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al testo proposto da Manuel Paolino
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«Quindi la morte gli fece visita... » Racconto folcloristico
I
La morte mi visita un giorno. È bella la morte: ha seni robusti, fina corporatura e occhi pieni di un azzurro di cristallo in lontananza.
Arrivando già so che è la mia morte. Con movimenti languidi e osceni mi fa impazzire e sorseggiando i suoi veleni sento, a momenti, che la mia anima si raffredda.
Legge i miei libri, si adatta alle mie abitudini, ripete le mie idee ed i suoi gesti pone nei miei gioiosi dolori.
Quando se ne va, mi lascia ben scritto il suo indirizzo e dice: «Uno di questi giorni voglio che mi restituisca la visita».
II
Avverto, allora, che non c’è via d’uscita, dopo che il suo sguardo chiaro m’importuna e so che prenderò, verso il sole o verso la luna, il cammino che porta alla sua tana.
E anche se incomincio ad ingannarla con la vita, a darmi delle scadenze, a pensare ad un pomeriggio felice in braccio alla fortuna, so bene che la morte non mi dimentica,
che devo bussare, infine, alla sua porta con la valigia fatta e il cappello nella mano marcia e lacerata.
Saluto tutti i miei amici dopo tanta astuzia e nel suo buco umido mi calo, senza testimoni.
(Traduzione di Manuel Paolino)
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