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Caro Simurgh

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Una foresta appena nata che si alza,

e tanta luce che si china, in ogni sguardo,

tra i miei morti, e tra gli amici.

 Quanto pesa ciò che è lieve... Caro Simurgh

 

vivo in questo canto, che rimane.

Più del vento quando gonfia tra i vestiti,

è così che mi circondano i tuoi versi,

le parole inumidite da un chiarore

 

vanno aprendo cavità dove il tuo volto

irrompe come un Dio, un Dio che nasce

per bere sul diaframma delle pagine.

E pregano pazienza le mie dita,

 

levando appena il capo,  rilasciato

in un segreto linguaggio circolare-

                                                         come il crescere dei fiori tra le felci,

                                                         col respiro su un’immagine di luce

 

                                                         è il solo paradiso che ricorda:

                                                         nel profumo ricurvo di bellezza

 

li ho visti nudi addormentare gli alberi,

in cima ai ripostigli della neve,

 

 

 

 

dove si nascondono le uccelle.

Col suono delle foglie

con smisurato amore                         

                                                               ti segue una poesia,

 

ti segue, se cammini,

fino a rendere il respiro,

serve l’invisibile.

nella discesa del suo canto.

 

 Franco Bonvini - 27/10/2015 09:22:00 [ leggi altri commenti di Franco Bonvini » ]

Forse è lei..
Caro Simurgh.
E’ Amina che si ascolta l’ anima cantare allo specchio.
Un’ anima dove crescono foreste e le felci fioriscono, e c’è tanta luce.

 Ferdinando Battaglia - 27/10/2015 08:21:00 [ leggi altri commenti di Ferdinando Battaglia » ]

Noi non sappiamo a chi si rivolge qui la Poeta, ma certo se muovono a commozione i versi nell’epigrafe, se solo ci si potesse immaginare almeno tra i suoi morti se non nell’insperato insieme dei suoi amici, certo provoca un tremore incontenibile, l’identificarsi con quel poeta di cui Ella, con dita che invocano pazienza, ne sfoglia devota i versi, identificandolo con quel simbolo in volo dal mito alla Visione, che l’appellativo "caro" ne afferra le ali per donarlo a noi.
Ora, che sia Rilke oppure un altro poeta più vicino a noi, che senz’altro le è grato per questo sublime dono, non possiamo non rimanere in ascolto estatico di questa capacità di Amina di cantare il puro della carne in ogni incanto dell’Amore perenne in mistica trasfigurazione.

Si può non amarla un’Autrice di sì tale ed intensa bellezza?

SempreMiaInsuperabilePoetessa; ti sia in dono offerta ancora e sempre la custodia della tua bellezza interiore e la luminosità delle stelle che rischiarano ogni buio di ogni notte.

 Amina Narimi - 26/10/2015 20:04:00 [ leggi altri commenti di Amina Narimi » ]

Ritorno qui, a casa, come dopo una grancorsa al boscovecchio,
e trovo vita, il vostro odore che ha imbevuto le pareti,
impastando, all’innalzarsi dello sguardo, le vostre voci al mio respiro...
sono solo capace di saltarvi in braccio dalle caviglie alla fronte
per dire grazie...grazie a Voi generosiPoetigenerosi

 Antonio Ciavolino - 26/10/2015 12:36:00 [ leggi altri commenti di Antonio Ciavolino » ]

Splendida opera e riuscita, suggestiva recitazione, così come tuo solito e così come ci hai abituati ad ascoltarti. Già è stato scritto e bene per altro, intorno al senso dei simboli e delle figure evocate. Ho letto, senza ascoltarla, la poesia altrove e la forma continua della formattazione, evidentemente, mi ha catturato in un flusso formale molto attraente, affascinante nella sua armonia.
In codesta forma, che è la prima volta che leggo, mi pare di trovare delle pause eccessive nei bei salti tra gli spazi, tuttavia. Per qualche verso, la mia lettura è stata rimbalzata tra le strofe sfalsate e ho avuto impressione di smarrire quel continuuum estremamente musicale e affabulante che mi aveva stregato nella versione <soft> :)
In realtà, suppongo che il pregio maggiore dell’opera sia la sua recitazione, suadente e magistrale, della quale non mi sottraggo al riascolto. Complimenti Amina <tretre

 Eugenio Nastasi - 24/10/2015 19:37:00 [ leggi altri commenti di Eugenio Nastasi » ]

La delicatezza degli accenti, il piede che entra nel mito di Simurgh per riportarne in vita l’atmosfera, certe scene tra il ricordo e l’attesa, la continuita’ quasi perfetta de le immagini, danno a questa composizione il tutto tondo che si confonde tra senso e mistero delle liriche migliori. Complimenti, Amina

 Franca Alaimo - 23/10/2015 16:43:00 [ leggi altri commenti di Franca Alaimo » ]

L’uccello mitologico che dall’albero in cui vive lascia cadere, cantando, semi ed ha accanto l’altro albero dell’immortalità ricorda che il seme deve morire per fruttificare, come si legge nei nostri testi sacri.
I frutti dei semi lasciati cadere dalla memoria degli affetti perduti sono per Amina i suoi versi. Infatti, i morti sono sempre presenti nella poesia di Amina, in modo particolare la madre, eterno nido d’amore (non vano è il riferimento alle "uccelle" nascoste nel bosco), e da essi germoglia la poesia.
Il canto immortale (del Simurgh come della poesia) è, dunque, il protagonista di questo testo di Amina, che conferma la sua attitudine ad una liricità mistica.

 Paolo Ottaviani - 23/10/2015 12:30:00 [ leggi altri commenti di Paolo Ottaviani » ]

Grazie, Amina. Sì, è’ davvero necessario immaginare "l’’invisibile": per inseguire il volo dell’’archetipica favola di Simurg e delle sue selvatiche, benefiche sementi nel perenne, felice abbraccio del cielo alla terra e della terra al cielo.

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