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Franco Mussida - Su Manifesto Empatico (Scuola Empatica)

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Per una nuova figura d’artista

 

Pare sempre più raro, trovare nel contesto artistico, persone che sentono l’Arte come missione per raccontarne l’essenza. Un’essenza che va oltre le forme che la contengono; che siano parole, dipinti, oggetti o suoni. Persone che cercano il nocciolo della questione artistica. Come molti, considero l’Arte una scienza umanistica, una via indagatrice e di conoscenza al pari di Scienza e Religione. Ma così come sta accadendo per la Musica, materia che abbiamo codificato noi, ma ci siamo scordati come mai, la stessa perdita di memoria sembra investire tutte le arti, esaltandone solo gli aspetti espressivi, e performativi, stimolati come sono da sempre nuove tecnologie. Ritengo che l’elemento centrale dell’Arte intesa come ricerca dell’essenziale, e la Bellezza, come tutto ciò che costituisce l’esistenza ne è parte integrante, debba essere la persona, l’artista che la rende apprezzabile a tutti. L’artista, che per sue speciali capacità di visione e di pensiero porta a renderci più finemente conto di cosa sia davvero: l’essenziale. Credo che il vero artista sia un “disvelatore”. Una persona che opera essenzialmente con gratuità e spirito di servizio. Una persona che racchiude in sé stesso un’ingenuità adulta capace di fare scandalo. Un essere riempito, se non illuminato interiormente, non solo dal lucido intelletto, da un pensiero maturo e di sintesi, ma di ciò che di più puro rimane del nostro sentire infantile. Di quella fine capacità di percepire il mondo, che vive nel profondo, preservata dall’erosione della continua abnorme crescita di energie intellettuali che osservando solo se stesse, oscurano il sentire visionario, trasformando persone anche di grande talento espressivo, in perfetti “Uomini di Mondo”. Accanto a questi ce ne sono altri che provano invece a meritarsi il dono di un pensiero artistico, la folgorazione di un’idea che sappia prima di tutto trasformare chi la coglie, e solo in seguito qualcosa di cui si sente l’irrefrenabile voglia di realizzare in forma di opera. Persone del presente che guardano la dove per altri c’è il nulla, ovvero oltre la superficie dell’apparenza. Al pensiero eticamente pulito e di speranza di Menotti Lerro, per un futuro dell’arte, un futuro ancora tutto da scoprire, introdotto da un pensiero che invita ad una osservazione meravigliata delle potenzialità offerte “dall’arcobaleno delle arti”. A quello di Antonello Pelliccia che ricorda come si debba dare spazio alla loro interdisciplinarità, alla necessità di dare attenzione anche a soggetti vicini al mondo artistico (ma che di questo ne abbiano davvero la reale percezione) aggiungerei alcuni pensieri figli della mia esperienza con la “materia invisibile” della Musica. Credo che in ambito artistico sia sempre più rilevante il bisogno di costruire insieme una nuova filiera di soggetti che si impegnino a ridiscuterne il ruolo. Un ruolo che a mio avviso andrebbe aperto a nuove capacità di pensiero; per poter raccontare visioni che portino anche, ma non esclusivamente per il tramite della materia, oltre i sensi fisici, specie quelli legati alla luce e agli occhi. Sensi questi, che mai come in questo periodo storico, fungono da elemento coprente più che illuminante. Che sono spesso d’ostacolo all’urgenza di comunicare vera “Meraviglia”, quella che sa svelare direzioni che ci avvicinano ai misteri che ci circondano; quelli che vanno intuiti e osservati con un sentire devoto, non solo con la freddezza della logica. Un approccio che non ha nulla a che vedere con lo “spettacolo delle forme”, della pervicace ricerca intellettuale del “mai visto”, del “mai fatto”, del “mai realizzato”, del “mai pensato prima”. In questo caffè storico, scelto come punto d’appoggio e di ripartenza culturale, sono riuniti alcuni nuovi visionari. Ciascuno con un mezzo capace di spedirci sperabilmente oltre l’orbita di certe banalità troppo spesso rivestite di ambizioni artistiche. Quel vuoto della superficialità, dell’ovvietà senza profondità né poesia, che sta al presente, come i “Chiari di Luna” stavano al manifesto futurista di Marinetti. Credo fermamente che ci sia bisogno di una poesia sentita ludicamente, di un Arte sentita lucidamente. Che sia Musica, pittura, scultura o nuovi mezzi e linguaggi che verranno, è certo che abbiamo bisogno di “sentire lucidamente”. Ritengo che l’artista di oggi e di domani debba identificarsi in colui che dà senso e spazio alla visione multidimensionale della persona. Una visione che non può più riguardare solo il nostro campo visivo o uditivo fisico, ma abbraccia con una diversa coscienza l’intero essere, l’intero universo, come una sola cosa. Un artista cosciente della sua natura intellettuale, della sua natura senziente e volitiva, della sua capacità di pensare e di sentire pienamente. Un Artista-persona capace di fidarsi di entrambe le sue facoltà nello stesso modo. Il sentire consapevole è determinante per rendere pienamente valoriale il processo artistico. Del resto il sognare lucidamente è un lascito di tanti artisti profeti, ben espresso in tanti iniziati di tutte le arti, come i tanti visionari della sinestesia che hanno operato anche nel secolo scorso. Vorrei concludere dicendo che in questo quadro la Musica, in quanto “Amore Vibrante organizzato”, ha un ruolo sociale determinante in quanto risvegliatrice della coscienza del sentire. Un ruolo in grado di promuovere nella gente una vera “ecologia dei sentimenti”. Una nuova ecologia capace di rendere migliore la persona e le società, come del resto auspicato in questo manifesto.

 

Cernusco Sul Naviglio, 24 febbraio 2019

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