltanto!), non riesco a dormire. Ho mal di testa da ieri mattina. Tutto il mio apparato digerente è un unico spasmo doloroso. Una ininterrotta, estenuante affabulazione rivolta a te scandisce minuti e ore. Ho paura di non riuscire più ad eliminare la tua presenza catalizzante dalla mia coscienza... a meno che tu non lo voglia.  (Ho paura che tu possa volerlo. E' già dipendenza ?)

Fantasmi accorrono, evocati da una residua capacità di autodifesa. Ma sullo sfondo di uno scenario mobile, in cui personaggi e ruoli si ribaltano di continuo e si scambiano, avverto la tua presenza come voce fuoricampo  che dirige la pièce .

E la piccola bianca Ofelia percorre una lunga via d'acqua, confusa fra gigli, e per fiordi e canali discende verso il Mediterraneo - dove avrebbe dovuto vivere, bella e solare, per un amore meno tenebroso di quello del suo Principe. Io, dovrei essere al suo posto, affogante nella putredine di feti asfissiati ed espulsi prima che fossero del tutto. Poiché, preziosa Ofelia, se un corpo mi fu dato a misura latina - con ampi fianchi per nutrire prole numerosa - fu un gelido Odino a soffiarvi un alito di vita ch'era già come morte: fredda. Ahimé, sorella, non potersi scambiare i posti al momento giusto! Tu vivresti la tua primavera, odorosa di zàgara, tra omaggi e amorose profferte. E il tuo Principe porterebbe ancora a spasso la sua follia, mentre Elsinore tutta aspirerebbe vapori pestilenziali per il marcire di tutti i figli non nati dal mio grembo di marmo.

Così trascorre il resto della notte: tra Ofelia che mi conduce per mano verso una precaria salvezza e la tua presenza non del tutto cancellata dalla coscienza, appena annebbiata dalla stanchezza.

 

(Al mattino, col Corriere della Sera, arriva l'ultimo scritto di Afeltra, che evoca Marotta. Di tutto l'articolo, solo poche frasi hanno per me un senso nitido e forte, come questo:  "Due erano le sue vere fatiche, scrivere e vivere". C'era poi, secondo l’articolista, la  sua mania di persecuzione, che ne avrebbe fatto un celebre caso clinico per Freud: "Volete finirla di snobbarmi perché non ho una laurea come voi?".)

 

Teresa Nastri

(Settembre 1984)

 

 (P.S.  29-11-2011- Solo in seguito mi resi conto  che “I figli non nati” erano i libri che non avevo scritto. Un tentativo di scrittura teatrale, del 1964 o 1965, doveva infatti chiamarsi così. Sarebbe stato il dramma di uno scrittore ormai famoso, che s’interrogava sull’origine del suo successo: il tradimento del suo vero mondo interiore per seguire tendenze moderne avvertite come più facile  percorso per il successo. Un senso profondo di sconfitta lo avrebbe, in seguito, portato al suicidio… E non è nato neanche lui.)

 

 

Teresa Nastri -

 

 Antonello Farris - 09/01/2016 12:03:00 [ leggi altri commenti di Antonello Farris » ]

Non capisco il nesso tra il racconto (inventato?) e il riferimento all’articolo di Afeltra sul Corriere della Sera.
La prosa del racconto mi sembra vecchiotta (troppi vocaboli oggi in disuso). Dovresti "rinfrescarlo".

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